XIX del tempo ordinario A

13 agosto 2017

Dopo aver moltiplicato pani e pesci, Gesù si ritira sulla montagna tutto solo a pregare. Sapeva bene infatti di aver riscontrato un grande successo di fronte a quei cinquemila uomini senza contare donne e bambini. Sapeva bene di rischiare di cadere nella tentazione della ricerca di una gloria terrena, che viene dagli uomini. E invece di fermarsi in mezzo a loro se ne va, si ritira, ritorna al Padre attraverso la preghiera. Questo atteggiamento ha molto da dire a noi uomini che ricerchiamo la gratificazione e il successo per quanto facciamo. Ci piace, non possiamo nasconderlo, essere osannati, riconosciuti importanti e il successo non ci fa schifo. Gesù invece ci mostra il giusto atteggiamento: tornare a Dio per riconoscere che tutto quello che facciamo non deve portarci alla ricerca della gloria personale, ma a rendere gloria a Lui che si serve di noi per portare a Lui coloro che beneficiano delle nostre buone azioni. E così costringe i suoi – dice il vangelo – a passare all’altra riva. Glielo impone, sicuramente perché avrebbero voluto ancora restare in mezzo a quella folla per ricevere applausi, consensi, congratulazioni. Costringe i suoi a venir via per non cedere alla tentazione e a passare all’altra riva cambiando completamente scenario. Ma cosa avviene? Nel mezzo della traversata ecco scoppiare la tempesta. La barca è in balìa delle onde e il vento è contrario. Quella barca non è altro che figura della nostra vita che spesso si trova nel bel mezzo di una tempesta: prove da superare, sofferenze che ci assalgono improvvisamente, angosce che ci prendono il cuore. Ma quella burrasca diventa anche figura delle tentazioni che ci piombano addosso e non abbiamo il tempo nemmeno di accorgercene. Ciò che conta è non mollare la presa, non mollare il controllo della barca della nostra vita, non mollare i remi e continuare a remare per raggiungere quella riva alla quale il Signore ci ha detto di attraccare. Ma come fare? In preda alle tentazioni, alla paura, alle sofferenze e alle angosce facciamo seriamente fatica, vorremmo mollare tutto col rischio di naufragare. Ma proprio quando sembra andare a finire così la nostra vita, ecco che Gesù viene incontro a noi come è andato incontro a loro. Cammina sulle acque per dirci che lui ha il potere di placarle, cammina contro il vento burrascoso perché ci fa capire che egli ha il potere di vincere ogni tempesta. Cammina sulle acque e ci viene incontro per rasserenarci e tranquillizzarci. «Coraggio, sono io! Non abbiate paura», dice loro e dice a noi. Quando il Signore è con noi, nulla deve impaurirci, niente deve angosciarci. È vero, sarebbe bello se fosse tutto così semplice. Anche noi, come Pietro, iniziamo a dubitare che il Signore sia dalla nostra parte, soprattutto quando ci capita qualcosa di pesante da sopportare o quando le vicende del mondo ci sconvolgono. «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te», risponde Pietro. In preda a quella tempesta anche il grande pescatore inizia a dubitare. Quel «se sei tu» ci mostra tutta l’incredulità di Pietro e i suoi dubbi. È come noi Pietro, non c’è niente da fare, e noi siamo come lui. Nelle tempeste della vita facciamo fatica a credere, ci è più facile dubitare che il Signore sia davvero al nostro fianco. E mentre tentiamo di fidarci del Signore, siamo ancora in preda ai nostri dubbi, alle nostre tentazioni, alle nostre paure. E affondiamo. Ma il Signore ci prende per mano e ci ripete ancora: «Coraggio, sono io! Non aver paura». Egli non permette che sprofondiamo nella disperazione, ci prende per mano e ci ripone sulla nostra barca, nella nostra vita, rincuorandoci. E il vento si ferma, il mare si placa. Solo quando stiamo attaccati al Signore stiamo certi che non correremo il rischio di affogare immersi nelle prove e nelle disperazioni che la vita purtroppo ci riserva. Il Signore non vuole certamente dirci che la nostra esistenza, aggrappata a lui, sia immune dai momenti di tempesta e di forti prove, ma ci insegna che la fede in lui ci permette di affrontarle e di vincerle. Guardando a Maria, nostra Madre, possiamo vedere in lei una donna che ha dubitato, sì, ma soprattutto si è fidata di Dio. Come non ricordare quando di fronte all’annuncio dell’angelo abbia posto la domanda: «Come è possibile?». Ma lasciandosi rincuorare da Dio, prontamente ha risposto: «Eccomi, sono la serva del Signore. Si faccia di me secondo la sua parola». Maria oggi cammina davanti a noi per aiutarci a credere. Cammina con noi per aiutarci a credere nel Signore che per primo cammina con noi, come ha camminato sulla via per Emmaus, con quei due discepoli delusi e arrabbiati per come erano andate le cose a Gerusalemme, per come era finita la vita del grande Maestro. Ma il Signore risorto parla al loro cuore, li invita a mensa con lui per rafforzare la loro fede e renderli testimoni nella Chiesa della sua risurrezione. Così anche noi, attratti dal volto tenero e mite di Maria, chiediamo la sua intercessione, perché ci aiuti a credere sempre più nel suo Figlio e nostro Signore e ci insegni che solo fidandoci di Lui sapremo superare le tempeste della vita, le rabbie, le delusioni, gli sconforti e i momenti di prova più atroci. Solo nutrendoci del Corpo di Cristo nella Messa e ascoltando attentamente la sua parola, come è avvenuto per i due di Emmaus, la nostra fede sarà sempre più salda e forte contro ogni tempesta della vita.