III del tempo ordinario B

21 gennaio 2018

Il tempo. È ciò che lega l'Antico col Nuovo testamento nella Parola di Dio di oggi. Ma già l'antico e il nuovo delineano un tempo che passa. Il tempo poi – si dice – è tutto attaccato. Non c'è pausa nel tempo, perché anche la pausa è rimarcata in un tempo. Insomma, anche se si desidera che il tempo non passi mai, soprattutto quando si stanno vivendo momenti felici o indimenticabili, quando non ci si vuole staccare da una persona tanto cara, quando il riposo della notte o delle ferie ci sta cullando, anche quando si desidera che il tempo non passi, esso ci sfugge dalle mani. Fugit irreparabile tempus, ci hanno insegnato i latini: sappiamo bene come il tempo fugga irreparabilmente e non si può fermare. Poi c'è anche quel tempo che si vorrebbe prolungare quando le cose da fare e da sistemare sono talmente tante che una giornata di ventiquattro ore non è sufficiente: ne vorremmo almeno il doppio. Ma c'è anche il tempo che si vorrebbe drasticamente accorciare o che si desidera passi il più in fretta possibile: quando si è sotto esame, quando si è fuori dalla sala operatoria ad attendere la fine e l'esito dell'intervento, quando si porta il gesso ad una gamba e non si vede l'ora di toglierlo. Il tempo. Il tempo è così: si incarna nelle vicende, nelle persone, nelle cose; il tempo si rende percepibile in ciò che passa, in ciò che si vive, in ciò che si ama o si detesta. Se c'è una cosa alla quale è impossibile e impensabile sottrarsi è proprio il tempo. Siamo chiamati a vivere il tempo al meglio – Chi ha tempo non aspetti tempo –, senza sprecarlo – Non perdere tempo, diciamo –, impiegandolo al meglio – Il tempo è denaro, sottolinea un proverbio –. A proposito di chiamata a vivere al meglio le nostre capacità nel tempo che ci è dato, ecco la figura di Giona e dei primi discepoli. Giona è chiamato dal Signore a spendere il suo tempo, tre giornate di cammino, per proclamare la parola di Dio e predicare il tempo della conversione nella grande città pagana di Ninive. I discepoli sono chiamati dal Signore a lasciare ciò che fino a quel momento avevano fatto, cioè i pescatori, per cambiare tipo di vita e diventare pescatori di uomini, annunciatori del regno di Dio, quel regno di cui poco prima Gesù stesso aveva parlato, dicendo: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». A queste parole farà eco anche l'annuncio di San Paolo che, scrivendo ai Corinzi, ribadisce loro: “Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!”. Cosa sta dicendo loro l'Apostolo? Sta parlando di un tempo che è da rivedere, da riprogettare, da riorganizzare. Un tempo che sembra finire, un tempo che non può essere sprecato, perché è il tempo del giudizio di Dio sulla vita di ognuno e il tempo rimanente è un tempo opportuno per la conversione. Quante cose si vorrebbero dire in un lasso di tempo breve, quanti spunti di riflessione in così poco tempo. E allora come riassumere tutti questi concetti che il Signore ci ha regalato? Il Signore ci chiama ad essere suoi discepoli, suoi profeti. Chiama anche noi oggi come ha fatto con Samuele prima e Giona dopo, con i primi discepoli nel deserto o sul Lago di Galilea, chiama ciascuno di noi ad essere messaggeri del tempo della conversione indipendentemente dal lavoro o dalle mansioni che svolgiamo. E mentre ci chiama ad annunciare il tempo della conversione, ci chiama a convertirci e a farlo presto, senza lasciar passare troppo tempo. Sentiamoci allora chiamati a lasciare i nostri stati di vita per intraprendere un cammino di conversione e nello stesso tempo lasciamo quelle ancore che ci tengono imbrigliati in noi stessi, nelle nostre convinzioni e nelle nostre paure e seguiamo Cristo. Dimenticavo: c'è un avverbio di tempo che nel Vangelo non possiamo non prendere in considerazione, un avverbio che ci dice quando questa chiamata alla conversione deve rendersi attuale in noi e da che momento dobbiamo sentirci chiamati ad essere messaggeri di conversione. Questo avverbio di tempo lo troviamo nell'atteggiamento dei discepoli che, udita la chiamata del Signore, “subito lasciarono le reti e lo seguirono”.