Tutti i Santi

1 novembre 2018

Siamo chiamati figli di Dio e lo siamo realmente! La nostra chiamata alla santità non è un optional della nostra vita cristiana. Siamo chiamati ad essere santi non per virtù dei nostri meriti, ma per la gloria che ci attende. La santità non è solo una condizione, ma innanzitutto uno stile di vita che ci porta alla felicità eterna, a quella ricompensa con la quale Dio ci premierà per aver vissuto in modo santo. Tuttavia, lo sappiamo, per giungere alla ricompensa divina occorre su questa terra vivere quella magna charta che sono le beatitudini. Certamente non sono una semplice ricetta da applicare per avere la felicità promessa. Infatti Cristo stesso ha annunciato persecuzioni a coloro che vivono il Vangelo. Noi uomini abbiamo perso quel desiderio di cielo che ci spinge ad accettare le condizioni precarie di cui ci parla il Signore, quali insulti, persecuzioni, pregiudizi e quant'altro. Ma il santo è colui che pur di conquistarsi il cielo è disposto a superare queste situazioni che nessuno desidera, ma che fanno parte della testimonianza cristiana. Coloro che ci hanno preceduto sulla via della santità sono davanti a noi oggi e ci incoraggiano a vivere la sfida cristiana senza lasciarci intimorire dalle situazioni e dalle persone che possono remare contro al nostro vivere la virtù della santità. Sì, il coraggio di prendere il largo in un mare a volte tempestoso non è la scelta più avvincente, ma è certamente quella più appagante, perché ci merita quella gioia di cui la moltitudine celeste gode in eterno. Nel mondo di oggi serve il coraggio di essere santi, serve il coraggio per uscire in mare aperto e a viso scoperto per una nuova pesca, che non guardi ai fallimenti passati, ma alla speranza futura. Abbiamo bisogno di coraggio che ci porti a vivere da santi anche in mezzo a un mondo pagano, che fa del “tutto è lecito” il suo cavallo di battaglia. Venti burrascosi, acque impetuose, come quelle del fiume in piena di questo periodo, possono spaventarci, ma non farci perdere il coraggio di riprendere il largo e annunciare con una vita santa la bellezza del Vangelo e il fascino di seguire Cristo anche se costa fatica e il peccato ce lo dimostra. La testimonianza di una ragazzina quattordicenne di Bergamo, per la quale il Vescovo ha chiesto di poter avviare la causa di beatificazione, ci dimostra come la santità sia la risposta ad una vocazione. Si legge in una recensione della sua vita: La passione per la vita, per la scrittura e per lo shopping. Una normale ragazza delle scuole medie, a cui però è stata riservata una prova speciale. Si chiama Giulia Gabrieli. Nata a Bergamo il 3 marzo 1997, Giulia a dodici anni scopre di avere un sarcoma al braccio sinistro. Fa le chemioterapie, sembra guarire, ma poi la malattia torna, fino a portarla in cielo il 19 agosto 2011. In questo tempo, oltre a superare brillantemente gli esami di terza media con il massimo dei voti, il suo entusiasmo per la vita e la sua fede si sono amplificati, diventando una testimonianza per tutti coloro che le stanno attorno. Per primi i dottori dell’ospedale Beato Giovanni XXIII di Bergamo. […] Il giorno prima di morire Giulia ha terminato di comporre il testo di una coroncina di puro ringraziamento al Signore. Giulia sentiva il bisogno di ringraziare: «Nelle nostre preghiere, nelle nostre litanie, chiediamo sempre qualcosa per noi o per gli altri. Mai che ci si limiti a dire grazie, senza chiedere nulla in cambio». Una letizia possibile grazie a questa consapevolezza: «Perché ora so che la mia storia può finire solo in due modi: o, grazie a un miracolo, con la completa guarigione, che io chiedo al Signore perché ho tanti progetti da realizzare. E li vorrei realizzare proprio io. Oppure incontro il Signore che è una bellissima cosa. Sono entrambi due bei finali…». Mi stupisce come il finale della sua vita terrena, qualsiasi fosse, per Giulia era comunque un buon finale. Ha avuto il coraggio di ringraziare Dio per la vita malgrado la morte, ha avuto il coraggio di lasciarsi illuminare da Dio anche in mezzo al buio della sofferenza, ha avuto il coraggio di vivere su questa terra pensando sempre alla patria del cielo. Non è un coraggio da poco per una ragazzina che ha dovuto combattere con la malattia e con la morte per entrare nella gloria eterna. Cosa avrebbe fatto Giulia se fosse guarita? Forse si sarebbe fatta suora dopo aver vissuto una preadolescenza così impregnata di fede? Non lo sappiamo. Una cosa è certa: che se non l'ha spaventata la morte, di certo non l'avrebbe spaventa né la vita religiosa, né alcun altro progetto di santità che Dio avrebbe riservato per lei. E speriamo sia così per tutti noi, per i nostri figli, per i nostri giovani.