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I di Avvento C

2 dicembre 2018

«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo». Così si apre il nostro cammino di Avvento, che ci porta a contemplare la venuta di Cristo nella gloria alla fine dei tempi e ci prepara ad accoglierlo nella sua nascita terrena. Dentro questo tempo la nostra vita terrena vuole lasciarsi guidare dalla luce della sua parola che, come il sole di giorno ele stelle la notte, ci indica verso quale rotta puntare la nostra vita, la vita dei nostri ragazzi, la vita dei nostri giovani. Il sole di giorno e la stella polare di notte hanno guidato il lavoro di tanti pescatori di allora, come i pescatori di oggi, i discepoli di allora, come i discepoli di oggi. La modernità avanzata ci dona nuovi strumenti per non perdere la direzione, ma è pur vero che la modernità di oggi ci dona anche quelli per andare alla deriva. Sta di fatto che per ogni cristiano la Parola di Dio, fatta carne in Gesù Cristo, è stata, è e resterà per sempre la bussola alla quale affidarsi e della quale fidarsi per non perdere la giusta rotta. Ma cos’è che ci fa perdere la rotta? Sicuramente il buio che si crea attorno a noi. Quando infatti vaghiamo per casa senza un minimo riferimento, dato anche solo da una piccolissima luce, rischiamo di inciampare, cadere, sbattere il naso contro qualche parete o arredo. Ma il buio di una vita malvissuta, allo sbando e senza riferimenti fa perdere la direzione, finendo in vicoli ciechi dai quali si fa fatica ad uscire, per non dire che a volte è impossibile. Gesù ce lo ha detto bene: ci ha raccomandato di stare attenti alle dissipazioni, ci ha detto chiaramente di non lasciare che i nostri cuori si appesantiscano a causa degli affanni della vita che ci portano a dare importanza a ciò che non la merita, dimenticando di dare rilievo a ciò che conta veramente. E poi ci sono le ubriachezze e le droghe che oggi vengono assunte non in giovane, ma in tenera età, verso i dieci, dodici anni. Ci spaventa questo? Ci mette in allarme? Forse è esagerato? Conosco bene un ragazzino, ormai grande, che qualche anno fa all’età di dieci anni mi mostrò il suo pacchetto di sigarette che ricordo ancora bene: Marlboro rosse. Lo vidi fumare, mi si strinse il cuore; lo ripresi, gli feci capire che la rotta era sbagliata. Seppi poi in futuro che non si era messo in un bel giro. Purtroppo. Vogliamo usare la parola di Dioper una sorta di allarmismo? Vogliamo venire in chiesa per tornare a casa angosciati? Certo che no. Vogliamo però ascoltare la parola del Signore e analizzare la nostra società, senza farci prendere dal panico e senza creare confusione. Avere un occhio aperto su questi problemi è però importante, perché gli affanni della vita e le ubriachezze di cui Gesù ci parla per non appesantire il cuore, sono oggi anche questi problemi che creano nei ragazzi di oggi un buio così pesto da non intravedere speranza per il futuro, ma solo occasioni di sbandamento per farsi notare più grandi, più belli, più forti,sbandamento che però li porta a sbattere la testa là dove spesso non c’è rimedio. E allora anziché confidare in queste forme di autostima, quali sono gli esempi fatti, bisogna che la nostra gioventù, i nostri ragazzi, ma anche noi adulti, impariamo a non appesantire il cuore con la sfiducia. Infatti i nostri preadolescenti e adolescenti, sfiduciati di se stessi, in preda al panico di non essere all’altezza della società, preferiscono farsi sostenere da queste forme di apparenza, piuttosto che fidarsi di se stessi. Quante volte si guardano allo specchio e non si piacciono; quante volte si guardano allo specchio confrontandosi con gli altri e pensano di valere di meno. Questa è la loro vera pesantezza oggi, che li porta a fare scelte stupide nella vita. Il Signore, attraverso la sua Parola, vuole oggi illuminare la nostra e la loro vita, vuole dirci che ciascuno di noi è prezioso e vale per quello che è, non per quello che sa fare o per l’aspetto fisico. Acquistare fiducia in se stessi e dire: «Mi fido di me», non vuol dire vantarsi, ma accettare che i talenti e le capacità che il buon Dio ha donato a ciascuno possono realizzare la vita senza correre il rischio di perdersi nel buio della solitudine e della sfiducia. Pensiamo a Pietro, che dopo una notte di pesca andata male, sulla parola di Cristo ci riprova, perché di Cristo si è fidato e si è fidato anche delle sue capacità, senza guardare a chi fosse il pescatore più bravo o più esperto. Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi e i nostri giovani a levare dal proprio cuore il buio della sfiducia e illuminarli con la luce della possibilità, della speranza, della fiducia in se stessi e nelle loro capacità. La vocazione sacerdotale e religiosa, spesso è così bisfrattata proprio perché le giovani generazione non si sentono all’altezza di un impegno così arduo. Certamente portare Cristo agli altri non è un impegno da poco, ma rinunciare a una così bella esperienza di vita per paura di non farcela è un peccato. Questo vale anche per le tante vocazioni a cui l’uomo è chiamato da Dio. Occorre osare, puntare in alto; occorre fidarsi, anche di se stessi e guardarsi allo specchio e dire: «Sulla tua Parola, Signore, mi fido di me».