I di Quaresima A

5 marzo 2017

Dalla terra Dio ha creato l’uomo. E dalla terra Dio ha creato ogni essere vivente che potesse favorire la vita dell’uomo. Dalla terra Dio ha creato anche quell’albero della vita e della conoscenza del bene e del male i cui frutti l’uomo non doveva mangiare. Ma chissà perché questo divieto? Che poi è risaputo ovunque: fatto il divieto, ecco la tentazione di trasgredire, anche solo per la curiosità di capire cosa ci stia dietro ad un divieto di così pericoloso. E cosa mai ci sarà stato dietro a un frutto così bello e apparentemente buono da mangiare. Ci sta proprio l’ingordigia dell’uomo, che per curiosità vuole provare tutto, esperienze belle e brutte, trasgressioni che fanno salire l’adrenalina a mille, situazioni che se tralascia non lo fanno sentire forte. E non c’è bisogno di fare molti esempi, basta dire: sesso, droga e sballo. A pensarci bene, visto come va il mondo, capiamo perché Dio ha vietato all’uomo e alla donna di mangiare del frutto di quell’albero. Esso conteneva la capacità di distinguere il bene dal male; certamente questo sembra positivo, perché è cosa buona distinguere il bene dal male, la vita dalla morte, ma spesso non basta. Infatti, se l’uomo non avesse mangiato di quel frutto avrebbe avuto la possibilità di compiere solo cose buone, di fare esperienze buone e di vivere situazioni buone. Perché Dio, pur creandolo fragile come la terra, non gli avrebbe fatto mancare nulla di buono che non rendesse l’uomo altro che buono. D’altronde nel paradiso terrestre non poteva che esserci un mondo buono. Ma proprio quando l’uomo trasgredisce al comando di Dio, dando ascolto a quella lingua biforcuta del serpente, ecco che nascono i problemi. La tentazione di disobbedire è talmente forte che si cade prontamente nella trasgressione. È astuto il serpente, è diabolico il demonio. Alla donna dice: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Sappiamo benissimo che Dio non aveva detto così, ma di non mangiare del frutto dell’albero che stava in mezzo al giardino. Si fa presto a travisare le cose, basta cambiare una sola parola e cambia tutto. Il diavolo è così malvagio da far dire a Dio ciò che non ha mai detto, tirando l’uomo dalla propria parte con le proprie lusinghe. E l’uomo, fatto di terra e impastato di fragilità, ci casca in pieno. Tranne un uomo: Gesù. Anche lui uomo come noi, nella terra ci mette il piede: è la terra del deserto. E proprio in quel deserto egli, come il primo uomo, viene tentato dal demonio che gli mostra la forza, il potere, la ricchezza, ovvero tutte quelle cose che fanno gola ad ogni uomo. Ma Gesù sa resistere, perché la sua umanità è abitata dalla divinità. Questo ci porterebbe a dire: facile per lui vincere il demonio essendo Dio. Ci dimentichiamo, però, una cosa: anche noi pur essendo fragili come la terra, siamo abitati dallo Spirito Santo che combatte con noi per vincere le seduzioni del maligno. Quante volte lo invochiamo per essere da lui sostenuti? Quante volte abbiamo il coraggio di chiedere a Dio la forza dello Spirito per cacciare da noi le tentazioni che ci portano a compiere il male? Quante volte chiediamo allo Spirito di allontanare da noi la bramosia di forza, potere e ricchezza che ci fanno sentire importanti davanti agli uomini? Sesso, droga e sballo, di cui si parlava prima, non sono altro che la manifestazione della forza, del potere e della ricchezza che l’uomo desidera per mostrarsi importante e superiore agli altri, ma non lo è. Anzi. È così debole da lasciarsi vincere dal dominio del male. Ecco perché la terra ci richiama al nostro essere fragili. Ma nello stesso tempo è altrettanto vero che lo Spirito Santo ci ricorda che siamo capaci di non soccombere alle lusinghe del demonio grazie alla sua forza. Infatti, solo grazie alla potenza creatrice dello Spirito potremo essere terra disposta ad accogliere il seme della parola di Dio, perché non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla sua bocca. È proprio grazie a questa parola che la nostra vita può diventare terreno buono per quel frumento che diventerà pane che non sazia il corpo, ma la nostra fame di Dio nell’Eucaristia. È proprio dall’Eucaristia che l’uomo attinge quel coraggio che gli permette di vincere le seduzioni del maligno ed essere un terreno buono nel quale coltivare il buon grano che darà frutto abbondante di opere belle, di opere buone, di opere degne di lode. Vinceremo le lusinghe del nemico tentatore solo avendo il coraggio di spezzare il pane nell’Eucaristia, perché ci ciberemo di Lui, pane della vita, anziché nutrirci di malvagità e riempirci la bocca di cattiverie. Allora anche la nostra bocca si riempirà di parole belle, perché saremo nutriti dalla sua parola che rende la nostra vita un terreno fertile, capace di portare buoni frutti che col tempo si manifesteranno davanti a Dio e a chi ci sta attorno. Come i due di Emmaus, sediamoci anche noi alla mensa dove incontriamo Cristo risorto che spezza il pane e chiediamogli in dono il coraggio di fuggire dalla tentazione di restare terra arida, per essere terreno fertile che darà buon frumento, dove il trenta, dove il sessanta, dove il cento per cento.