III di Quaresima A

19 marzo 2017

La speranza, dice San Paolo, non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nel nostro cuore. Un amore così grande da assomigliare ad un fiume in piena, per come viene descritto dall'apostolo. Ma queste parole richiamano alla mente l'immagine di quella donna che dal pozzo profondo dei suoi antenati attinge acqua e la riversa in quel recipiente che porterà a casa per dissetarsi. Ma ancora: l'immagine di quest'acqua che abbondante e quasi impetuosa si riversa sull'uomo è descritta dall'episodio dell'esodo degli israeliti verso la terra promessa. Dalla roccia Dio fa scaturire un fiume di acqua viva per quella gente assetata. L'acqua, che domina la scena biblica di questa domenica, non può che richiamarci all'acqua battesimale con la quale noi stessi siamo stati inseriti come membra vive nel campo di Dio che è la Chiesa, un campo che, se non viene costantemente irrigato, non vedrà mai spuntare quei germogli che diventeranno frutto per un buon pane da spezzare. È l'acqua della fede che irriga questo campo; è l'acqua della fede che irrigando il nostro cuore ci porta a passare dalla speranza alla fiducia. E la fiducia è ciò che scopriamo lasciandoci irrigare da quest'acqua, come avvenne per l'antico popolo. Massa e Meriba: il Signore è in mezzo a noi, sì o no? Il significato del nome, dato al luogo della protesta degli israeliti per mancanza di acqua, dice a noi non solo un'arsura umana, ma come quel popolo fosse assetato di Dio. È l'immagine della nostra società che è alla ricerca di tante cose, di molti perché, di tante risposte di senso, ma in realtà è assetata di Dio. Noi siamo assetati di Dio e quando episodi sconvolgenti o che ci toccano da vicino ci scuotono, allora dentro di noi, come una sorgente, scaturisce la domanda: Ma il Signore è in mezzo a noi, sì o no? E non è facile rispondere, soprattutto quando si è provati dalla sofferenza e ci si chiede: «Ma Signore, perché?». Forse la risposta è difficile trovarla, ma già la domanda dà inizio a un dialogo profondo con il Signore, come è avvenuto quel giorno, sotto il sole cocente del mezzogiorno, al pozzo di Sicar. Quella donna, samaritana, lontano da Dio per condizione sociale e per scelte di vita, dal Signore viene avvicinata e con lui inizia un bellissimo dialogo che la porta a far riaffiorare la sua vita dal pozzo profondo del suo cuore. Non sapeva chi fosse, sapeva solo che era Giudeo (e non dobbiamo dimenticare che i giudei con i samaritani non andavano d'accordo). Ma Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Da queste battute ecco che si apre lo scenario sulla vita privata della donna che la porta a riconoscere gli errori della sua vita affettiva sregolata, ma soprattutto a fidarsi di Gesù che dal profondo del cuore le sta facendo riemergere la possibilità nuova di ricominciare a partire dalla grazia di quel Dio che il suo popolo non conosceva in pienezza, il Dio giusto e vero. Ed è proprio dalla verità sulla sua vita che cresce in lei il desiderio di Dio. Quando entriamo in dialogo profondo con Dio e lasciamo riemergere la verità che c'è in noi, una verità fatta anche di peccato e di fragilità, sentiamo la sete di Dio, un Dio che non ci giudica, ma che ci chiede di andare a chiamare tutti per partecipare a questo dono di grazia che come un fiume in piena viene riversato su di noi. Ma per lasciarci incontrare dalla grazia di Dio non occorre far altro che lasciarci irrigare dallo Spirito che è stato riversato in noi fin dal Battesimo, quello Spirito che ci porta a metterci nelle mani di Dio, senza paura, ma con fiducia. Così è avvenuto sulla via per Emmaus, quando i due discepoli si sono fidati di quello sconosciuto che si è fatto loro compagno di viaggio, da lui si sono lasciati aprire il cuore mentre spiegava loro le Scritture tanto da invitarlo a restare con loro per continuare quel dialogo e sedere alla loro tavola per spezzare il pane. Quante volte facciamo esperienza della fiducia nella vita? Tante e per giunta senza accorgercene. Si fida il bambino quando è nelle braccia sicure dei genitori; ci fidiamo di chi ha costruito la nostra casa, sicuri che non crolli; ci fidiamo dei medici quando siamo ammalati o in ospedale, certi che conoscono la terapia migliore per farci guarire; ci fidiamo di chi ci porta qualche notizia, perché crediamo che sia vera; ci fidiamo di una persona cara perché siamo certi che mai ci tradirà, fino a prova contraria. La fiducia è dentro di noi, è nascosta nelle profondità del nostro cuore, come l'acqua nelle profondità della terra. Ma solo grazie a questa fiducia in Dio noi vogliamo lasciarci irrigare dalla sua grazia, perché dal nostro cuore nascano nuovi germogli, segno di una vita nuova che malgrado il peccato commesso in passato è disposta a donare nuovi frutti buoni. Così avviene per ogni campo di grano: se non è ben irrigato e la terra resta arida, il seme non può marcire e non potrà mai germogliare. Fidiamoci della grazia di Dio che ha operato nella donna di Samaria e opera in noi come in ogni uomo, ricordandoci sempre che chi spezza il suo pane per noi è Dio, perché al di là di tutto il nostro peccato, Lui ha sempre fiducia in noi.