III di Pasqua B

Domenica della Riconciliazione 

15 aprile 2018

“Apri, o Padre, il nostro cuore alla conversione, tu che nella morte del tuo Figlio hai posto il fondamento della riconciliazione”. Così ci fa pregare l'orazione all'inizio della nostra assemblea liturgica in questa domenica pasquale nella quale abbiamo un ricordo speciale del Sacramento della Confessione. Ma a ben guardare tutta la liturgia ci parla di questo grande dono, così troppo dimenticato dai cristiani. Prendiamo in considerazione le parole che Pietro rivolge ai Giudei: egli sembra proprio rinfacciare loro ciò che hanno fatto a Cristo, ovvero - dice - «voi avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni». L'apostolo non vuole però semplicemente creare in loro un senso di colpa, bensì portarli a conversione. Continua infatti nel suo discorso: «Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati». Ecco il sacramento della Riconciliazione che scaturisce come gli altri sacramenti dalla Pasqua del Signore: non ha il compito di farci sentire in colpa, ma di portarci a conversione. Sono convinto che molti cristiani al giorno d'oggi non si accostino più a questo sacramento perché hanno paura di doversi sentire in colpa. Certamente il peccato porta a una colpa da ammettere, ma il perdono che Dio ci dona attraverso questo Sacramento vuole aiutarci a guardare avanti, a ricominciare da capo senza pesi sulla coscienza, quei pesi che al contrario i sensi di colpa lasciano indelebili nel nostro cuore. Potremmo dire che il discorso di Pietro ai Giudei ci spiega bene cosa significa essere perdonati nella morte e risurrezione di Cristo. Tutti noi siamo peccatori, tutti commettiamo per ignoranza o a volte per cattiveria o per volontà peccati più o meno gravi, ma una volta ravveduti e convertiti, attraverso il Sacramento della confessione, i nostri peccati che pesano su di noi sono assunti dal Signore che ci dona la capacità di risorgere con lui a vita nuova. Cosa significano infatti le parole della liturgia: “Nel giorno in cui celebriamo la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, anche noi siamo chiamati a morire al peccato per risorgere a vita nuova”, se non che attraverso la Riconciliazione avviene in noi un secondo Battesimo? Immersi nella morte redentrice del Figlio di Dio, attraverso la sua risurrezione anche noi possiamo risorgere a vita nuova. Non dobbiamo più allora spaventarci della Confessione e non dobbiamo stare lontani dalla Misericordia di Dio solo perché non vogliamo incappare nei sensi di colpa che togliamo da noi fingendo di non aver commesso peccato. Quante volte ci capita infatti di accostarci al confessionale più per un senso del dovere che non per incontrare Dio misericordioso? Quante volte ci avviciniamo al confessore dicendogli di non saper cosa dire perché non abbiamo commesso peccato? O quante volte vorremmo tornare a Dio attraverso la riconciliazione con lui e con i fratelli, ma ci fa paura riconoscere gli errori commessi perdendo così la bella opportunità di sentirci perdonati dal Signore, risorgendo così a vita nuova? Ascolta, o cristiano, cosa scrive l'apostolo Giovanni: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito (cioè un difensore) presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo”. E come potrebbe scrivere queste cose se non avesse udito lui stesso Gesù risorto che la sera di Pasqua apparendo in mezzo agli apostoli disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni». Gesù stesso apparendo in mezzo ai suoi la sera di Pasqua ci mostra cosa è la Riconciliazione. Scapparono tutti nel momento della Croce, Pietro lo rinnegò apertamente, faticarono a credere all'annuncio delle donne la mattina stessa di Pasqua che corsero a dire loro che il Signore era risorto. Eppure Cristo, apparendo loro, non vuole rinfacciare tutto questo, ma vuole rassicurarli e confermare la loro fede in lui, morto e risorto per tutti noi. Così nel Sacramento della Confessione egli vuole prendere su di sé i nostri peccati, aiutarci a comprendere il nostro sbaglio e donarci la forza di iniziare una vita nuova sostenuta dalla grazia del suo Spirito, quello stesso che ha confermato nella fede gli apostoli, facendoli diventare ministri del sacramento della Riconciliazione. Solo sperimentando il suo amore misericordioso sentiremo in noi la forza per andare da tutti i fratelli e dire loro: «Abbiamo trovato il Cristo» e li condurremo a lui, perché Egli possa far sperimentare anche in loro la potenza dell’amore che perdona. Ma come li condurremo all’amore del Signore? Se anche noi mostreremo loro quell’amore che lui, il Signore, ha mostrato a noi nel Sacramento della misericordia e sapremo perdonarli come lui ha perdonato noi.