II del tempo ordinario C

20 gennaio 2019

Tutti, o almeno gli intenditori di vino, vorrebbero avere in casa uno come Gesù che dall’acqua di sorgente, che scende nelle nostre abitazioni, ne tragga il vino buono, quello per cui il maestro di tavola dice: «Hai tenuto il vino buono». Ma se ci pensiamo bene, ciò che Gesù ha fatto è formidabile. Non ha riportato soltanto la gioia in quelle nozze che sembrava spegnersi con l’esaurirsi del vino, segno della festa, ma con quel miracolo, il primo, Gesù dà inizio a quei segni prodigiosi che ci porteranno a un’altra tavola, quella nella quale cambierà il vino in sangue, in quella notte nella quale Egli, venuta l'ora d'essere glorificato da te, Padre santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine; e dopo la cena, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: «Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati» (Preghiera eucaristica IV). Dall’acqua al vino, dal vino al sangue: è un attimo. È un attimo perché ciò avviene ogni volta che lo desideriamo, ogni volta che partecipiamo a questa mensa eucaristica. L’acqua: è un elemento comune, ma nello stesso momento senza sapore. Non potevano restare senza sapore quelle nozze, non poteva restare senza un segno di festa quella che doveva essere la festa per eccellenza. Ma quella festa diventa segno della nostra vita cristiana che spesse volte perde la gioia quando resta insipida, apatica, senza senso. Lo è quando non gli diamo un significato e viviamo le nostre giornate alla luce del tempo che passa, quando i nostri ragazzi e giovani non si pongono un obiettivo nella vita, quando guardiamo al domani non con occhi di speranza ma di rassegnazione: questa è l’acqua, a volte stagnante, che ci portiamo in tavola. Il vino: è il segno di quel gusto particolare che accompagna i nostri cibi, che li esalta, che dona loro quel sapore particolare; è il segno della festa e dell’allegria, se non se ne abusa, facendolo diventare anche segno di morte. La nostra vita ha bisogno di vino, ha bisogno di gusto, di sapore, ha bisogno di essere sfumata come i cibi succulenti, pregiati, deliziosi. Abbiamo bisogno di quel vino buono e nuovo che Gesù permette di portare in tavola, un vino dal sapore unico, per il quale il maestro di tavola, rivolgendosi allo sposo, che non sapeva da dove arrivasse, dice: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Che bello se coloro che ci incontrano potessero assaporare in noi quel vino buono e gustando la gioia di una vita bella e felice potessero sorseggiare un po’ di Cristo diventando pian piano ricercatori di Lui che rende la nostra vita deliziosa, come il vino buono, non come spesso avviene nei sabati sera e non solo, quando il vino e altre bevande alcoliche e superalcoliche diventano per i nostri ragazzetti motivo di sballo, di rovina e purtroppo anche di morte. Scambiare lucciole per lanterne è facile, come scambiare la felicità che ci dona Cristo con questi surrogati di festa e di gioia che lasciano però l’amaro in bocca di ciò che passa e non torna più. Il sangue. No, non quello lasciato sull’asfalto dopo aver ecceduto nel bere, ma quello di Cristo di cui quel vino era solo una prefigurazione. Il sangue deve essere segno di vita, una vita donata, spesa, messa totalmente nelle mani di Dio per farne un dono per gli altri, per la comunità, per la società. Le parole dell’apostolo Paolo ci aiutano a comprendere il mistero del Sangue di Cristo versato per noi e che in noi scorre: “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue”. Ciascuno con i propri carismi, con le proprie qualità, con le proprie capacità, ma tutti per un’unica causa: servire il Signore per il bene comune, per il bene della comunità, per il bene della società e non per l’interesse personale: potremo farlo con semplicità e umiltà attraverso le piccole cose, i piccoli servizi svolti con passione e senza pretese e le faccende quotidianedi cui la comunità e la società hanno bisogno per non essere annacquate e senza sapore. Interceda per noi Maria, ci aiuti a seguire la volontà di Cristo che desidera per la sua Chiesa la gioia e la concordia, l’amore e la felicità e in questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani invochiamo lo Spirito del Signore, perché renda i cristiani della terra più uniti, non solo tra le diverse confessioni, ma anche tra noi, cristiani delle nostre piccole comunità.