III del tempo ordinario C

27 gennaio 2019

La parola del Signore è davvero un faro che guida la nostra vita, la indirizza anche nei momenti tempestosi, la sostiene nei momenti vacillanti, quando il cielo si oscura e la fatica di remare si fa sentire. Ma il Signore non ci abbandona, perché fa vedere a noi la sua luce in mezzo alla nebbia, in mezzo alla fatica e alle burrasche che ci colpiscono. Non dobbiamo mai smettere di puntare il nostro sguardo verso questo faro luminoso che è la parola del Signore, perché, come disse Gesù stesso nella sinagoga di Nazareth, «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Oggi e in ogni momento si compie ciò che udiamo nel Vangelo e in tutta la Scrittura. Oggi si compie l’anno di grazia che il Signore ha proclamato, perché in ogni giorno e in ogni momento si manifesta la pienezza di grazia che Dio riversa su di noi. Lui è con noi, lui è al nostro fianco e questo non dobbiamo mai dimenticarcelo. Lui è l’attracco sicuro, il porto stabile nel quale trovare sicurezza, anche quando non sappiamo cosa fare, dove andare, “che pesci pigliare”. Lui è quell’oggi, quell’adesso, quel sempre che non ci lascia soli in balìa di noi stessi, delle nostre fatiche quotidiane in casa, sul lavoro, a scuola, in qualsiasi luogo e ambito viviamo, non ultimo nell’ambito educativo. Lui, il Signore, è dalla nostra parte e tutti insieme contribuiamo a sostenerci a vicenda nelle gioie e nelle fatiche della vita, perché in Cristo formiamo un solo corpo. Che bella l’immagine del corpo che san Paolo utilizza per dirci che non siamo soli, che il Signore è con noi e che tutti insieme siamo membra di un’unità che non ci fa sentire orfani eabbandonati a noi stessi. “Infatti – scrive Paolo – il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi»”. Non siamo tutti uguali, ciascuno ha capacità diverse, doti distinte, vocazioni specifiche, ma tutti ci sosteniamo a vicenda e sosteniamo la barca della Chiesa, perché formiamo un solo corpo, un solo equipaggio che punta sempre là dove il Signore ci guida, là dove il Signore ci indica, là dove il Signore ci vuole.Celebrando la giornata del Seminario, si fa ancora più intenso il nostro pensiero per i giovani chiamati alla vocazione sacerdotale. Pochi sono quelli che oggi rispondono a questa chiamata, ma tanti sono quelli che il Signore continua a chiamare. Forse non sentono? Forse hanno paura? Forse non vogliono aderire al Signore? O forse facciamo fatica anche noi adulti a proporre loro questo ideale di vita, perché i giovani di oggi sembrano non avere bisogno degli adulti che, dando voce al Signore, indicano loro la direzione migliore. Ma nessuno può dire: «Io non ho bisogno di te», come nessun membro del corpo lo dice alle altre membra. Tutti abbiamo bisogno del Signore, nostra guida, nostro faro, ma nello stesso momento tutti abbiamo bisogno degli altri per remare insieme e dirigerci verso questo punto fisso, che è il Cristo, per andare là dove egli ci chiama ad essere. Dio ha un sogno sui nostri ragazzi come lo ha avuto e lo ha ogni giorno sulla vita di ciascuno. Non dobbiamo aver paura a lasciarci aiutare da Dio e da chi ci sta accanto per trovare la nostra meta. Questo ai giovani e ai ragazzi va detto. Dio sogna per noi e noi non possiamo permettere che i sogni di Dio non divengano realtà. Fu così anche per don Bosco: a nove anni fece il grande sogno che lo portò a maturare nel tempo la sua vocazione. Aiutato da sua mamma Margherita e dalle persone che si presero cura della sua crescita,poté realizzare il sogno di Dio, non di certo senza fatica, senza incomprensioni, senza umiliazioni. Ma proprio perché non disse: «Io non ho bisogno di te», superò, attraverso il consiglio e l’aiuto di coloro che ne seguirono la sua educazione e formazione, tutte le avversità, tutte le tempeste, tutte le fatiche: davanti a sé aveva solo quel grande faro, Gesù Cristo, che lo aiutò a realizzare la sua vita su questa terra, per entrare, dopo tutte le fatiche, nella gloria eterna. Puntiamo anche noi lo sguardo fisso su Gesù, come fecero i suoi concittadini nella Sinagoga a Nazareth; tengano fissi gli occhi su Cristo i genitori e gli educatori; lo facciano i nostri ragazzi e giovani. Solo così, guardando a Cristo, nostro faro, diventeremo a nostra volta un faro per i nostri ragazzi; saremo capaci di guidarli al porto sicuro e giusto, anche e soprattutto quando il mare delle scelte è e saràin tempesta.