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I di Quaresima C

10 marzo 2019

Il deserto: un luogo apparentemente tranquillo, dove l'unico suono è il vento che sfiora la sabbia portata qua e là dalla sua forza. Apparentemente tranquillo: è proprio nel deserto della vita che, quando si fanno tacere tutti i rumori esteriori, riaffiorano assordanti i frastuoni interiori, tra i quali la tentazione del potere, l'ingordigia di possedere tutto e la bramosia di avere ogni cosa sotto controllo. Ma non solo ogni cosa, anche ogni persona, le relazioni più significative, quelle più vere e anche quelle di circostanza. La tentazione sembra proprio nascondersi sotto quella coltre di sabbia che il vento porta via e checi ritroviamo sotto i piedi. Questo avviene anche sulla spiaggia del mare: sotto quelle micro dune si possono trovare insidie e oggetti smarriti, paure e cuori a pezzi. Le insidie: è un classico passatempo di ogni ragazzo durante le vacanze in spiaggia scavare buche profonde per trovare acqua o per tracciare la pista delle biglie o fare quelle gallerie che non si sa a cosa servano, ma sanno molto di passatempo divertente. O magari si scava una buca per posarci sopra il salviettonee aspettare che il malcapitato che si sdraia per prendere il sole ci finisca dentro con grande divertimento di chi assiste alla scena. Ma quelle buche, grandi o piccole che siano, diventanouninsidia per caviglie e ginocchia, perché se non sono visibili possono trasformarsi da terreno di svago e divertimento anche scherzoso, in una trappola che spezza o lede le articolazioni. La sabbia è un tranello, come il mondo di oggi quando ci cattura con le sue lusinghe. Ma ancora: la sabbia nasconde oggetti smarriti, anelli, bracciali, orecchini d'oro, monili di vario genere, tanto che trovarli è un'impresa ardua e quasi inutile, se non con quegli arnesi che segnalano la presenza di metallo anche sotto terra. Si possono anche nascondere mozziconi di sigaretta, cartacce e rifiuti, perché il buon proposito di alzarsi e portarli al primo cestone si trasforma presto nella tentazione di non muovere un dito se non per coprire quanto si vuol sottrarre alla vista.La sabbia nasconde, sì, come ci nascondiamo noi quando si tratta di fare sul serio nelle scelte della vita, quando Dio ci chiama a cose grandi, a puntare in alto; questo lo si vede soprattutto nel mondo giovanile, ma anche nelle giovani famiglie. La sabbia diventa anche sinonimo di instabilità: è un terreno poco sicuro, molto flessibile e friabile, non a caso Gesù darà dello sciocco a colui che decide di costruire la sua casa, ovvero la sua vita, sulla sabbia, su valori inconsistenti. E noi su cosa fondiamo la nostra esistenza? La spiaggia diventa anche il luogo di riflessione, mentre si guarda verso l'orizzonte neimomenti di sofferenza, quando il cuore viene spezzato dall'amore infranto della vita, dal ricordo di persone passate, dal pensiero di essere soli. Purtroppo nella vita non sempre ci fermiamo a riflettere per capire quale rotta prendere. Cosa sperimenta Gesù in quei quaranta giorni a contatto con la sabbia? Sperimenta le stesse tentazioni avvertite da Pietro e dagli altri amici di fronte al potere del male che si mostra all'uomo come bene: la tentazione di fare tutto senza Dio, la tentazione di voler essere più di Dio, la tentazione di non aver bisogno di Dio.Gesù le vince queste tentazioni e anche Pietro le supera proprio quando incontra Gesù per la prima volta. Egli, all’invito di Gesù a prendere il largo per gettare le reti, sembra proprio rispondere: «Signore, abbiamo già faticato tutta la notte: chi sei tu per venire qui a dirci cosa dobbiamo fare, ben sapendo che non si pesca di giorno?». Ma vincendo la tentazione di bastare a se stesso aggiunse: «Ma sulla tua parola getterò le reti». La sabbia nasconde questi tranelli, anche in campo vocazionale, soprattutto quando si pensa che alla propria vita ognuno basti a se stesso, che non c'è bisogno di Dio per capire cosa fare da grandi, che della vita dei nostri figli, nipoti, ragazzi e giovani ne sappiamo più noi che Dio stesso. Quando parliamo della vocazione sacerdotale e religiosa, la tentazione è sempre quella di non pensarci, di nascondere la questione, di ritenerla valida solo per altri o addirittura una buca nella quale bisogna fare attenzione di non cadere. Perche? La sabbia è simbolo di tentazione, perché è vorace, occultatrice, è lusinghiera. Chi arrivato al mare, con una gran voglia di spiaggia, sdraio e ombrellone, vedendo davanti a sé questa distesa immensa di relax, non si butta sulla sabbia lasciandosi dietro ogni pensiero? Non fa però i conti con la temperatura elevata della sabbia sotto il sole cocente e le urla di dolore per piante di piedi ustionate si levano da terra in modo assordante. Perché noi siamo così: ci lasciamo tentare dall’impulsività, dal tutto e subito, dal buttarci a capofitto anche in quelle situazioni che avremmo dovuto vagliare prima di restarne scottati. Ciò avviene anche per la vocazione sacerdotale o religiosa o di qualsiasi tipo: pensiamo di sapere già tutto, di non dover chiedere niente a nessuno e impulsivamente accettiamo o rifiutiamo solo perché una cosa ci piace o non ci piace. Ci lasciamo attirare da ciò che scotta e non prendiamo in considerazione ciò che il Signore desidera per noi e per i nostri figli, finendo così per accettare la spiaggia rovente, dimenticandoci di puntare verso il mare, mentre occorre osare di più anziché di meno, prendere il largo e gettare le reti, anziché fermarci su una spiaggia ingannatrice. E tutto questo bisogna farlo senza ripensamenti.