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XIII del tempo ordinario C

30 giugno 2019 

Nella vita prendere decisioni non è facile: c’è chi è eternamente indeciso e prima di giungere a un dunque ci pensa, ci ripensa, poi torna sui passi precedenti e nel momento del definitivo è ancora titubante; c’è chi è deciso nella vita, sa bene cosa vuol fare e che scelta prendere, tuttavia ha sempre qualche però da assolvere e tempo da allungare; c’è chi è fermo nelle sue scelte e sa da subito che la decisione è quella giusta, non ha ripensamenti, non ha bisogno dei consigli degli altri, anzi, i consigli degli altri lo infastidiscono assai e se li tiene alla larga; e c’è Gesù che, mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme, là dove avrebbe portato a compimento il progetto del Padre. Non potrebbe Gesù rientrare in quest’ultima categoria di uomini che non devono chiedere mai o che sonofermi nella loro decisioni senza ripensamenti? No. La sua categoria non esiste; lui è unico nel suo genere. Prende sì la ferma decisione di andare incontro alla sua morte, ma non possiamo sapere se nel suo cuore balenasse qualche titubanza. Sta di fatto che la sua non era una decisione tanto semplice da classificare tra le nostre scelte da prendere. E si trattava pure di vita o di morte. O meglio: se sceglieva di salvare la sua vita avrebbe impedito di salvare la nostra; scegliendo la sua morte ci ha guadagnato la vita eterna. Insomma, la sua scelta era ed è per noi controcorrente, perché non si trattava di scegliere secondo un proprio interesse, ma secondo la volontà di Dio e la volontà del Padre era ed è quella di avere tutti noi suoi figli salvi. D’altronde questo è quello che aveva detto ai suoi discepoli un momento prima: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà». La sequela dunque non è questione di tornaconti o di scelte che accomodano la vita; la sequela di Cristo non è questione nemmeno di appagamento personale; la sequela di Cristo non è neppure questione di bravura. Seguire Cristo vuol dire davvero lasciare tutto quello che siamo per fare la sua volontà, come lui ha fatto e continua a fare la volontà del Padre per la nostra salvezza, per il nostro bene, per la nostra felicità e non per se stesso. Scegliere di seguire Cristo per la nostra salvezza, per il nostro bene, per la nostra felicità e non per il nostro tornaconto vuol dire mettersi in gioco nelle decisioni. E allora torniamo al discorso iniziale: c’è chi è eternamente indeciso e prima di giungere a un dunque ci pensa, ci ripensa, poi torna sui passi precedenti e nel momento del definitivo è ancora titubante; c’è chi è deciso nella vita, sa bene cosa vuol fare e che scelta prendere, tuttavia ha sempre qualche però da assolvere e tempo da allungare; c’è chi è fermo nelle sue scelte e sa da subito che la decisione è quella giusta, non ha ripensamenti, non ha bisogno dei consigli degli altri, anzi, i consigli degli altri lo infastidiscono assai e se li tiene alla larga. Noi, per decidere di metterci dietro a Gesù e capire cosa vuole lui da noi, che tipologia di decisione abbiamo? Mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Come a dire: pensi che seguire Cristo sia così semplice? A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». Non puoi infatti anteporre sempre qualcosa davanti alla chiamata del Signore o trovare una scusa pronta per non mollare sto cordone ombelicale. Una mamma, sommessamente mi chiede in poche parole come fare a proporre a suo figlio la via del seminario. Bella domanda! Gli ho suggerito di giocare a carte scoperte e di farsi avanti che io sarei arrivato subito dopo a sostenere la causa. Ma le carte erano già scoperte: il figlio non aveva problemi di cordoni ombelicali da recidere, ma palloni di calcio da mollare, per trovarne molti altri – ho aggiunto – visto che in seminario si consumano più scarpe di calcio che matite e biro. Mah, chi lo sa: io a quel ragazzo ci provo a dirglielo, ma chissà a quale categoria di persone appartiene quando si tratta di giungere a una decisione per seguire Gesù Cristo e rispondere alla sua chiamata?