XIV del tempo ordinario C
7 luglio 2019
 
La messe è davvero molta, ma gli operai sono davvero pochi. Come faremo a coprire tutta questa vastità? Occorre pregare il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe, nella speranza che il padrone trovi operai per la sua messe. La speranza di trovare giovani ragazzi che oggi accolgano l'invito del Signore a scendere in campo per portare il suo annuncio di salvezza sembra ridursi ai minimi termini, ma se il detto: "La speranza è l'ultima a morire", possiamo ancora confidare in tempi migliori. Tuttavia per farlo non basta solo la speranza e la preghiera, occorre che gli adulti, le famiglie, i nonni stessi non smettano di essere i primi annunciatori di questo invito che Dio, padrone della messe, rivolge ancora oggi, sperando lui stesso di trovare operai per la sua messe. E noi dobbiamo collaborare con Dio. È difficile nel mondo di oggi proporre la vita sacerdotale e religiosa come stile e ideale di vita, in un mondo nel quale i ragazzi sono letteralmente frastornati da tanti, troppi messaggi che fanno perdere loro l'orientamento e troviamo in questo mondo chi punta a cose troppo elevate, a una carriera assicurata, cercando di sfondare tra le stelle dello sport o di qualsiasi piattaforma virtuale che dia loro rilievo, oppure troviamo chi non sa cosa fare, ma ciò che conta è che si faccia il meno possibile e si guadagni tanto. Quella del "minor sforzo, massima resa" è una mentalità che viene sempre più avanti anche tra i ragazzi di oggi. Quanta fiacchezza vedo, quanta incapacità di prendere in mano la propria vita e farne qualcosa di bello, di grande, di entusiasmante. Come vorrei vedere i ragazzi, ma ancor di più gli adolescenti e i giovani appassionati alla vita oratoriana, sociale, amministrativa. Ma è sempre più faticoso trovarli, forse perché l'avvento della tecnologia li porta a comandare il loro mondo da un cellulare, diventando incapaci di sporcarsi le mani di sudore, di fatica, di responsabilità. Non oso pensare il proporre l'alta vocazione sacerdotale, dove al giorno d'oggi lo sporcarsi le mani è d'obbligo e la vita frenetica del prete è cosa quotidiana. Ma penso che il vero problema non sia solo questo: l'inviato del Signore deve annunciare con la propria vita la bellezza di Dio e nel nostro mondo sono pochi ad accorgersi di questa bellezza, molti preferiscono non entrare in merito perché l'essere cristiano comporta molto impegno. Eppure tutti cercano la bellezza, tutti desiderano la felicità, tutti vorrebbero realizzarsi nella vita. Perché allora cercano i surrogati di felicità, di bellezza e di realizzazione e non vanno direttamente alla fonte? Il preavviso di Gesù sembra valere molto più oggi che allora: Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Ma scuotere la polvere e girare le spalle non serve più come monito; oggi non bisogna mollare. Se vogliamo ancora operai nella messe del Signore, sacerdoti giovani e brillanti per il campo di Dio che è la Chiesa, dobbiamo solo continuare a mostrare la bellezza di Dio e la bellezza di essere suoi figli e seguaci di Cristo Signore. Magari non torneremo come quei discepoli entusiasti perché i demòni si sottomettono a noi, ma del resto anche Gesù ha detto loro che non era la cosa più importante; magari ci rallegreremo perché attraverso la nostra preghiera, la nostra speranza e la nostra testimonianza avremo guadagnato al campo di Dio uno o più operai per la sua messe.