XVIII del tempo ordinario C

4 agosto 2019

Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio: con queste parole il salmista si rivolge a Dio, perché di un cuore saggio ha bisogno l'uomo. Sì, abbiamo bisogno di saggezza che ci aiuti a contare i nostri giorni per smetterla di pensare di essere eterni su questa terra. Il re Salomone, uno dei più grandi saggi esistiti sulla terra, con l’espressione: “Vanità delle vanità: tutto è vanità”, ha espresso bene il concetto che Davide, suo padre, aveva scritto nel salmo. E continua Salomone: “Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!”. Presa così alla lettera questa espressione sembra dirci che non dobbiamo faticare, non dobbiamo impegnarci e possiamo goderci la vita, perché tanto poi tutto passa e tutto viene lasciato ad altri. In realtà cos'altro dice se non: “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”? La fatica su questa terra deve aiutarci a realizzare la nostra natura umana, ma non dobbiamo esserne subordinati. Il lavoro, il guadagno, l'impegno scolastico per i ragazzi e giovani nel loro quotidiano, lo sport e le passionidevono essere in armonia con la vita, ovvero devono portare la nostra esistenza a dare il meglio di sé, a tirar fuori le proprie capacità, a contribuire con lo studio e il lavoro quotidiano al mantenimento e al miglioramento di questa nostra società, tuttavia non devono imprigionare la vita stessa. Giovani ragazzi che studiano troppo ne ho conosciuti e ne vedo pochi, contabili forse sulle dita delle mani, mentre lavoratori instancabili per i quali non c'è un orario di inizio e di fine lavoro, non c'è sabato e domenica, non ci sono ferie o momenti di pausa ce ne sono tanti: ma tutto questo per chi e per cosa? Si realizza forse la vita in questo modo? Si guadagna tanto e si vive nel lusso? Può darsi, ma alla fin fine cosa resta? Conosco famiglie che per l'eccessivo lavoro si sono sfaldate, liti a non finire, a volte anche violenze: eppure il lavoro andava a gonfie vele. Ma cosa vogliamo dalla vita? Essere persone di successo o persone di valore? Per non parlare di quanto ci ha detto il Vangelo: uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». L'eredità, questo grande idolo che accomuna tutti i fratelli fino al momento propizio della morte dei genitori quando bisogna spartirsela; questo grande appuntamento della vita, prima del quale si andava tutti d'accordo e poi non ci si rivolge più la parola, non ci si guarda più in faccia; Pasqua, Natale, feste comandate intorno a untavolo prima, anni e anni senza sentirsi, senza vedersi, senza considerarsi fratelli dopo. Quanti si dicono cristiani e vivono in queste situazioni. Aveva ragione il profeta a chiedere a Dio: Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio; non è per niente fuori luogo il detto: Vanità delle vanità: tutto è vanità. Così come non è un caso che San Paolo ci ammonisca dicendo: Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria e non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo. Di quale vestito parla l'apostolo? Non penso solo al vestito nuovo del battesimo, ma in virtù della vita nuova che il battesimo ci ha donato penso che dobbiamo rivestirci di dignità, quella perduta quando i fratelli non vivono più nella pace solo perché al primo posto non hanno messo l'amore fraterno di cui il Signore ci ha rivestiti, ma il denaro che divide. Perché essere ipocriti e scambiarci il segno della pace nella celebrazione eucaristica? Proviamo per una volta a non obbedire ai rituali liturgici ed evitiamo di scambiarci quel gesto che rischia di essere solo abitudinario: chissà che astenendoci da questo passaggio possiamo accorgerci di ciò che veramente ci manca, ovvero la pace, e possiamo capire che quella non la si compra neanche se si possiede la più grande delle eredità.