Assunzione della Beata Vergine Maria

15 agosto 2019

Nella liturgia della Parola di questa grande solennità dell’Assunzione di Maria in cielotroviamo due donne che corrono: una descritta dal libro dell’Apocalisse, l’altra dall’evangelista Luca nel suo Vangelo. La prima è una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio dall’enorme drago rosso che si era posto davanti alla donna in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. La seconda donna è Maria che in quei giorni, dopo aver ricevuto la notizia che anche la cugina era incinta, si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Perché corrono queste due donne? La donna dell’Apocalisse scappa dal feroce drago, mentre Maria vuole raggiungere in fretta la cugina bisognosa di aiuto. Il passo svelto e celere è lo stesso, ma la motivazione è ben diversa. Nella vita infatti possiamo scappare a gambe levate, come possiamo usare le stesse gambe con la stessa andatura per recarci da qualcuno che ha bisogno del nostro atto di amore. A volte invece queste cose si sommano e scappiamo proprio da chi ha bisogno di un nostro gesto d’amore. Sta di fatto che questi passi così svelti ci devono aiutare a comprendere che nella vita dobbiamo scappare dal male che ci insegue e ci vuole catturare, come avvenne per la donna dell’Apocalisse, mentre dobbiamo affrettarci verso ciò che è bene, come ha fatto Maria, per compiere quei gesti d’amore che fortificano la nostra vita e rendono quella di chi ci sta accanto più bella e meno oppressiva. Ma tutto questo non può avvenire se nel nostro grembo, ovvero nella nostra vita, non portiamo il Figlio di Dio che genera in noi la fede che ci porta ad allontanarci dal male per dirigerci verso ciò che è buono, giusto e santo. Colui che genera in noi la fede e la carità è colui che noi stessi possiamo generare attraverso atti di fede e di carità se il nostro cuore accoglie quel fiume di grazia che l’apocalisse descrive invece come una massa di acqua che travolge e fa annegare. La grazia di Dio, al contrario, ci immerge in questo mare di amore che attraverso la fede ci spinge alla carità e l’una e l’altra ci muovono nella speranza a quella gloria di cui Maria, per singolare privilegio, gode dal giorno della sua morte terrena, perché non poteva conoscere la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita. Ebbene, è per la fede che genera in noi il Signore e lo partorisce attraverso la carità fraterna che siamo spinti dalla speranza ad elevare il nostro sguardo verso la meta eterna preparata a noi da Cristo risorto, quella meta che Maria, assunta in cielo, ha da subito raggiunto e dove ci attende per presentarci al suo Figlio giudice della storia. Affrettiamo dunque i nostri passi su questa terra, perché il nostro slancio verso il cielo sia ancor più energico. Non possiamo infatti camminare su questa terra ricurvi sui nostri piedi, su noi stessi, perché mettendo in atto quella carità che spinse Maria a non pensare solo a sé, ma prima di tutto alla cugina Elisabetta, noi possiamo continuare il nostro pellegrinaggio terreno avendo davanti il traguardo del cielo. La Pasqua di Maria è l’anticipo della nostra Pasqua, perché insieme a lei ci ritroveremo nella gloria dei cieli se su questa terra saremo scappati dal male tentatore e avremo mosso i nostri passi verso coloro che ci stanno accanto, verso coloro che hanno bisogno di noi, di una nostra buona parola, di un buon consiglio, di un gesto rappacificatore, di un segno d’amore che incarni la vicinanza di Dio all’umanità. E allora potremo anche noi cantare con Maria le meraviglie che il Signore ha fatto in noi e lo renderemo grande non solo con le parole, ma soprattutto con i fatti, perché coloro che incontrano noi possano incontrare lui e dire: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome».