XXV del tempo ordinario C

22 settembre 2019

Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Cosa ovvia: un piede in due scarpe non ci entra proprio. A un certo punto bisogna decidere dove andare o da che parte stare. Se vuoi andare a destra non puoi andare a sinistra, se vuoi andare in alto non puoi scendere in basso. Così è per tutti gli uomini: non si può seguire una persona se questa va all’opposto rispetto alla meta scelta; non si può seguire uno stile di vita se questo non rispecchia la propria personalità. Così non si può servire Dio vivendo al suo esatto contrario. Per dirla con le parole di Gesù: non possiamo servire Dio e la ricchezza. Tutti siamo bramosi di guadagno: quando i soldi in banca scarseggiano iniziamo a farci qualche domanda, a vedere dove risparmiare e soprattutto come riguadagnarli. Ma c’è una ricchezza che non è in competizione con il denaro, perché non si può acquistare, ma solo guadagnare col cuore: è la ricchezza del vangelo, è la ricchezza di Dio, è la ricchezza che colma il cuore senza pensare al portafoglio. Al giorno d’oggi ricco è chi possiede molti beni, chi è stato capace di fare affari, chi anche in modo disonesto ha portato a casa molti soldi. Ma come può una persona sentirsi felice? È solo questa la felicità? Felice non è chi ha molto denaro in banca; felice è chi ha la gioia dentro e fino a prova contraria non ho ancora trovato alcun supermercato dove si possa comprare la felicità. Essa non viene da ciò che si possiede, ma da ciò che si vive e paradossalmente da come si dona. Potremo essere ricchi di denaro o di beni materiali, ma se non siamo felici a cosa ci giovano? Il mondo oggi deve riscoprire la vera ricchezza, il mondo di oggi ha bisogno di Dio che mostri cosa vale davvero nella vita. Potremo circondarci di oro o di perle preziose, potremo avere l’automobile più costosa, i vestiti firmati più cari, ma tutto questo aumenta la nostra felicità? I ragazzi cercano visibilità con oggetti di valore, col telefonino di ultima generazione, con le marche di abbigliamento più attraenti: ma questa è la felicità? Bisogna poi mostrarsi importanti nella vita, avere persone sottomesse a sé, avere tanti contatti nel telefono e tante persone che ci approvano: ma questa è la felicità? Fino a quando penseremo che possedere molte ricchezze è sinonimo di felicità e non ci staccheremo da questo concetto non godremomai della felicità. La felicità, che è la vera ricchezza della vita, l’avremo mettendo in pratica la parola del Signore che ci invita a lasciar perdere la ricchezza materiale. L’avremo quando non cercheremo apparenze, ma saremo noi stessi. Avremo la felicità quando siamo contenti delle persone che amiamo e non andremo in cerca di persone che ci fanno sentire importanti. La felicità non è commerciabile, ma diventa un’attrattiva potente che ha il potere di contagiare molti cuori tristi, cupi, chiusi in se stessi. La felicità ha il potere di farci stare bene anche nei momenti della prova. Ricordo le parole del testamento spirituale del Vescovo Vincenzo Savio, bergamasco, che a pochi giorni dalla sua morte dettò queste parole: “Se dovessi solo abbozzare un testamento spirituale, la mia confessione di lode e di richiesta di perdono non finirebbe più e, soprattutto, mi lascerebbe insoddisfatto. Ad ogni buon conto la cosa più importante è dire a tutti che io sono senza misura contento di Dio. Una meraviglia! Una sorpresa continua tale da poter dire a me, con convinzione, che in ogni istante la Sua misura era piena e pigiata”. Queste parole – io sono senza misura contento di Dio – mi sono rimaste scolpite nella mente e nel cuore: come vorrei sentirle sempre più vive in me e come vorrei che tutti i cristiani lo fossero, soprattutto quegli uomini e donne, quei ragazzi e giovani che cercano la felicità altrove e sempre più nella ricchezza materiale e nel successo personale, nell’essere attraenti e nell’apparenza. Come vorrei che tutti fossimo contenti senza misura di Dio, perché passiamo la vita a misurare troppe cose e la misura ci lega a ciò che abbiamo e possediamo. Abbiamo Dio, possediamo Lui: Egli si lascia possedere, Egli si lascia afferrare, Egli ci dona quella felicità senza misura. Se saremo contenti di Dio sarà perché siamo felici di noi stessi e della nostra vita. Questa non è forse la ricchezza che più di tutte cerchiamo?