V del tempo ordinario A

9 febbraio 2020

Suona come un imperativo o come una constatazione ciò che il Signore dice dei suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; voi siete la luce del mondo». Non è un invito ad essere sale e luce, altrimenti avrebbe detto: «Siate sale; siate luce». È un dato di fatto che i discepoli di Gesù sono il sale e la luce del mondo; anzi, il fatto di essere suoi discepoli implica l’essere sale e luce della terra. Solo più avanti si esprime in modo esortativo dicendo: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Ebbene, davanti a queste parole il discepolo di Cristo non può tirarsi indietro, non può trovare scusanti: noi siamo il sale della terra e, come sappiamo, il sale aiuta ad esaltare il gusto dei cibi; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Noi non vogliamo essere discepoli insipidi. Questa immagine è resa bene anche dal nostro dialetto bergamasco: quando infatti si vuole definire una persona apatica, mediocre, indifferente, noi diciamo: «Al sa de negot», alla lettera: Non sa di niente. E questo esprime molto bene ciò che il Signore ci dice: non aver gusto significa vivere in quell’apatia che porta alla mediocrità, all’indifferenza, che porta a condurre una vita senza passioni, senza interessi, senza desideri o speranza. E di persone così, senza sapore, ce ne sono molte. Il cristiano al contrario è chiamato a dare spessore alla propria vita per aiutare a dare sapore anche a chi “non sa di niente”, anche a chi è abituato davanti a tutto e a tutti a scrollarsi le spalle quasi a far cadere a terra ogni preoccupazione, ogni pensiero e addirittura ogni persona e ogni situazione. Nel mondo orientale questo è il raggiungimento del “Nirvana”, quello stato di assenza totale di pensiero e di passione che porta l’uomo ad annichilirsi, cioè a non avere di che preoccuparsi, al raggiungimento della pace dei sensi che fa star bene, visto che, secondo questa filosofia di vita di cui Nietzsche è il più grande pensatore, la vita senza alcun pensiero e senza alcuna passione è una vita serena e realizzata. Le correnti di questo pensiero al giorno d’oggi ci portano anche ad accettare tutto: le canzonette squallide di giovani cantautori (se così si possono chiamare) stanno dicendo ai nostri giovani che il mondo va avanti così, che quello che ci passa per la testa è la cosa più normale e ciò che conta è godersi la vita, anche con tutte le sue contraddizioni. Non importa come conduci la tua esistenza, ciò che conta è che tu faccia ciò che ti piace e tu stia bene. Sono orribili le parole di quelle che non chiamo canzoni, perché la canzone deve portare un messaggio bello e di speranza, queste invece portano solo messaggi vomitevoli di una società che sembra anche difendere queste espressioni come libertà di pensiero. E questi messaggi, guarda caso, sono proprio quelli che arrivano dritti al mondo adolescenziale e giovanile di oggi, che ne beve ogni parola come fosse un cocktail dissetante e sbalorditivo. Altro che essere il sale del mondo, qui siamo arrivati ad un altro elemento organico che non sta bene pronunciare. Eppure ci si indigna, a volte, oppure si cerca di giustificare dicendo che quei messaggi sono un’accusa al mondo di oggi che sta andando verso questa direzione di violenza, di relativismo e di non senso. No, queste sono le parole che dipingono la brutale realtà in cui viviamo e alla quale stiamo consegnando i nostri figli, perché queste sono le parole che vogliono ascoltare, quelle dove si parla di sesso, di droga, di piaceri della vita. E il mercato musicale offre questo, purtroppo. Essere sale della terra significa, oggi più che mai, non limitarsi a protestare perché a certa gente vien dato rilievo, bensì educarci ed educare – sull’esempio di don Bosco – a vivere una vita alla grande, al meglio, rifiutando quei messaggi che circolano e che fanno tendenza; significa opporsi non solo con le parole, ma soprattutto con i fatti, non vietando semplicemente, ma mettendo sale in zucca ai nostri figli da subito e per sempre. Non è questione di meglio o peggio riguardo ai tempi passati rispetto ai presenti; è solo questione di tornare ad essere quel sale che dà sapore alla vita, che dà buon gusto, a costo di andare controcorrente, che è una cosa scomoda per i nostri giovani per la paura di essere isolati e messi da parte. Perché questo avvenga, bisogna che genitori ed educatori tornino, o continuino, ad essere luce del mondo, tenendo ben presente ciò che il Signore ci ha detto, ossia che non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il coperchio, ma sul candelabro, e così faccia luce a tutti quelli che sono nella casa, ovvero ai nostri figli, nipoti, giovani e, perché no, anche agli adulti che con noi condividono la vita. È fragile la fiammella di una candela, basta un piccolo soffio e questa si spegne; ma la sua luce è quanto mai potente se posta in una stanza buia. E qui non è solo questione di stanza, ma di mondo; più sono le fiammelle che splendono, più questo mondo sarà rischiarato e più saranno vinte le tenebre che sembrano avanzare. Come ci dice San Paolo, forse non serviranno discorsi persuasivi, ma una testimonianza vera. Scrive, infatti, l’apostolo: “La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Lasciamo agire in noi la potenza di Dio, il suo Spirito, che anche oggi ci ripete: «Voi siete il sale della terra; voi siete la luce del mondo; risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». E perché questo accada, seguiamo oggi e sempre l’invito, o meglio, il buon comando di Maria che, a Cana, a quelle nozze, disse ai servitori e oggi ripete a noi discepoli: «Fate quello che [Gesù] vi dirà».