V di Quaresima A

29 marzo 2020

 L’amore di Gesù per l’amico Lazzaro lo getta in profonda angoscia quando apprende della sua malattia. Gesù, come noi, sperimenta questo sentimento per il suo carissimo amico, quando gli dicono: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». Un amore profondo di amicizia profonda lega Gesù a Lazzaro e questa relazione così forte porterà Gesù a precipitarsi dal suo amico più caro, malgrado i pericoli che gli apostoli stessi mettono davanti al Signore: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Come non vedere in questa scena tutto l’amore e la dedizione con cui il personale medico e infermieristico e assistenziale di ogni genere combatte il male che ci ha assaliti, forti di una missione che è quella di salvare la vita umana senza guardare in faccia al pericolo e alla morte. Quanta gratitudine e riconoscenza sulle nostre labbra e nei nostri cuori per loro, e ce ne siamo accorti solo adesso che valgono infinitamente di più rispetto a coloro che passano la vita a correre dietro a un pallone pensando che quella sia la più alta realizzazione e la più importante aspirazione, ma chissà se oltre ai ragazzi adesso anche i nostri genitori l’hanno capito e prima di spingere i figli o le figlie ai sogni di carriera sapranno in questo tempo sedersi con loro per far comprendere, se non l’hanno già compreso da soli i figli, che nella vita bisogna aspirare a sogni di gloria ben più grandi. E a proposito di gloria, Gesù, di fronte alla notizia della malattia di Lazzaro disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Quanto vorrei dire due parole dritte dritte a Gesù, anzi: lasciatemelo fare. «Signore, in questo tempo ci è difficile digerire queste tue parole, ci è difficile sentirti dire che questa malattia non è per la morte, ma per la gloria. Non so se te ne sei accorto, ma qui si muore e ogni giorno è una strage. Sì, lo so, capisco che volevi dire che attraverso la malattia e la morte del tuo amico Lazzaro avresti manifestato la gloria di Dio: ecco, adesso fallo anche qui, manifesta tutta la gloria di Dio e, se non possiamo chiederti di ridarci indietro le persone che ci hanno lasciato, sconfiggi almeno per noi questa tremenda epidemia. Forse non tutti riusciremo a vedere la manifestazione della tua gloria, ma credimi che qui molti si stanno convertendo a te, ma non pochi, forse, stanno anche perdendo la fede, perché hanno perso la speranza. Signore, come ti sei precipitato da Lazzaro, riesci a farlo anche con noi? Te lo ha chiesto il Santo Padre, tuo vicario in terra, quando da una piazza San Pietro vuota, ma nella quale era radunato il mondo intero, ha implorato: Signore, non lasciarci in balia della tempesta». Ed ecco, giunto sulla tomba di Lazzaro, Gesù scoppia in pianto. L’immagine del crocifisso miracoloso sul sagrato della basilica vaticana, bagnato dalla pioggia battente, ci è ancora impresso nella mente: quelle lacrime di un’umanità sfinita che scendevano dal cielo, sul volto del Crocefisso diventavano lacrime di dolore, del dolore che Dio prova per ciascuno di noi. E cosa ci chiede Dio in questo momento? Cosa chiede ai genitori, ai ragazzi, ai giovani, alle nostre famiglie, a quegli sposi che avevano già programmato il loro matrimonio e che devono spostarlo, come rimandiamo ogni celebrazione dei sacramenti che avevamo programmato per il prossimo tempo pasquale? Ci ha detto ancora il Papa: “In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: «Convertitevi, ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera”. Sì, come ci ha detto il Santo Padre, davvero questo tempo ci aiuti ad andare in profondità e a capire ciò che conta. È ciò che avviene con Lazzaro, quando per mostrare la gloria e la potenza di Dio, Gesù lo chiama dalle profondità della terra, gridando: «Lazzaro, vieni fuori!». Magari ci dicessero che possiamo anche noi uscire dalle nostre quarantene: chissà che salti di gioia. Ma mentre attendiamo che questo avvenga presto e con gradualità, andiamo non nel profondo della terra, ma nelle profondità del nostro cuore come immergendo un secchio nelle profondità di un pozzo, per tirar su l’acqua buona, quella che ci dona la vita, la vita bella, segnata da cose belle, da valori grandi che – come ci ha detto il Papa – i nostri nonni, genitori, insegnati ed educatori ci aiutano a rivalutare in questo periodo e una delle cose più belle che tiene unita e salda la famiglia è proprio la preghiera. Torniamo a ciò che conta. Forse questo tempo di “quarantesima” ci aiuterà proprio a comprendere, nel profondo del nostro cuore, ciò che è prioritario e ciò che non lo è: magari ritroveremo quella familiarità che avevamo dimenticato, quel rapporto con Dio che avevamo messo da parte, quella solidarietà che non contava; magari, al contrario, perderemo qualcosa o qualcuno, perché ci siamo focalizzati troppo su ciò oggi pensiamo sia importante dimenticando quei rapporti che davamo per scontati esserci o forse sapremo rivalutare quelle relazioni che non credevamo di perdere, ma che stiamo perdendo per indifferenza o per aver dato troppa importanza ad altro o ad altri. Sta di fatto che dovremo calare il secchiello della nostra vita nelle profondità del pozzo del nostro cuore e capire ciò che conta e ciò a cui il Signore vuole ridonare vita.