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Messa di suffragio per tutti i defunti

deceduti per pandemia

15 luglio 2020 

La storia si misura in anni, secoli e millenni, ma anche enumerando questi ponendoli prima (avanti) o dopo Cristo. La nascita di Roma, per esempio, è collocata 753 anni prima di Cristo, mentre la scoperta dell’America 1492 dopo Cristo; la distruzione di Cartagine avviene nel 146 avanti Cristo, mentre la Caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 dopo Cristo; la morte di Giulio Cesare nel 44 prima di Cristo, mentre l’invenzione della stampa nel 1455 dopo Cristo.

Ora la storia sembra stravolta e il tempo viene misurato pre o post Covid. Non dovevamo essere qui, questa sera, ma in oratorio, per celebrare la Messa di ringraziamento per il CRE e invece siamo radunati in questo santo luogo, nella nostra chiesa, per celebrare la Messa di suffragio per i nostri cari defunti che a causa di questa epidemia hanno lasciato questa terra. Sembra proprio che con questa pandemia siamo tornati all’anno 0, punto focale e di non ritorno. Sì, speriamo davvero di non tornare ai momenti più tristi, quando abbiamo pianto sulle bare dei nostri cari defunti, rivolgendoci nel nostro cuore al Signore come hanno fatto le due sorelle, Marta e Maria: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Quante volte questo grido straziante è salito al cielo, mentre noi, impotenti più che mai, ci siamo trovati spiazzati ad assistere a questo orribile scenario.

«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!»: è il grido dell’umanità intera che soffre terribilmente e piange per la perdita di migliaia e migliaia di uomini e donne ed è il grido che noi vogliamo innalzare a Dio quasi a rimproverargli la sua completa assenza sulla faccia di questa terra. Come Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, amici profondi di Gesù, anche noi ci stiamo ancora domandando attoniti e increduli dove sia stato Dio in quel periodo, quando ci sembrava che i nostri cari ci scivolassero di mano e non potevamo tenerli stretti a noi, perché la morte, come una valanga, se li portava via uno dopo l’altro. «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Marta ci è di esempio: non si limita a rimproverare Gesù, ma subito dopo, quasi chiedendogli scusa per lo sfogo, si getta nelle sue braccia con totale fiducia: «Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Non è certo facile ripetere ogni giorno, da buoni cristiani, da buoni figli: «Padre, sia fatta la tua volontà» in una situazione come questa, coscienti che Gesù stesso, nell’ora della prova, nell’orto degli Ulivi, chiese a Dio che se fosse stato possibile potesse passare da lui quel calice, tuttavia – disse – «non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Quanto si vede l’umanità di Gesù! Egli stesso, davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro, scoppia in pianto. Le sue lacrime sono come le nostre, la sua angoscia come la nostra, il suo sconforto come il nostro. Tuttavia non ha mai smesso di fidarsi del Padre e a Lui tornava col desiderio di fare e di comprendere la sua volontà. Anche questo non è facile.

Ma se la morte ci ha strappato persone care, stretti familiari o semplici conoscenti, “chi ci separerà dall’amore di Cristo?”, si chiede l’Apostolo. Che sia questa tribolazione, l’angoscia patita, la morte che come una spada recide i legami più veri? La risposta è chiara: “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore”. Se ciò che ci fa più paura, la morte, può strapparci da questa vita, nessuno potrà mai strapparci dall’amore di Cristo, che per noi e per la nostra salvezza “è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!”. Le parole di Paolo risuonano come un canto di consolazione non solo per le nostre orecchie, ma soprattutto per il nostro cuore. è la consolazione che Dio stesso ci fa sentire, anche se abbiamo avvertito più la sua assenza che la sua presenza; è la consolazione di un Padre che si fa vicino ai propri figli e cura le ferite che la spada della morte ha provocato, versando l’olio della consolazione e il vino della speranza.

Quale speranza? Quella che

le anime dei giusti sono nelle mani di Dio,
nessun tormento li toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero,
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.

Se la morte getta il nostro cuore nell’oblio più oscuro, la fede ci porta a credere che essi ora sono nella pace e più nessun tormento, nessuna malattia, nessuna sciagura potrà attaccarli; la fede ci porta a credere che ora sono liberi da ogni male e che la loro vita, rovinata su questa terra sotto il malefico virus, ora gode della visione beata del paradiso.

Alziamo anche noi lo sguardo al cielo, guardiamo gli angeli che lodano Dio e i santi che si prostrano a Lui e alla nostra amata Madre, la Vergine Maria; guardiamo i loro volti e sono certo che tra un viso e l’altro scorgeremo, senza fatica, il volto dei nostri cari defunti, ora viventi in Dio.

O Signore, come hai gridato: «Lazzaro, vieni fuori!», ora conduci noi e il nostro mondo fuori da questa pandemia. Amen.