XIX del tempo ordinario A

9 agosto 2020

Quando la nostra vita non è sazia di Cristo, pane vivo e vero, rischia di appesantirsi di ciò che non serve, di ciò che è effimero, di ciò che non ha sostanza: desideriamo questo anche per i nostri ragazzi. Ebbene, se non vogliamo appesantire la vita di cose subdole, come il potere, la carriera, la ricchezza, cose tutte che non ci fanno schifo, ma che, anzi, apprezziamo, occorre quanto mai tornare all’essenziale: il Signore.

Se per un attimo pensiamo all’esperienza di Elia, che cerca riparo in quella caverna, vediamo come il Signore potrebbe arrivare a noi; al contrario, lo confonderemo con altro. Infatti, ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare persino le montagne, ma il Signore non era nel vento. Eppure, a noi comuni mortali, ciò che è potente piace: un posto ben in vista, il rombo di un motore esagerato, l’adrenalina che sale in noi e che ci rende forti da spaccare la faccia a chi insulta o si prende gioco di noi, pur di mostrare la nostra forza. A noi questi atteggiamenti piacciono assai; ma il Signore in tutto questo non c’è. Elia, sul monte, assiste al terremoto che devasta tutto. Questo ci fa paura, perché fatremare tutte le nostre certezze, le nostre sicurezze, le nostre convinzioni. Basta una malattia improvvisa, l’epidemia devastatrice, la morte di persone care per farci cadere tutto in testa come un grande terremoto dal quale si ha paura di non rialzarsi più. Eppure il Signore non è in ciò che fa male alla nostra vita, benché Egli stesso ci ricordi sempre di essere pronti, con l’aiuto della fede, ad affrontare le scosse che la vita ci riserva. Ma spesso non lo siamo, perché pensiamo di essere invincibili, inattaccabili, eterni su questa terra. E poi Elia si imbatte nel fuoco, forse causato dal temporale: una luce sfolgorante, che dura pochi secondi e un tuono assordante che incute timore; ma il Signore non era lì, perché Egli non si trova nelle cose che ci abbagliano per un attimo e poi ci lasciano al buio, non è nei fuochi di paglia che creano entusiasmo all’inizio e poi fanno abbandonare l’opera buona iniziata ma mai terminata per l’incostanza che abbiamo dentro. E poi, ecco, il vento leggero: lì Elia trova il Signore, nel suo Spirito che soffia come una brezza leggera, che non spezza niente, non rompe e non brucia, ma sfiora come una carezza data da una mano tesa.

È la mano di Cristo tesa verso Pietro, appesantito dalla smania di potenza, dall’adrenalina di provare esperienze soprannaturali, dall’idea di sfidare persino Dio, oltre che la natura. E affonda nel mare del vuoto, perché non ha capito niente dalla vita: pensava di aver toccato il cielo con dito per sentirsi importante agli occhi degli altri e invece rischia di sprofondare negli abissi. Solo Cristo lo salva da questo vuoto, quello stesso Cristo che gli apostoli avevano visto moltiplicare pane e pesci e dal quale avevano compreso, almeno, che per essere discepoli bisognava moltiplicare se stessi più che il pane e i pesci; quello stesso Cristo che avevano visto ritirarsi in preghiera tutto solo, lontano dalla folla osannante che gli tributava ogni gloria e onore; e, benché Figlio di Dio, preferiva la gloria eterna col Padre che non quella degli uomini che, come un lampo, adesso c’è e subito svanisce; quello stesso Cristo che avevano assistito e dal quale dovevano aver imparato tutto, ma che purtroppo, da quella barca, scambiano per un fantasma. È così: pensiamo di conoscere Cristo, ma quando dobbiamo vivere come lui facciamo fatica a riconoscerlo presente nelle cose più semplici della vita, come Elia riconobbe Dio nella brezza leggera. È così: quando siamo appesantiti dalle cose del mondo, dalla sua mentalità opportunista, dalla ricerca di apparenza, tenteremo noi di sfidare Dio pensando di farcela da soli, ma è proprio in quel momento che sperimentiamo il vuoto in noi e iniziamomo ad affondare, ricordandoci del Signore, che è sempre lì per tenderci la mano e farci riaffiorare dal mare di ciò che non ha senso. Un po’ come avvenne con Pinocchio, che stanco delle buone parole del grillo parlante e dei suoi buoni consigli, gli scagliò addosso un libro per zittirlo, perché la verità era dura da accettare. Ma il grillo morì,stecchito contro il muro. Solo a quel punto Pinocchio comprese l’amicizia col grillo, quel grillo che, benché morto, cominciava a riaffiorare nell’animo di Pinocchio.

E allora «Signore, salvaci!» afferraci, e non esitare a rimproverarci dicendo a ciascuno: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».