Corpus Domini A

4 maggio 2017

 «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore». Quanto sono paterne queste parole che Mosè rivolge al suo popolo. Un popolo che sembrava aver dimenticato Dio e i prodigi che aveva compiuto per liberarlo dalla schiavitù dell'Egitto. Schiavitù iniziata con Giuseppe, figlio di Giacobbe, perché venduto dai suoi fratelli come schiavo, senza rendersi conto che i veri schiavi erano proprio loro, i figli di Giacobbe, che per invidia e gelosia vendettero il proprio fratello. Schiavi del peccato che li ha imprigionati. Ma Dio, guardando all'umiliazione del suo popolo, ha agito con mano potente; eppure, quel popolo, non ha riconosciuto l'amore di Dio. Non è forse questa l'immagine del popolo d'Israele che, non riconoscendo in Gesù il Messia venuto a liberare il suo popolo dalla schiavitù del peccato, lo ha condannato e crocifisso? Non è forse l'immagine di una società, quale è la nostra, che troppo spesso si dimentica di Dio e non lo riconosce vivo e presente nella vita dell'uomo tanto da fare leggi contro la vita stessa, tanto da minare e ledere la vita dell'uomo, tanto da uccidere la sacralità della vita? E non è forse l'immagine della nostra società che per invidia e gelosia sa svendere le relazioni pur di accaparrarsi un posto qualificato che dia importanza al singolo dimenticandosi della comunità? Sono forti a questo riguardo le parole di San Paolo che ai Corinzi scrive: “Il pane che noi spezziamo non è comunione col corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, pur essendo molti, un solo corpo”. Guai a noi se ce lo dimenticassimo, come i figli di Giacobbe si dimenticarono di essere figli dello stesso padre e fratelli tra loro. Guai a noi se perdessimo di vista il nostro riconoscerci comunità che è riunita dall'Eucaristia e che si nutre di questo pane per essere un corpo solo. Guai a noi se non riconoscessimo il Signore presente nel pane spezzato che tutti ci riunisce per essere un cuor solo e un'anima sola. Celebrare la festa del Corpus Domini, portare Cristo per le strade davanti alle nostre comunità, non significa altro che affermare il desiderio che Egli abiti le nostre case, che Egli si spezzi sulle nostre tavole per fare di noi un solo popolo che riconosce in lui il cibo che alimenta la fame d'amore e di unità che il mondo oggi non vuole proprio mostrarci, come un cielo coperto da nere nubi che non lasciano intravedere il sole. Portare Cristo sulle nostre strade sarebbe un sacrilegio se non lo portassimo prima di tutto nel nostro cuore. «Ricordati», disse Mosè al popolo. E il verbo ricordare, alla lettera, significa “portare nel cuore”. Noi siamo di quelli chiamati a portare Cristo nel nostro cuore per «non dimenticare il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile», disse ancora Mosè al suo popolo. E queste parole devono suonare alle nostre orecchie come un monito che ci porta a non dimenticare come Dio, attraverso la morte e risurrezione del suo Figlio, ci ha liberati dalla condizione di schiavitù che il peccato ci ha inferto. Ricordare l'amore di Dio che per noi si è fatto pane, si è fatto nutrimento, ci spinge a riconoscerlo, come i due discepoli ad Emmaus, presente in questo cibo che ci dà la forza per liberarci dalla schiavitù del peccato, dalle schiavitù dell'invidia e della gelosia, dei pensieri che spesso ci portano a discorsi banali e frettolosi anche contro la vita umana stessa; cibo che ci dà la forza di fuggire alla tentazione di sbarazzarci di Dio per giustificare tutto ciò che compiamo anche se contro la vita umana o la vita fraterna, come fece Caino verso suo fratello Abele, anche se non con la stessa atrocità, ma anche solo attraverso parole e atteggiamenti. Ricordiamoci di Dio e del suo amore. Riconosciamolo presente nella nostra vita, nutriamoci di Lui per aver da Lui la forza per portarlo nelle nostre strade, sulle nostre tavole, nelle nostre fraterne relazioni ovunque e con chiunque saremo. Perché anche chi ci incontra possa riconoscere in noi il volto amorevole di Dio.