III di Avvento B

17 dicembre 2017

Tra i sacerdoti e i leviti e Giovanni Battista avviene un botta e risposta circa la sua identità. «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».  È un dialogo insistente che va in profondità, poiché questi inviati dei giudei la vogliono sapere tutta chiara la verità. In questo acceso dialogo Giovanni Battista vuole delineare la sua figura di precursore, chiamato da Dio ad essere quel nuovo Elia che indica il Signore presente nella storia. Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».  È da questo dialogo che salta fuori che Giovanni Battista è il profeta del quale Isaia scrisse: “Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore”. Dentro queste righe ci sta racchiusa la vocazione del profeta, colui che non solo indica il Messia presente nel mondo, ma ne diventa annunciatore e messaggero, messaggero di grazia, di pace, di consolazione. È dentro queste poche righe che si racchiude la vocazione cristiana di uomini e donne chiamati ad annunciare il tempo di grazia che il Signore riserva ai suoi eletti visitandoli con la sua presenza. Ci dimentichiamo troppo spesso di questo ed è per questo che la testimonianza di Giovanni il Battista diventa quanto mai fondamentale nel nostro cammino alla ricerca della nostra vocazione e delle singole chiamate che il Signore riserva per ognuno. La testimonianza è la base per una buona e solida vocazione cristiana e per qualsiasi altra vocazione. È la testimonianza di chi vive una buona vita da discepolo di Cristo che permetterà ai più piccoli e ai più giovani di conoscere Cristo, di affezionarsi a lui e di diventare uno strumento prezioso nelle sue mani. È vero che il Signore sa scrivere diritto anche su righe storte, ma sono sempre più convinto che in quelle case dove si respira aria di Vangelo e dove vi è una solida testimonianza cristiana, anche le diverse vocazioni alla santità in ogni stile di vita non tarderanno a fiorire; ma dove il segno di croce non si sa nemmeno cosa sia, difficilmente potranno fiorire vocazioni sante. Ma dove avviene la testimonianza? Entriamo dunque in una nuova stanza della nostra casa: il salotto. È il luogo privilegiato dove si discute, si chiacchiera, ci si confronta. Accomodati su un comodo divano è il momento per eccellenza dove si ascoltano storie, si raccolgono testimonianze di vita e di fede, si dialoga per tirar fuori dal proprio cuore le cose grandi che il Signore ha seminato. Che bello vedere i nipoti che adagiati su un divano ascoltano i racconti dei nonni, a volte racconti tristi perché riguardano ad esempio il periodo della guerra. Ma la cosa affascinante è la testimonianza dei più anziani che raccontando il loro vissuto insegnano ai più giovani a comprendere quanto sia bella la vita e quanto meriti di essere vissuta bene fino in fondo. Il divano non serve per ripiegarsi sul passato, andando a rimpiangere tempi che non ci sono più, serve piuttosto per fare da trampolino ai tempi futuri, perché non si ricommettano sbagli e si guardi in avanti con speranza. Ma se da una parte è edificante vedere i più giovani in ascolto dei più saggi, dei più anziani, delle storie di una volta per costruire il domani, è tremendamente triste vedere ragazzi che in salotto, sul divano, hanno occhi puntati sul televisore, dimenticandosi di essere parte di una famiglia. È un rischio forte quello di isolarsi, appartarsi, chiudersi nel mondo virtuale della TV o dei videogiochi, degli smartphone o di qualsiasi altro aggeggio che anziché favorire il dialogo lo soffoca e lo interrompe. Abbiamo bisogno di rispolverare i nostri salotti, abbiamo bisogno di riscoprire i nostri divani come luogo del dialogo, perché anche lì il Maestro abita, lì dove si parla di vita, di vocazione, di chiamata alle cose grandi e importanti della vita edificate sul passato, ma proiettate al futuro. È nella capacità di dialogare tra genitori e figli, nonni e nipoti che emerge la nostra fede, data dalla testimonianza, data da parole belle e buone, data da racconti edificanti di vita vissuta nella quale si è incarnato il Vangelo e la semplice fede di tante persone. Riscopriamo il bello dei nostri salotti, riscopriamo la bellezza del dialogo, riscopriamo la bellezza della testimonianza alla fede a alla vocazione.