Natale 2017

Carissimo Bambino di Betlemme,

ricordo che un giorno la maestra mi diede questo compito: descrivi cosa vedi dalla finestra della tua casa. Io prontamente, senza mettermi alla finestra, poiché sapevo bene cosa vedevo, mi misi a descrivere per filo e per segno tutto ciò che la memoria mi suggeriva. Sì, qualche sbirciatina l’ho data giusto per vedere di non aver dimenticato nulla. Ricordo ancora il voto: Bravissimo. Era un successo per me, forse l’unico nei temi di italiano dal primo svolto alle elementari fino a quello precedente la maturità. Oggi purtroppo i voti sono espressi in numeri, come se un bambino, un ragazzo, un giovane valesse quanto un numero, forse perché in questo mondo siamo tanti numeri e ci siamo dimenticati che la vita vale ben più di un numero. Ma ci vuoi ancora tu, Bambino, per farci capire questo, perché venendo ad abitare in mezzo a noi, nella nostra casa, nella nostra esistenza non ci chiedi di descriverti cosa vediamo fuori dalla finestra di casa nostra, come chiese la mia maestra, bensì ci chiedi di guardare dentro alla nostra vita come se guardassimo dentro casa nostra, per vedere il luogo dove tu abiti.

Scusa, Bambino, così immerso in questi ricordi e considerazioni mi stavo dimenticando di te. Entra pure, vieni, ti stavamo aspettando. Stavamo giusto all’ingresso di casa per aprirti la porta al tuo arrivo, ma il ricordo del tema e della maestra mi ha fatto per un attimo vagare nel tempo. Stavamo giusto aspettandoti sulla porta di casa, perché è lì che si aspetta l’arrivo delle persone care, è lì che le mamme stanno ad attendere l’arrivo dei figli, anche a notte fonda, come questa, è lì che si scalpita attenti al minimo rumore per gioire dell’arrivo di chi amiamo. Sì, Bambino, occorre avere l’occhio vigile e l’orecchio fine, ma soprattutto un cuore attento per udire la venuta di una o più persone che portiamo nel cuore. Speriamo che questo avvenga anche con te, speriamo proprio che il nostro cuore sia stato attento al tuo arrivo e non si sia assopito in tante, troppe cose esteriori che ci hanno fatto perdere di vista il tuo arrivo.

Vieni pure Bambino, ti porto nella mia camera da letto, così lì la tua mamma, la tua dolce e tenera mamma potrà cambiarti. Dovrà cambiarti quei panni poveri che indossi, come ogni mamma cambia i vestitini ai propri figli, ormai alla moda e adatti non solo ad ogni stagione, ma addirittura ad ogni evenienza. Sì, sui vestiti oggi siamo un po’ esagerati fin dal primo minuto di vita. Sdraiati, Bambino, sul mio letto, lascia pure che tua mamma ti cambi e, mentre osservo questo tenero e amorevole gesto, ti confido che anche noi dobbiamo cambiare, ma  non i vestiti: il cuore. Vedi, tenerissimo Bambino, non siamo più disponibili a lasciarci cambiare in profondità, dovremmo invece essere più disponibili nei tuoi confronti. Tu sei il Maestro e noi i tuoi discepoli, anche se a volte vorremmo che fosse il contrario. Abbiamo la pretesa di insegnare a te i valori della vita, abbiamo l’orgoglio di sapere già cosa Dio abbia scelto per noi e cosa abbia in testa per i nostri figli e nipoti, abbiamo il coraggio di dire, soprattutto quando siamo adolescenti o giovani, che tu non ci servi, che la tua chiamata a una vita santa e spesa bene non ci interessa, perché alla nostra vita ci pensiamo noi. Bambino, perdona la nostra arroganza, aiutaci piuttosto ad essere sempre più e sempre meglio disponibili a cambiare e disponibili ad accettare quelle grandi cose alle qualici chiami nella vita di tutti i giorni e nel domani che ci aspetta fuori casa.

Su, vieni, andiamo in salotto a scambiare qualche parola. Dai, accomodati pure sul divano: è comodo. Dimmi Bambino: perché hai voluto essere qui nella mia casa? Dimmi perché Dio ha voluto farsi carne, dimmi perché hai voluto abitare in mezzo a noi.

Carissimo uomo,

io, il tuo Dio, mi sono fatto Bambino perché il tuo cuore si aprisse di più a me e tu, prendendoti cura di me, potessi portarmi al tuo cuore, come fa ogni brava mamma e ogni bravo papà, potessi assorbire quella Parola che stai tenendo tra le braccia, una parola vera, una parola giusta, una parola buona. Una parola, la mia, che sola può indirizzarti a fare scelte giuste nella vita, che sola può aiutarti a tirar fuori dal tuo cuore ciò che Dio, mio Padre, ha seminato in te fin dal tuo concepimento, per donarti la forza di diventare un uomo vero, una donna forte, uomini che con passione vivono la vita, scelgono la strada da seguire, si mettono in profonda discussione e mi invocano, perché oggi e sempre, io possa indicare la direzione giusta da prendere, la scelta giusta da fare, il cammino buono da intraprendere. Ti prego, uomo, non aver paura di me, non spaventarti se ti chiamo a cose grandi per il bene tuo e dell’umanità, non soffocare questi germi di vocazione che il Padre desidera far crescere in te. Non aver paura di vivere alla grande, di puntare in alto, non aver paura di fare scelte controcorrente, non aver paura a dialogare con i tuoi figli, con i tuoi genitori, con i tuoi educatori, con chi ti vuole bene e desidera dar voce a Dio per aiutarti a crescere. Uomo, non aver paura di me, tuo Dio, e accogli la mia novità: credimi, ti sorprenderà. 

A proposito di accoglienza, sai, Bambino, non ti nascondo che è difficile accogliere la tua chiamata, perché il mondo di oggi ci prospetta tutt’altro. Fare scelte controcorrente è da persone che non valgono niente, che non sanno stare al passo con la massa, che si isolano perché non sanno cosa fare. Ma ti dirò che hai ragione. Ma, scusa, vieni, accomodiamoci al tavolo in cucina, è pronta la cena. Ma cosa fai Bambino? Sono io che accolgo te nella mia casa: perché, perché passi tu a servirmi? … Sì, mentre ti osservo, capisco. Sei nato a Betlemme, che significa “Casa del pane”, in una mangiatoia, là dove si pone il cibo per il bue e l’asinello, perché tu stesso diventerai nostro cibo, su un altro tavolo, in questa Cena, ti farai pane per la vita eterna, pane che ci nutre e ci sostiene in questo faticoso cammino della vita, fatto di dubbi, di scelte, di domande. Bambino, scusa, non avevo capito. Ti sei fatto uomo e tra l’uomo sei venuto ad abitare per stare sempre con noi, per non lasciarci più, per accompagnarci sempre in questa vita, soprattutto fra i dubbi, nelle scelte e per dare un senso e una risposta alle nostre domande. Che questa Cena, in questa casa che è la mia vita, non finisca mai. Resta sempre qui Bambino, resta sempre nella mia vita e nella vita di tutti gli uomini. Resta nella vita dei giovani e dei ragazzi, perché accogliendoti nel loro cuore sappiano lasciarsi guidare dalla tua voce, dal tuo Spirito. Resta nel cuore degli adulti, per suggerire loro le scelte da fare e quelle da suggerire a loro volta ai più giovani. Resta con noi Signore, resta con noi.

Sai Bambino, da noi quando si entra in casa, dopo una giornata impegnativa, magari dopo essere stati fuori al freddo e al gelo, come è questa notte, quando si varca la porta di casa si tira un sospiro di sollievo e si dice: “Casa, dolce casa”. Bambino, tiralo anche tu questo sospiro e sentiti davvero a casa tua. Abita in noi e non lasciarci più.

Buon Natale, Bambino.