Epifania 

6 gennaio 2018

Entrati nella casa, i Magi, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Sì, perché non basta sentir parlare di questo Bambino, occorre vederlo per credere in Lui. Non solo: per vederlo occorre entrare nella sua casa. Così hanno fatto i Magi: dopo essersi accuratamente informati di lui hanno seguito la stella che li ha condotti alla sua casa ed entrati lo adorarono. Entrare non è un verbo facile, men che meno un’azione facile. A volte serve attenzione. Penso a quelle case dove tutto splende, nelle quali il pavimento sembra lastricato d'oro zecchino o di marmi pregiati e allora ogni minimo passo deve essere ben misurato per non sporcare o non rigare quel prezioso pavimento. A volte poi si è addirittura invitati a togliere le scarpe: che imbarazzo. Le scarpe ce le togliamo quando ci sentiamo a nostro agio, quando ci sentiamo a casa nostra, non quando veniamo invitati a toglierle in casa di altri per non rovinare il pavimento. I Magi hanno qualcosa da insegnarci a riguardo: sono entrati senza troppo imbarazzo, non sono stati a guardare il pavimento se fosse lastricato d'oro o di marmi pregiati; ciò che contava era adorare quel Bambino. Così anche noi dovremmo entrare in casa di altri non con l'imbarazzo di non saper dove appoggiare i piedi, ma con la gioia di incontrare persone care, con l'affetto di passare del tempo insieme, con il desiderio di donarsi reciprocamente. Questo vale ben più dell'oro e questo rende ogni angolo della casa caldo più di un pavimento di marmo freddo o di oro scintillante. L'oro donato dai Magi è segno di regalità. Riconosciamo dunque nel Signore il nostro re, il cui regno è fondato sul rispetto e non sulla prepotenza, sul dialogo e non sulla superbia, sulla pace e non sulle guerre che anche noi facciamo rendendo i nostri cuori più freddi di un pavimento ghiacciato. Pensiamo poi che entrare in una casa a volte serve un po' di coraggio, là soprattutto dove si è coscienti di incontrare dolore e sofferenza. Subito ci si chiede: cosa dirò adesso, cosa mi racconteranno, cosa risponderò? I Magi ci insegnano che per entrare in una casa non serve porsi troppe domande, ma entrare e basta. Essi sono entrati e, prostrati, hanno adorato il Bambino. Quando entriamo in una casa, là soprattutto dove sappiamo di incontrare dolore e sofferenza, serve solo porsi al fianco delle persone e far loro compagnia. Occorre aprire lo scrigno del nostro cuore e offrire loro non la mirra, ma un po' del nostro tempo prezioso, che sarà ben più prezioso di quella mirra che simbolicamente anticipava la sofferenza e la morte in croce del Figlio di Dio. In una casa a volte si entra con sguardi indiscreti e olfatto aperto. Vogliamo curiosare ogni piccolo dettaglio, annusare ogni odore, come a giudicare le persone da ciò che hanno in casa e dall'aroma piacevole o sgradevole che la caratterizza. I Magi non hanno avuto queste preoccupazioni: sono entrati, hanno adorato quel Bambino e gli hanno offerto i loro doni. Non si sono guardati in giro se la casa odorasse di buono o se era tutto in ordine; così anche noi l'unico profumo che dobbiamo sentire in ogni casa è quello dell'amore, della serenità, della tranquillità che è ben più prezioso di quel profumo di incenso che sprigionava dal quella teca offerta al Signore. A lui hanno offerto l'incenso perché l'hanno riconosciuto come Dio, noi assaporiamo il buon profumo di Dio nelle nostre case, perché dove c'è amore, lì c'è Dio. Entriamo allora nella casa del Signore e con nostra meraviglia scopriremo che è lui ad abitare la nostra casa, la nostra vita e se siamo pronti a presentargli oro, mirra e incenso, stiamo sicuri che gradirà molto di più l'amore, l'affetto, la concordia, la pace e la serenità che desidera trovare nelle nostre case. E desidererà assai di più il nostro cuore offerto a lui perché possa compierne una meraviglia, secondo il suo progetto, il suo disegno, la sua chiamata. E quel pavimento, che è il nostro cuore, non sarà dorato da mani d’uomo, ma sarà lastricato da lui che lo ha reso prezioso con la sua visita, così come impreziosisce il nostro cuore quando ce lo lasciamo lastricare dalla sua presenza che vale ben più di tutto l'oro di questo mondo. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo avesse in cuor suo anche solo un segno visibile di Dio, avesse in cuor suo un segno di Dio quale è ogni santa vocazione alla quale lui ci chiama. E così calpestando un po’ di quell’oro che è la vita, la nostra vocazione, portiamone ovunque uscendo di casa, incontrando amici, familiari e parenti. Possano davvero vedere in noi un piccolo segno luminoso e prezioso di Dio, perché di Dio ci siamo fidati. E quando gli chiederemo: Maestro, dicci allora dove abiti, stiamo certi che ci risponderà: Io abito nel vostro cuore.