II di Quaresima B

25 febbraio 2018

Motori in azione, eliche a tutta velocità e via! Ci si stacca da terra per elevarsi verso l’alto monte. Solo attraverso un elicottero, mezzo di trasporto ultraleggero, questo movimento può avvenire. E in un batter d’occhio ci si ritrova ad alte quote per atterrare in cima ad una montagna, fuori dal mondo, nella pace più assoluta. È la stessa esperienza fatta da Pietro, Giacomo e Giovanni, portati da Gesù su un alto monte, non di certo con l’utilizzo di un mezzo di trasporto dei nostri giorni, ma pur sempre su un’alta montagna perché potessero assistere a un fatto mai udito: la trasfigurazione. Ciò che hanno fatto con le loro gambe e attraverso i loro piedi, ciò che oggi possiamo fare con l’aiuto di un elicottero, anche la nostra vita spirituale può farlo: il nostro cuore può elevarsi in alto, se lo desideriamo, così come il nostro spirito. Non diciamo forse nel Prefazio della Messa: “In alto i nostri cuori”, rispondendo: “Sono rivolti al Signore”? Effettivamente se nella vita vogliamo comprendere sempre più e sempre meglio il disegno di Dio sulla nostra vita, occorre accogliere l’invito del Signore, rivolto sicuramente anche ai tre apostoli: «Venite e vedete il monte». Non possiamo restare a valle, immersi nel caos di tutti i giorni, nelle preoccupazioni che assillano il nostro cuore e le nostre orecchie riempiendole di un’infinità di parole, a volte piacevoli, a volte sgradevoli, a volte buone, altre volte cattive. Proviamo a pensare quante parole pronunciamo in una giornata e quanto tempo ci occupano; d’altro canto proviamo a pensare quanto tempo dedichiamo al silenzio e alla meditazione, all’ascolto della Parola di Dio e alla riflessione personale. E questa questione non deve passarci sopra la testa come un elicottero da soccorso, da lavoro o un qualsiasi velivolo che ci passa a centinaia di metri sopra le nostre case. Prendiamo in esame l’episodio della trasfigurazione: l’apice, la vetta di tutto è il Padre che fa udire la sua voce e dice: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». L’unica cosa che il Padre ci chiede e ci impone è quella di metterci in ascolto del Figlio. Non si mette a fare troppi discorsi, non ci presenta il curriculum di Gesù Cristo: ci dice solo che è suo Figlio e proprio per questo dobbiamo ascoltarlo. Ma per fare questo occorre davvero elevare il nostro spirito, occorre, come su un elicottero, staccarci da terra per innalzare e rivolgere a lui il nostro cuore. Occorre abbandonare le  nostre fissazioni, occorre far tacere le nostre paure, occorre trovare momenti di silenzio per stare a tu per tu con il Signore, soprattutto nella preghiera personale e nell’adorazione eucaristica. Solo così, nel silenzio, ci sembrerà di esserci elevati su un alto monte, luogo privilegiato per il dialogo con il Signore. È in questo luogo che lui parla al nostro cuore, attraverso la sua Parola, rappresentata da Mosè ed Elìa; egli indirizza la nostra esistenza, indirizza la nostra rotta, e anche tra le nuvole e le nebbie che la vita ci riserva, la sua Parola sarà splendida come il sole, dandoci così la possibilità e la capacità di atterrare su terra sicura, su una roccia salda. È ciò che chiediamo per noi, per le scelte di vita che ogni giorno siamo chiamati a fare, per le scelte verso cui indirizziamo i nostri ragazzi. Atterrare su una terra consistente, quale è la Parola di Dio, diventa una certezza che la nostra vita non vada persa. Dobbiamo anche sottolineare una differenza che c’è tra un aereo e l’elicottero: il primo per decollare ha bisogno di spazio per prendere velocità  e compiere qualche centinaia di metri prima di staccarsi da terra, così come per arrivare ad alta quota deve compiere una rotta di non pochi chilometri; l’elicottero invece staccandosi da terra immediatamente raggiunge la quota in pochi secondi.  Così deve essere il nostro spirito: senza prendere troppo tempo, senza allungare troppo la misura, subito deve elevarsi al Signore, per stare rivolto a lui e ascoltare la sua voce che indirizza il viaggio di ciascuno. Nessuno sa dove porta la vita, nessuno è capace di stabilire per certo il proprio domani e quello dei propri figli, ma sostenuti dalla Parola del Signore, ciò che ci sta davanti sarà meno offuscato. La fede infatti ci porta a fidarci totalmente di quel pilota speciale che è il Signore. Con lui siamo al sicuro e nessuna perturbazione può far cessare il nostro viaggio, verso quel monte sul quale stare alla presenza del Signore, per caricare il nostro spirito, per udire la voce del Signore, per avere in noi gli stessi sentimenti che furono nei discepoli, i quali meravigliati esclamarono: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». E una volta tornati a valle, nella vita di tutti i giorni, stiamo certi che la direzione da prendere sarà quella buona, quella che ci ha indicato il Signore, quella che avremo udito da lui sul monte, dopo essere stati cuore a cuore con lui lontano da preoccupazioni e dal caos, anche di valori, che il mondo ci prospetta a destra e a sinistra, pronti ad intraprendere un nuovo viaggio, verso nuove mete da esplorare.