XVIII del tempo ordinario B

5 agosto 2018

È accorato l’appello di Paolo: “Vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri”. E come dobbiamo comportarci? Lui stesso ce lo raccomanda, invitandoci ad abbandonare l’uomo vecchio, che si corrompe, per rivestirci dell’uomo nuovo, Cristo Gesù. Corruzione e incorruzione: altro binomio sul quale si fonda la parola che il Signore ci regala in questa domenica, continuando a parlarci del pane. Pane che si corrompe e pane che non si corrompe. L’uomo pagano, che vive secondo le passioni e gli impulsi del corpo seguirà la via corruttibile; il cristiano, invece, quella incorruttibile. Il libro dell’Esodo ci presenta quel pane che il Signore manda dal cielo per il suo popolo in rivolta, un pane che oggi c’è e domani si corrompe. Il popolo di Israele, sfinito per il lungo cammino nel deserto per raggiungere la terra promessa, si rivolge a Mosè e ad Aronne con grande mormorazione, quasi non avesse più rispetto per Dio che li ha fatti passare dalla schiavitù alla libertà. “Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine»”. Il pane della schiavitù tornava alla loro mente come il pane della sazietà, il pane che li faceva stare bene. Gli israeliti sarebbero disposti a tornare sotto il dominio egiziano pur di mangiare pane e ogni altro alimento. Questo ci permette di capire quanto l’uomo di allora, come di oggi, sia disposto a tutto pur di non rinunciare al suo stomaco. Sembra che il metro di misura della vita si basi sul cibo che entra dalla bocca e alimenta il corpo. Certamente nessuno disdegna il cibo, tuttavia il nostro modo di mangiare denota chi siamo e ciò a cui teniamo nella vita. Mi chiedo allora: se cerchiamo con bramosia il pane che perisce, desideriamo ardentemente anche quello che dura per la vita eterna? Se nel vecchio testamento troviamo l’antico popolo dell’alleanza che vive del cibo che si corrompe, Gesù nel nuovo testamento ci presenta un nuovo pane, incorruttibile, che porta all’immortalità. Se il pane materiale ci sfama, ma non ci rende immuni dalla morte terrena, il pane che il Signore Gesù ci offre non ci preserva dalla morte fisica, ma ci garantisce la vita immortale, incorruttibile. Egli stesso, a coloro che l’avevano seguito per opportunità, dopo essere stati testimoni oculari del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e dopo essere stati sfamati gratuitamente, dice: «In verità, in verità io vi dico: non è Mose che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Di fronte a quest’ultima affermazione, anche noi, come quegli pseudo-seguaci, diremmo: «Signore, dacci sempre questo pane». Ma di quale pane si tratta? A quale pane si riferiscono? A quello che il Signore ha moltiplicato per loro sfamando il corpo, ma non lo spirito, o a quello che il Signore dona a noi e che sfama non il corpo, ma lo spirito. È bella l’immagine con cui il Vangelo si apre, dopo l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci: quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?». La folla cerca Gesù e ancora una volta possiamo sottolinearlo: lo cerca per opportunità, ma lo cerca. Il Signore stesso non ha peli sulla lingua e questo fatto lo ribadisce alla folla non attraverso raggiri di parole, ma schiettamente. Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà». E noi, che cosa cerchiamo? Cerchiamo il Signore perché ci sfami gratis, perché sistemi la nostra vita, perché sollevi il nostro conto in banca, perché faccia andare a gonfie vele i nostri progetti, oppure lo cerchiamo perché il nostro cuore ha bisogno di lui, la nostra esistenza con lui ha un altro spessore, perché se la vita non va a gonfie vele ci può sostenere negli imprevisti e nelle avversità? Lo cerchiamo solo quando siamo con l’acqua alla gola e poi ce ne dimentichiamo o lo cerchiamo ogni giorno, sfamandoci ogni domenica di Lui, pane vivo, perché comprendiamo bene che senza di lui la nostra vita perderebbe senso, il nostro uomo vecchio sarebbe solo legato alle passioni della carne, mentre con lui ogni progetto, ogni aspetto, ogni desiderio ha una marcia in più, quella verso il cielo? Come non chiedere al Signore ciò che la liturgia ci fa pregare: O Dio, che affidi al lavoro dell'uomo le immense risorse del creato, fa' che non manchi mai il pane sulla mensa di ciascuno dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola, perché possiamo saziare la fame di verità che hai posto nel nostro cuore. Amen.