V di Pasqua C

19 maggio 2019

Domenica della Confermazione

Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede, «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. Testimoniare il Signore Risorto non è certamente come raccontare una favola. Paolo sa bene cosa significa. Egli era stato tra i primi persecutori della Chiesa approvando l’uccisione di Stefano. Ma il Signore ha toccato il suo cuore, lo aveva reso cieco alle cose di questo mondo e al suo modo di essere un fervente difensore dell’antica dottrina, per aprire i suoi occhi al Vangelo e inviandolo così come annunciatore instancabile della Buona notizia, del comandamento nuovo che Egli aveva lasciato proprio nella notte in cui veniva tradito dai suoi amici più cari, coloro che lui stesso aveva scelto e costituito apostoli. E qual è il comandamento nuovo che il Signore ha lasciato a Pietro e agli altri? Dice Gesù ai suoi: «Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Scrive sant’Agostino: “Questo comandamento non esisteva già nell'antica legge del Signore, che prescrive: «Amerai il tuo prossimo come te stesso»? (Lv 19, 18). Perché allora il Signore dice nuovo un comandamento che sembra essere tanto antico? È forse un comandamento nuovo perché ci spoglia dell'uomo vecchio per rivestirci del nuovo? Certo. Rende nuovo chi gli dà ascolto o meglio chi gli si mostra obbediente. Ma l'amore che rigenera non è quello puramente umano. È quello che il Signore contraddistingue e qualifica con le parole: «Come io vi ho amati»”. Ecco qual è la novità: non si tratta di amarci a vicenda semplicemente, ma di amarci come lui ha amato noi. Amarsi non significa solo volersi bene e andar d’accordo, ma donare la vita per la persona amata, come ha fatto Gesù per noi. Per questo Gesù dopo aver dato ai suoi il nuovo comandamento dell’amore aggiunge: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Non dice infatti «se vi vorrete bene e andrete d’accordo», ma «sarete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri». L’amore è quel sentimento che porta a donarsi senza riserve, come una madre e un padre per un figlio, come l’amato per l’amata e viceversa. Ma è anche il sentimento del discepolo che, grato per l’amore ricevuto dal Signore, non teme di ricambiare questo amore con la sua testimonianza, anche se nel mondo di oggi la testimonianza cristiana sembra suonare in modo stonato. Paolo sa bene cosa significhi essere perseguitati a motivo della fede e proprio per questo conforta e conferma nella fede stessa i primi cristiani, perché non vengano meno nella loro testimonianza. In questa domenica pasquale nella quale abbiamo un particolare ricordo per il sacramento della Confermazione, la testimonianza di Paolo ci viene incontro. Egli conferma nella fede i cristiani e li esorta a non temere le persecuzioni. E una volta ricongiunto con Pietro e gli altri apostoli, annuncia loro quanto Dio ha operato in lui e in Barnaba, suo fedele compagno. Il sacramento della Cresima altro non è che il sigillo che il Signore pone su di noi attraverso lo Spirito Santo confermando in noi il dono della fede, quella stessa fede che tutti siamo chiamati a testimoniare con la nostra stessa vita. È difficile, in un mondo come il nostro, ma è possibile. Questa è un’esortazione che vogliamo rivolgere in particolare ai ragazzi che ricevono in questa domenica il grande dono che lo Spirito Santo regala a loro, perché non si lascino intimidire da nulla e da nessuno, non si sentano fuori posto se seguono Cristo e la chiamata che rivolge loro a seguirlo nelle diverse vocazioni e in quella sacerdotale e religiosa. Sarà più facile per loro seguire la moda di oggi, il linguaggio moderno e gli stili blandi di vita: sappiano invece inseguire i grandi sogni che Dio ha su di loro, sogni concreti di felicità concreta e non effimera. La moda, la carriera, i soldi, l’apparenza fisica, il sentirsi apprezzati e capaci di sfondare in questo mondo non sono la felicità. Solo Dio sa donare la vera felicità se ogni uomo sa seguire il suo progetto. Forse i compagni e gli amici vedendoli appassionati testimoni di Cristo nella vita della Chiesa e in uno stile di vita cristiano potranno prenderli in giro, escluderli, metterli da parte: non importa, perché non si possono definire amici coloro che non accettano la testimonianza cristiana e non si lasciano guidare dal buon esempio di chi vive da cristiano. Testimoniare Cristo è compito di genitori, padrini e madrine, come del resto dell’intera comunità: se davvero la nostra comunità è intrisa del comandamento dell’amore di Cristo, amiamoci veramente testimoniando senza paura la nostra fede, aiutando i ragazzi a crescere secondo lo Spirito, stando loro accanto per comprendere la loro vera vocazione e non quella che pensiamo noi adulti per loro, ma che Dio ha pensato per loro, per il loro bene e per la loro felicità. Se l’amore di Cristo abita in noi, amiamo Cristo nella sua Chiesa e amiamolo intensamente nel fare ogni bene per i nostri ragazzi; guidati dallo Spirito che sempre agisce in coloro che da lui si lasciano guidare, saranno a loro volta veri pescatori di uomini.