Pentecoste C

9 giugno 2019

Il proverbio: “Con i se e con i ma, la storia non si fa” è certamente vero; la realtà non si basa su condizionali o dubbi, ma quello che il Signore ci dice è una condizione ben precisa: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti». Come sarebbe possibile dichiarare di amare una persona e non tenere in considerazione una minima parola o ignorarla completamente? Ma c’è un altro particolare che non possiamo trascurare: Gesù non ci parla di insegnamenti, di consigli, di istruzioni per essere cristiani; Egli ci dice chiaramente che le sue parole sono comandamenti e pertanto vanno rispettati. Sembra dirci che le sue parole non sono vaghe, ma devono essere messe in pratica senza “se” e senza “ma”. Ogni comando va rispettato per quello che ordina, quindi se davvero ci diciamo cristiani non possiamo esimerci dal mettere in pratica la sua parola; se amiamo Gesù Cristo non possiamo prendere le sue parole come un semplice insegnamento da mettere in pratica se ci fa comodo o se ne sentiamo il bisogno. Le sue parole non sono medicine per il corpo prescritte dal medico che il malato può scegliere se assumere oppure evitare. Sono però medicine che dobbiamo prendere se vogliamo mantenere il nostro cuore, la nostra vita, la nostra esistenza bella come bella è la Parola che egli ci comanda di mettere in pratica se vogliamo davvero essere felici. E qual è la ricetta? Ce lo dice lui stesso, quando aggiunge: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre». Sappiamo bene che il Paràclito è lo Spirito Santo che il Padre ha effuso sugli apostoli in questo giorno di Pentecoste e che effonde su noi per difenderci dal male. Il Paràclito, che significa avvocato, difensore, viene in nostro aiuto e non solo ci dà la forza per mettere in pratica la legge del Signore, ma ci rende saldi nella fede e capaci di difenderci dagli attacchi del Maligno. Ma quali sono questi attacchi da cui il Signore vuole difenderci? Innanzitutto la mania di protagonismo e di onnipotenza: pretendiamo di vivere senza Dio e di arrangiarci da soli a condurre la nostra vita; pensiamo già di aver fatto le nostre scelte e non abbiamo bisogno di un Dio che ci dica cosa fare e come agire; conosciamo già la rotta da prendere, o almeno pensiamo di conoscerla: che bisogno abbiamo di sentire in noi chi ci suggerisce da che parte andare? Un’altra malattia è il delirio per il successo: questo avviene nei ragazzi e nei giovani che hanno già scelto la strada della loro vita, puntando alla carriera illuminati dalle stelle della televisione, pensando di diventare i campioni del mondo, magari senza pensare che tutto sommato la vita che conducono in un paesino di montagna come il nostro sia bella e felice e che proprio qui possano trovare la vera gioia e la vera felicità che soddisfa non la fame di successo, ma la bellezza di una semplice vita. Tutto questo si ritorce anche in quei genitori che, presi dalla foga per la riuscita dei loro figli e figlie, non vedono altro che grandi trionfi senza alternative, perché insieme ai figli diventeranno famosi anche loro. Cari ragazzi, non cercate il successo e la carriera, cercate la vera felicità. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo e difendere da lui che è il Paràclito. Non cercate le grandi trasferte per diventare qualcuno, ma lasciatevi prendere per mano dallo Spirito che saprà condurvi alla vera realizzazione della vita. Non cercate il successo, ma mantenetevi per ciò che siete. Un giorno vidi un prete, un bravo prete, che guardando negli occhi un giovanotto, un bravo giovanotto, gli disse: «Mantieniti come sei»; non so se quel giovanotto abbia fatto tesoro di quelle parole, ma io chiedo al Signore che possa essere così per lui e per tutti i nostri ragazzi. Cari genitori, non cerchiamo per i nostri figli cose eccelse, ma preghiamo lo Spirito che sia lui a mostrare loro la via migliore, la giusta vocazione e dia loro la forza di rispondere a Lui, più che alla mentalità del mondo. Guardiamo ai quegli squinternati pescatori di Galilea: avevano lavoro, soldi, famiglia, eppure è bastato l’incontro con il Signore per lasciare tutto e seguire il Maestro. Non capivano ancora bene a cosa li avesse chiamati promettendo loro di farli diventare pescatori di uomini, ma essi ci hanno provato: dopo aver faticato tutta la notte, fidandosi della sua parola presero ancora il largo, gettarono le reti e il miracolo era fatto. Ma il vero miracolo però non fu la pesca straordinaria, ma la sequela che da quel momento li caratterizzò e cambiò in meglio la loro vita. E allora, cari ragazzi, cari giovani, lasciatevi incontrare da Cristo, lasciatevi sconvolgere i piani da Cristo e la felicità non sarà fondata su un  “se” o su un “ma”, ma su Cristo, nostra gioia, che vi chiama a seguirlo per rendervi felici. E se vi chiamerà alla vita sacerdotale o religiosa siate pronti a dirgli il vostro “Sì” per il bene e la vita della sua e nostra Chiesa o state ancora titubando pensando più a cosa pensano gli altri anziché accogliere questo dono immenso e bellissimo che è il sacerdozio? Ma qui, in queste nostre comunità, c’è qualche ragazzo o giovanotto pronto a rispondere alla chiamata sacerdotale o religiosa?