XXVIII del tempo ordinario C

Anniversario della Dedicazione

della chiesa parrocchiale

Inizio dell’anno pastorale

13 ottobre 2019 

Anche noi come Naaman, il Siro, siamo stati immersi nelle acque del nuovo Giordano. Anche noi come Naaman, il Siro, siamo stati immersi nelle acque del Battesimo per essere risanati dalla lebbra del peccato e per divenire nuove creature. Essere immersi nelle acque significa infatti morire al peccato per rinascere a vita nuova. Così l’apostolo Paolo ce lo ribadisce: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo. Anche noisiamo immersi nella morte di Cristo per risorgere con lui a vita nuova; nella fede del battesimo perseveriamo, per regnare con lui in eterno. Dobbiamo alimentare questa fede attraverso la partecipazione ai sacramenti, all’Eucaristia domenicale, così dimenticata da molti cristiani del nostro tempo. Solo attingendo dal Signore risorto questa forza, noi potremo perseverare nella fede dei figli di Dio e solo nutrendoci di Lui la nostra fede non vacillerà. Perseveriamo con costanza nella fede e la nostra esistenza avrà un sapore sempre nuovo: non ci fermeremo davanti ai mali del mondo, davanti al peccato che come lebbra ci consuma, ma lo vinceremo, lo sconfiggeremo, perché il Signore è con noi. L’Eucaristia, che significa rendimento di grazie, ci permette non solo di alimentarci di Cristo, pane vivo e santo, ma di tornare da lui per rendergli grazie, come ha fatto il Samaritano guarito. Torniamo dal Signore Dio però non come estranei – come lo era quel Samaritano – ma torniamo come suoi figli amati che hanno bisogno della sua misericordia, del suo perdono, del suo amore che cura non tanto il male fisico, quanto quello del cuore. Solo la nostra fede in lui ci spinge a questo; solo la nostra fede nel Signore ci porta da lui per rendergli grazie per l’amore ricevuto che si riversa in noi ogni giorno, anche quando non ce ne accorgiamo; solo la nostra fede ci permette di arrivare a lui ed è per la nostra fede, ovvero per la nostra adesione a lui, che egli può donarci la salvezza. Saranno stati guariti tutti i dieci lebbrosi o solo quell’estraneo che è ritornato a rendere grazie? Non oso forzare la parola del Signore e nemmeno la sua volontà salvifica, tuttavia penso che tutti siano stati guariti nel corpo, ma uno solo nell’anima: a lui solo Gesù dice: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Soggetto della guarigione, infatti, non è Gesù, ma la fede di quell’uomo che è tornato a rendere grazie al Signore. È la fede che ci salva, perché senza la nostra adesione a Cristo, il Signore può tutto, ma l’effetto è ben diverso. Tutti, ad esempio, ci diciamo cristiani, ma solo una minoranza resta legata al Signore, lo incontra tutte le domeniche, lo invoca tutti i giorni. Poi c’è chi si giustifica dicendo che sono meglio quelli che non vanno in chiesa di quelli che sono tutti i giorni davanti al Signore a mangiare particole. Non nascondo, se guardo a me stesso, che non hanno tutti i torti, ma vorrei rispondere loro così: Un giovane disse al prete: «Padre, non verrò più in Chiesa!». Il prete allora rispose: «Ma perché?». Il giovane rispose: «Vedo la sorella che parla male di un'altra sorella; il fratello che non legge bene; il gruppo di canto che stona; le persone che durante le messe guardano il cellulare e poi tante e tante altre cose sbagliate che vedo fare in chiesa». Gli disse il parroco: «Va bene. Ma prima voglio che tu mi faccia un favore: prendi un bicchiere pieno d'acqua e fai tre giri della chiesa senza versare una sola goccia d'acqua sul pavimento. Dopo di che, puoi lasciare la chiesa». E il giovane pensò: molto facile! E fatti i tre giri come il prete gli aveva chiesto disse: «Sono pronto, padre». E il prete rispose: «Quando stavi andando, hai visto tua sorella parlare male dell'altra?». Il giovanerispose: «No». Riprese il sacerdote: «Hai visto la gente lamentarsi degli altri?». Il giovane: «No». «Hai visto qualcuno guardare il cellulare?», chiese il prete. Il giovane: «No». «Sai perché? – domandò il parroco – Perché eri concentrato sul bicchiere per non rovesciare l'acqua. Lo stesso vale per la nostra vita. Quando il nostro obiettivo è nostro Signore Gesù Cristo, non avremo tempo di vedere gli errori della gente. Chi esce dalla chiesa a causa delle persone, non vi è mai entrato a motivo di Gesù». E noi? Siamo entrati nella Chiesa, famiglia di Dio, per incontrare la misericordia di Dio e lasciarci guarire dal suo amore, o siamo come quelli che hanno le scuse pronte per stare fuori, forse perché indifferenti a Dio? Celebrare l’anniversario della consacrazione della Chiesa parrocchiale e riviverne sulla nostra pelle i riti, significa ricordare che noi siamo quella Chiesa formata da Cristo, noi siamo il suo popolo bisognoso di misericordia, di perdono e di risanamento, noi siamo quella Chiesa santa e meretrice, come la definiva sant’Agostino: santa perché di Dio, meretrice perché fatta di uomini peccatori, ma bisognosi dell’amore di Dio per essere risanati. In questo nuovo anno pastorale che iniziamo in questa ricorrenza, saremo chiamati a mettere a fuoco la vocazione matrimoniale: gli sposi avranno il compito di testimoniare la bellezza del matrimonio come immagine dell’amore di Dio per la sua sposa, l’umanità; i fidanzati saranno chiamati a riflettere sul tema dell’amore non fatto di “Baci Perugina”, ma del dono della vita all’altro come Cristo ha donato la vita per noi, perché questo è l’amore; gli adolescenti e i giovani non dovranno scambiare l’amore con la passione e le tante fuorvianti e distorte immagini sulla relazione uomo-donna; i ragazzi saranno impegnati a pregare per i loro genitori, perché vivano questo amore, anche quando costa fatica o le incomprensioni hanno avuto, purtroppo, il sopravvento; i sacerdoti avranno il dovere di offrire la loro vita perché gli sposi siano intimamente uniti e felici in Cristo Signore, anche in mezzo alle difficoltà; le persone rimaste vedove avranno ancor di più la responsabilità di mostrare alle coppie più giovani che la vita del matrimonio è una strada per la santificazione e non un semplice contratto che oggi c’è e domani può essere strappato. Così, nella diversità delle nostre vite vivremo nella Sposa e Madre Chiesa, amata e generata da Dio, dove l’acqua che ha purificato il Siro e rigenerato noi nel battesimo, diventerà nelle anfore della nostra vita, della nostra fede, della nostra fedeltà, il vino buono per una festa di nozze che non avrà mai fine. E tu, Maria, presente alle nozze a Cana di Galilea, segno luminoso della Chiesa, veglia su di noi e aiutaci a seguire il Maestro, tuo Figlio, per fare ciò che egli ci dirà.