I di Avvento A

1 dicembre 2019

Al tempo di Noè prendevano moglie e marito e non si accorsero di nulla. Ma di cosa dovevano accorgersi? Forse di quello che il mondo di oggi fa fatica a riconoscere, ovvero la bellezza della relazione come Dio l’aveva pensata creando l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza. In un mondo frenetico, ma soprattutto che vive di istinto, molti giovani hanno perso la bellezza della relazione, dell’incontro con quel “tu” che si ha davanti. Molti sono alla ricerca sfrenata di consumismo, anche relazionale. Sì, è brutto a dirsi, perché sembra proprio che al giorno d’oggi non conti per un ragazzo e giovane ciò che si prova nel cuore nell’incontro con l’altro, ma quanto l’altro abbia acconsentito alle proprie passioni. Il primo atteggiamento per vivere al meglio la relazione con l’altro e scoprirlo come Dio lo ha posto sul proprio cammino di vita è la meraviglia. Ci meravigliamo di tante cose, ci meravigliamo che accadano determinati avvenimenti che riempiono di indignazione, ma non ci meravigliamo del fatto che non riusciamo più a lasciarci riempire di meraviglia, di stupore, di bellezza. Quante volte sentiamo parlare di bellezza: ma cosa intendiamo? Quando un adolescente sostiene che gli piace una persona cosa pensa veramente? Si sa che è facile lasciarsi abbagliare dall’esteriorità, ma in questo nostro mondo si fa fatica a lasciarsi catturare e meravigliare dalla bellezza interiore di una persona. È quanto mai provocatoria l’espressione: dobbiamo riempire le anfore piuttosto che i letti. È forte come espressione e apparentemente fuori luogo, ma se pensiamo che, soprattutto nel mondo giovanile, si ricerca più la seconda piuttosto che lasciarsi riempire il cuore, sentiremo l’urgenza di tornare ad insegnare a figli e nipoti che l’amore non è un sentimento astratto o un atto fisico, ma è innanzitutto ciò che ci caratterizza come cristiani, capaci di guardare l’altro con gli occhi del dono e non del possesso, con lo sguardo colmo di stupore e di meraviglia e non con di maliziosità. Anche San Paolo, scrivendo ai Romani, ammonisce anche noi oggi: “È ormai tempo di svegliarvi dal sonno – scrive l’apostolo – . Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie”. Solo un cuore che sa lasciarsi riempire da Dio di meraviglia imparerà a guardare quel “tu” con occhi diversi da quanto il mondo ci insegna, solo con lo sguardo pieno di meraviglia l’altro non diventerà oggetto che soddisfa i propri piaceri, ma l’immagine di Dio che ci porta a comprendere cosa significa amare e diventare per l’altro un dono, un regalo, una vita che non si è conquistata per bravura o bellezza fisica, ma per vocazione. Gli adulti non possono esimersi dall’educare alla meraviglia; i genitori, facendo tesoro del loro matrimonio, non possono che dare buona testimonianza di cosa significhi stupirsi e meravigliarsi dell’altro come un dono di Dio. E per fare questo occorre tenere ben presente quanto il Signore ci ha detto: «Vegliate, perché non sapete quando il Signore verrà». Sì, perché il Signore arriva, viene a noi anche nella figura dell’altro o dell’altra, viene a noi nella figura del marito o della moglie, dei figli e dell’intera famiglia. Viene a noi il Signore e si lascia incontrare proprio nel volto della persona amata, in quel “tu” che nessuno di noi si sarebbe sognato di incontrare. Ma solo se vediamo nell’altro l’immagine di Dio, scopriremo, con nostra meraviglia, che il nostro Dio non è lontano e che, attraverso le persone che ha posto sul nostro cammino, è ancora possibile parlare di amore, quello vero, che non trattiene ma dona. Occorre avere lo stile del pastore, che mentre veglia il suo gregge si lascia meravigliare dalla natura, dalla docilità delle sue pecore, da un cielo stellato nelle notti passate al pascolo. Un cuore semplice chiediamo, che sappia vegliare e non assopirsi perché appesantito dalle immagini distorte che la nostra società presenta, soprattutto attraverso i social network, occorre lasciarsi meravigliare attraverso un cuore semplice, perché chi si lascia riempire di meraviglia troverà nell’altro il volto del nostro Dio, che è amore, e non un oggetto da utilizzare e poi scartare. Insomma: chiediamo un cuore colmo di meraviglia per essere semplice e non istintivo e che vinca la triste logica consumistica dell’“usa e getta”.