IV di Avvento A

22 dicembre 2019

Capire cosa vogliamo nella vita è un'impresa, figuriamoci capire cosa Dio si aspetti dalla nostra vita. Il pensiero va ancora una volta ai giovani che si stanno interrogando sulla scelta matrimoniale, ma ancor prima a coloro che iniziano a sentire nel proprio cuore la propensione verso l'altro o l'altra da sé. E non è facile, soprattutto quando è l'istinto a dominare e ci si ferma soltanto a un aspetto esteriore, del fisico. Dominare il proprio istinto è una cosa assai faticosa e nell'età della giovinezza, soprattutto quando le forze sono vive e vivaci nel corpo umano. Mettersi nelle mani di Dio significa cercare di capire dove porta la vita, verso chi è diretta, ma sempre sotto la saggia guida del Signore che sa indicare la via giusta da seguire. Non basta dunque avere delle sensazioni, delle propensioni e nemmeno delle pulsioni o passioni, occorre invece mettersi in ascolto del proprio cuore perché l'amore tra un giovane e una giovane, tra un uomo e una donna, tra marito e moglie non sia dettato da istinti, ma segua un progetto che è molto più grande di ogni uomo e di ogni donna. Chi avrebbe mai pensato di costruire la propria vita con il proprio marito o la propria moglie? Forse i più sprovveduti pensano di attribuire questo al caso fortuito; perché invece non pensiamo che sia proprio il Signore ad avervi guidato verso la persona giusta? Nella nostra vita, che il presepio raffigura, incontriamo la figura di Giuseppe, uomo giusto e tutto ad un pezzo, come il legno che intagliava e lavorava con le sue stesse mani. Uomo retto, che ha dovuto combattere tra l'istinto e il disegno di Dio. Si è trovato con la sua fidanzata incinta per opera dello Spirito Santo e Dio che gli chiede di mettere da parte il pensiero di rimandarla a casa per prenderla in moglie, come desiderava, diventando lui stesso il custode premuroso del Figlio di Dio. Nella nostra vita l'istinto e l'amore non vanno d'accordo: per istinto vorremmo agire in un determinato modo, ma l'amore ci porta a comportarci diversamente. Giuseppe per istinto avrebbe voluto ripudiare Maria, anche perché credere e far credere alla gente che ciò che era in lei era opera di Dio non era così semplice; d'altro canto il grande amore per Maria e la sua fede nel Signore lo hanno portato ad obbedire al disegno di Dio, prendendo con sé Maria come sua sposa. Giuseppe, un uomo giusto, poteva ribellarsi al suo concetto di giustizia, che poteva far valere la giustizia ebraica attraverso il ripudio e la lapidazione di Maria, come prevedeva la legge per coloro che tradivano. Immaginiamo Giuseppe in preda a questa profonda crisi: cosa fare? Rimandare a casa o denunciare il tradimento? Accogliere ancora Maria come sposa, o trattarla come una poco di buono? Crederle o ritenerla una bugiarda? Se pensiamo che a Giuseppe sia bastato un sogno per sistemare tutto probabilmente ci illudiamo e illudiamo noi stessi e coloro che faticano a credere a un disegno di Dio sulla loro vita incasinata da tanti dubbi e perché; eppure il grande Giuseppe non si è fermato alla sua rabbia, al suo iniziale sconcerto, a quello che la gente avrebbe detto. Si è lasciato conquistare dal Signore perché ciò che era stato annunciato dal profeta divenisse realtà nel Messia atteso e sperato. Obbedire non è semplice, lo sappiamo tutti; tutti infatti sappiamo cosa significa obbedire a un comando dato con autorevolezza, da genitori o educatori in genere e abbiamo forse più esperienza nell’aver disobbedito che nell’obbedire; questo poi lo vediamo da un’altra prospettiva nei nostri ragazzi. E se obbedire a un comando umano nasconde qualche fatica, figuriamoci obbedire a un disegno divino, che spesso non comprendiamo, ma è possibile: Giuseppe ne è la prova vivente che l'obbedienza non riguarda soltanto delle regole da rispettare e far rispettare, ma una vocazione che porta alla realizzazione della propria esistenza. Questo mistero occorre trasmetterlo ai giovani, ai ragazzi, agli uomini e alle donne che nel matrimonio ogni giorno rinnovano questa obbedienza al progetto di Dio. Occorre testimoniarlo, per vincere l'istinto che porta a fermarsi ad una passione puramente umana e fisica che oggi c'è e domani svanisce, per cercare qualcosa di ben superiore che dura per sempre, anche se il “per sempre” fa paura, anche se il “per sempre” richiede ogni giorno un'obbedienza della quale dobbiamo lasciarci riempire le anfore della vita.