Passione del Signore

Venerdì Santo, 10 aprile 2020 

Sale sul punto più alto, il Signore, dopo aver percorso la strada che lo conduce su questo monte, il suo altare. Sale su questo punto, il più alto, sul suo altare, e da lì abbraccia tutta la terra, la nostra terra. E in quel momento, il più intenso, il più drammatico, il più glorioso, chinato il capo spirò. Reclina il capo Cristo, lo reclina verso di noi, che ai piedi di questa montagna, il suo altare, ci rivolgiamo a lui chiusi, serrati, blindati nel nostro dolore. Se lui reclina il capo, noi lo alziamo per incontrare il suo amore, tutto il suo amore, anche se, in queste condizioni, facciamo fatica ad alzare la testa, facciamo fatica a rialzarci, facciamo fatica a credere. Non vi nascondo che in questi giorni la mia fede è messa a durissima prova e comprendo quelle persone che tante volte in confessione mi dicono che hanno perso la voglia di pregare, perché sembra che il Signore non presti ascolto. Anche io, che tante volte vi ho incitato a rinnovare la nostra fede, imploro il Signore dicendogli: «Dove sei, Signore? Non senti il grido disperato di chi ha perso o sta perdendo un proprio caro e spesso senza poterlo salutare, senza poterlo vedere? Non senti, Signore, il grido straziante di questa umanità che eleva a te la sua preghiera perché questo inferno finisca? Non vedi, Signore, attraverso le mura di ospedali, cosa si sta consumando in quei luoghi che anziché essere di vita e di guarigione sono diventati per molti luoghi di morte? Non vedi, Signore, la disperazione di padri e madri che vedono il proprio lavoro, fonte di guadagno per la famiglia, svanire nel nulla con la preoccupazione di sfamare i propri figli? Non vedi, Signore, la paura negli occhi di chi senza né colpa né pena si è trovato ad essere attaccato direttamente o indirettamente da questo virus? Non vedi, Signore, o fai finta di non vedere?». Poi penso al Signore, che in quel Venerdì Santo, sulla croce si è rivolto a Dio, suo e nostro Padre, con un forte grido di angoscia e di speranza: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Ecco, queste parole tremende e gloriose le facciamo nostre oggi, chiedendo al Signore se siamo stati abbandonati anche noi. Mi rendo conto che in quel momento non sono arrivate risposte dal cielo, come avvenne nel momento del Battesimo del Signore al Giordano e sul Tabor nel momento della Trasfigurazione; il cielo si coprì e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, quando Gesù emise il suo spirito. È lo stesso buio che viviamo oggi, anche se – ci dicono – sembra di vedere qualche spiraglio di luce, e non per questo dobbiamo mollare la presa proprio adesso. Mi piace pensare che questa luce, dopo il buio tremendo del Venerdì Santo che ci avvolge da ormai quaranta giorni (quaresima), sia la luce della Pasqua. (Lettera pasquale 2020). Ed è così che il Signore, dopo aver reclinato il capo verso di noi, dopo aver esalato il suo spirito, scenderà da questo monte, il suo altare, verso il giardino, verso il sepolcro e lì sarà rinchiuso, come noi siamo rinchiusi. Tuttavia le nostre case non diventino sepolcri, ma luoghi di vita, di amore familiare, di grazia divina, dove attendere che la luce nuova della Pasqua vinca le tenebre che questo male ha fatto cadere su di noi. Entriamo nel Sabato Santo non tanto della morte e della sepoltura, ma dell’attesa, sull’esempio di Maria, Regina delle Lacrime, che, seppur nella sofferenza e nel dolore, non ha smesso di attendere la luce della Risurrezione. Anche noi, da lei sostenuti, affrontiamo questo Venerdì Santo con fede, viviamo il Sabato Santo con speranza, e il Signore ci doni presto di vedere la luce nuova e sfolgorante della risurrezione.