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XVI del tempo ordinario A

19 luglio 2020

Forza e potere si contrappongono alla debolezza. Infatti c’è chi è forte e chi è debole, chi pensa di avere in mano tutto il potere di questo mondo e vuole prevalere su chi è più debole o – diremmo noi – non ha carattere. Ma il Signore fa della nostra debolezza una potenza e del suo potere una forza per noi. Dice bene l’autore sacro nel libro della Sapienza:

Mostri la tua forza

quando non si crede

nella pienezza del tuo potere,

e rigetti l’insolenza

di coloro che pur la conoscono.

Ma cosa è forza e cosa debolezza? Agli occhi dell’uomo la forza sembra quella caratteristica che ci spinge ad avere in pugno ogni situazione e la debolezza ci porta ad essere calpestati. Davanti agli occhi di Dio non è così: la nostra debolezza può diventare un punto di forza, la nostra condizione di fragilità e di miseria, a motivo del nostro peccato, porta Dio ad amarci sempre di più e a venire incontro a noi per risollevarci dalla nostra condizione. Lo esprime bene l’apostolo Paolo scrivendo: “Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio”. In effetti non sappiamo bene come porci davanti alla grandezza di Dio, ma Dio non ci schiaccia sotto il peso della sua maestà, poiché viene incontro a noi attraverso il suo Spirito e scruta bene il nostro cuore, poiché egli sa di cosa abbiamo bisogno. La nostra preghiera non è mai esaustiva e non dobbiamo pretendere che sia perfetta. A volte nemmeno noi sappiamo bene cosa chiedere al Signore ed è per questo che egli ci viene in aiuto suggerendo al nostro cuore ciò che davvero dobbiamo chiedere a Lui, datore di ogni grazia. Per comprendere bene ciò che dobbiamo domandargli occorre riconoscersi fragili, deboli, bisognosi della sua forza e del suo aiuto; chi, infatti, si pensa forte e indipendente da Dio non potrà mai rivolgersi al Signore, anzi, non ci riuscirà proprio e non ne sentirà nemmeno l’esigenza, restando così chiuso nella sua miseria pensando di essere autosufficiente. La preghiera stimolata dallo Spirito ci spinge invece a riconoscerci bisognosi di Dio, capaci di affidarci totalmente a Lui per vincere quella smania di onnipotenza e fidandoci che ciò che lo Spirito ci suggerisce è anche ciò che serve a ciascuno per la propria felicità.

Quando non abbiamo in noi la felicità e non siamo sereni nella vita, infatti, succede che le invidie e le gelosie, le brame e i desideri di potere conquistano il nostro cuore e quel buon campo nel quale può crescere il buon grano viene invaso dalla zizzania. Cos’è la zizzania e cosa provoca in noi? La zizzania non è solo l’erbaccia che si attorciglia intorno al frumento quasi strangolandolo, ma è proprio quel male che il diavolo semina in noi e ci soffoca. Sì, soffoca il nostro cuore e lo rende così malvagio da agire in parole e in opere a danno degli altri su cui sfoghiamo il male che abbiamo dentro. Pensiamo così di essere forti, invincibili, capaci di dirottare il mondo secondo le nostre aspirazioni e di avere in pugno ogni cosa; pensiamo di aver sempre ragione così da permetterci di criticare sempre l’operato altrui pensando che il nostro sarebbe in ogni modo migliore; siamo gelosi e non sopportiamo che altri prendano il nostro posto; ci attorcigliamo su ogni cosa pur di far vedere che ci siamo e che la nostra presenza è rilevante.

Ma il Signore è stato chiaro quando gli chiesero: «Da dove viene la zizzania?». Egli rispose loro: «Un nemico ha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a raccoglierla?». «No – rispose – perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio». E per metterci bene in guardia su ciò che ci attende, aggiunge: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!».

O Signore,

Padrone della forza,

tu giudichi con mitezza

e ci governi con molta indulgenza,

perché, quando vuoi,

tu eserciti il potere.

Con tale modo di agire

hai insegnato al tuo popolo

che il giusto deve amare gli uomini:

dona ai tuoi figli la buona speranza

che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento.

Amen.