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XXI del tempo ordinario A

23 agosto 2020

E voi chi dite che sia il Figlio dell’uomo?

Domanda quanto mai imbarazzante. Sarebbe il caso di dire con l’apostolo Paolo:

O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?”.

O profondità della sapienza, vienici in aiuto – ci verrebbe da dire – e rivelaci la risposta, perché chi mai ha conosciuto davvero in profondità il Signore Gesù, così da poter rispondere correttamente alla sua domanda?

Anche Pietro, che viveva a contatto con il Signore giorno e notte, non ha risposto da sé e non ha ricevuto suggerimenti da qualcun altro, infatti «né carne né sangue te lo hanno rivelato – gli ha detto Cristo – ma il Padre mio che è nei cieli». Senza la sapienza che viene dall’alto e la conoscenza che Dio infonde nel nostro cuore, faremmo fatica a parlare di Cristo. Pensiamo di conoscerlo bene, forse perché ci basta partecipare alla Messa domenicale; ma la relazione con il Signore è ben più profonda. O profondità della ricchezza! Di quale ricchezza parla san Paolo se non di quella della conoscenza del Figlio di Dio. Oggi il mondo non se ne accorge e cerca la ricchezza materiale, perdendo di vista questa grande, immensa ricchezza spirituale che è la conoscenza di Cristo. È proprio Cristo ad aggiungere a Pietro: «E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Incute davvero timore il fatto che le chiavi del cielo siano in mano a Pietro e che abbia potere di legare e sciogliere ciò che vuole in cielo e in terra; tuttavia anche a noi viene data la possibilità di legare il cielo e la terra con la nostra stessa vita, con le nostre stesse scelte. Solo noi possiamo legare la nostra vita a Cristo se desideriamo profondamente essere uniti a lui e non alle cose materiali di questa terra, se preferiamo legarci a lui e non a quello che la mentalità del mondo, la moda, le usanze comuni ci portano a fare e a scegliere. Cristo mette nelle nostre mani le chiavi della nostra vita: sta a noi scegliere se legarci a lui o al mondo.

Ci aiuta a comprendere questo il caso, avvenuto nei giorni scorsi, di una banda di ragazzi tra i 16 e i 19 anni che ha distrutto a colpi di mazza un Crocifisso sulle colline bolognesi. L’atto di vandalismo sacrilego è stato filmato con il cellulare. Un gesto sconcertante, che ha spinto don Maurizio Patriciello, noto sacerdote napoletano, a scrivere una lettera aperta agli autori del gesto sacrilego. Ha scritto loro il sacerdote: Ho letto, ho sofferto, mi sono fermato, ho riflettuto. Mi son detto che forse è meglio lasciar stare, far scorrere l’acqua della dimenticanza su questo episodio triste e doloroso. La vostra “ragazzata” blasfema nei confronti del Crocifisso, distrutto a mazzate, mi ha rattristato tanto, ma non riuscivo a capire bene il perché. Poi mi sono reso conto che la mia pena non era per lui, il Signore cui milioni di persone hanno donato la vita, ma per voi. Vi siete accorti, ragazzi, che l’uomo inchiodato al legno, vi ha lasciato fare senza opporre resistenza? In quei momenti nemmeno potete immaginare quanto vi amava. Se, come spero, vi siete imbattuti, qualche volta, nei vangeli, avrete notato che ha usato con voi lo stesso atteggiamento di quando, duemila anni or sono, fu condannato a morte. Taceva allora, tace oggi, tacerà domani. Il suo mutismo, la sua apparente debolezza, il suo lasciar fare, non vi nascondo, che indispongono non pochi tra coloro che gli vogliono bene. E, come già gli apostoli, vorrebbero difenderlo, magari dandovi una sberla. Ma non ce n’è bisogno. Perché lui su quella croce ci è salito anche per voi, per i vostri coetanei, per i vostri cari.(da Avvenire del 19 agosto 2020)

Eh sì! Ha voglia il Signore di continuare a chiederci: «Ma voi, chi dite che io sia?». Facciamo fatica a dargli una risposta e a me non dispiace darla con la voce di un semplice bambino, forse perché anch’io, come gli apostoli, mi troverei in difficoltà:

Mancavano cinque minuti alle 16. Trenta bambini, tutti della 5a elementare, quel pomeriggio, erano agitati, emozionati, chiassosi. Alle ore 16 in punto arrivò l'insegnante per iniziare la verifica di religione.

Immediatamente un silenzio generale piombò nella sala dove erano seduti i bambini in attesa delle domande. Primo quesito: “Esprimi con parole tue chi è Dio”. Seconda domanda: “Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l’ha mai visto?”. 

Dopo 20 minuti, tutti avevano consegnato le risposte. La maestra le lesse ad una ad una: le prime 29 erano più o meno ripetizione di parole dette e ascoltate molte volte: “Dio è nostro Padre, ha fatto la terra, il mare e tutto ciò che esiste”. Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione.

Poi chiamò Ernestino, un piccolo vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo e gli consegnò il suo foglio dicendogli di leggerlo ad alta voce davanti a tutti i suoi compagni. Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe,  cominciò a piangere. L'insegnante lo rassicurò e lo incoraggiò. Allora Ernestino lesse: «Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione. Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza. Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo. Se Lui non c’è, la nostra vita è amara, è senza gusto». Un applauso forte riempì l’aula e la maestra ringraziò Ernestino per la risposta così originale, semplice e vera. Poi completò: «Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l’essere convinti che Dio fa parte della nostra vita».