Stampa

XXIII del tempo ordinario A

6 settembre 2020

Le parole di san Paolo ci parlano di una carità ben più alta di quanto immaginiamo. Egli scrive: “Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità”. Egli non ci parla di quella carità che spesso intendiamo noi, fatta di elemosina e di donazioni materiali, ma di una carità che ci spinge ad amare il fratello anche correggendolo senza presumere di sapere già tutto e di essere migliori. In fondo “carità” significa “amore”, e quello che san Paolo dice a noi oggi è quanto mai forte: ci chiede di amarci, perché è l’amore a contraddistinguere il cristiano e se siamo cristiani siamo chiamati ad amarci vicendevolmente attraverso atti concreti che partono proprio dal prenderci a cuore la vita dell’altro a partire dalla correzione fraterna.

Purtroppo oggi non è così semplice. Da una parte perché ci ergiamo tutti a sapienti che vogliono sistemare la vita altrui pensando che la propria sia un modello di vita quando invece non è così; dall’altra parte perché quando cerchiamo di correggere l’altro, cercando di dargli un consiglio che sia buono, senza la pretesa di essere migliori, troviamo ostilità e permalosità. Questo ci porta sicuramente alla memoria momenti di tensione quando entriamo in relazione con una persona e desideriamo il meglio per lei, individuando anche atteggiamenti o scelte di vita da non compiere o da non intraprendere, cercando di preservarla da ciò che è sbagliato o porterebbe a deteriorare la propria esistenza. Ebbene, questo comporta speso una rottura nei rapporti, un volta faccia, un’arrabbiatura incomprensibile, visto che i buoni consigli si danno per il bene altrui e non per un tornaconto personale. O così dovrebbe essere.

Ecco allora le parole di Dio, rivolte al profeta Ezechiele: «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia». A queste fanno eco quelle di un grande santo, Gregorio Magno, di cui abbiamo celebrato la memoria nei giorni scorsi: “La sentinella infatti sta sempre su un luogo elevato, per poter scorgere da lontano qualunque cosa stia per accadere. Chiunque è posto come sentinella del popolo deve stare in alto con la sua vita, per poter giovare con la sua preveggenza. Che razza di sentinella sono dunque io, che invece di stare sulla montagna a lavorare, giaccio ancora nella valle della debolezza? Però il creatore e redentore del genere umano ha la capacità di donare a me indegno l'elevatezza della vita e l'efficienza della lingua, perché, per suo amore, non risparmio me stesso nel parlare di lui”. San Gregorio ci parla di sentinella che dal punto più alto guarda, scruta e dà l’allarme quando le invasioni incombono. Questo è quanto un pastore d’anime deve fare per la sua comunità: avvistare ciò che è male e lanciare l’allarme, perché l’intera comunità non soccomba e non venga travolta dalle chiacchiere inutili di chi la attacca senza motivo o solo per emergere; di chi la invade pensando di esserne il padrone senza compiere il bene, anzi il male; di chi vuole trarne profitto per sé e non per il bene di tutti. Sentinelle devono esserlo anche i genitori e gli educatori: devono porsi sul punto più alto non per schiacciare, ma per veder bene lontano, non per proteggere e incerare i figli o gli educandi, ma per scrutare l’orizzonte e indicare ai figli la strada giusta da seguire, senza fingere di non vedere, di non sapere o peggio ancora delegando ad altri questo compito. E la strada è Gesù Cristo che ha detto: «Io sono la Via, la Verità e la Vita». Ci sono genitori che scrutano bene, altri un po’ miopi, qualcuno ha abbandonato anche questo ruolo. La sentinella non dorme, veglia; la sentinella non sta a guardare i propri interessi, ma il bene della famiglia; la sentinella non abbandona il posto quando crede che tutto sia tranquillo, perché sa che l’agguato può essere dietro l’angolo. Certo, un ruolo di grande importanza e i turni della notte sono faticosi: ma notte o giorno che sia non può abbassare la guardia, perché il giorno potrebbe essere limpido e senza attacchi, ma la notte buia arriva e non ci si può assopire, nascondendosi dietro le classiche scuse o perché è normale che ci siano attacchi.

Non è facile, come non è facile indicare la strada migliore o correggere la strada sbagliata: ma non dimentichiamo ciò che Gesù ci ha detto: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello. Se poi non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano», praticamente una rottura di relazioni. Speriamo di non arrivare mai a questo, ma di sentirci gli uni per gli altri sentinelle ben sveglie e capaci di difendere dagli attacchi e di indicare la via migliore per non incapparci, perché questa è carità vera, nella speranza di non rompere mai relazioni, anche importanti, solo per aver detto le cose come stanno.