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Tutti i Santi

1 novembre 2020

Il grido di angoscia che si ode nella visione di Giovanni sale ancora a Dio da questo mondo: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». Il terrore per la devastazione è forte e oggi ne sappiamo qualcosa come chi si è visto togliere tutto al passaggio di uno tsunami o di un terremoto. La devastazione genera angoscia e paura e l’uomo si trova impotente. La paura genera paura e questa genera in noi un senso di smarrimento. Non abbiamo più fiducia nel futuro, lo guardiamo con occhi rassegnati, lo aspettiamo perché ci porti qualche buona notizia, lo attendiamo perché ci liberi dal passato e dal presente. Eppure resta incerto e questo per noi non è un buon segno: ci mancano le sicurezze, le certezze, brancoliamo nel buio senza sapere dove sbattere la testa.

Ma ciò che Giovanni vide e riportò nell’Apocalisse non fu presagio di morte ma di speranza: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». La salvezza. Sì, essa appartiene a Dio, perché Egli vuole salvarci e liberarci dal dominio della morte; tuttavia, mentre invochiamo la salvezza da Dio per questa nostra terra, facciamo fatica a pensare alla salvezza che desidera per noi il nostro Dio. Facciamo fatica, perché ancora immersi nella paura della devastazione che speravamo appartenesse al passato e invece è il nostro presente. Come poter cantare con gli angeli e i santi: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen»? Come poter lodare Dio per la sua immensa bontà? Come inneggiare a lui, nostro Salvatore, mentre supplichiamo salvezza e ci sembra di urlare nel vuoto?

Il vuoto, la paura, la rassegnazione: sono sentimenti che ci stanno avvolgendo e che ci fanno sentire tremendamente soli oltre che impotenti di fronte allo sconvolgimento planetario che stiamo vivendo. Eppure non siamo abbandonati, perché Dio è con noi e il Signore ci sostiene. Come credenti in Cristo sappiamo che la morte non è l’ultima parola e proprio per questo abbiamo quella grande schiera che ci fa compagnia: gli angeli e i santi.

Centoquarantaquattromila è solo un numero simbolico per dire una moltitudine che nessuno può contare. E sono tutti pronti per venire in nostro aiuto. Benché oggi, purtroppo, vada di moda dare i nomi cristiani agli animali e quelli assurdi agli uomini, è bello che ciascuno porti il nome di un santo: da quel santo ci sentiamo protetti, da quel santo ci sentiamo stimolati a trarne l’esempio della sua santità, da quel santo ci sentiamo incoraggiati a camminare su questa terra verso la patria del cielo. Conosciamo il santo di cui portiamo il nome? Siamo mai andati a scoprire cosa egli ha fatto a tal punto da chiamarlo santo? Scopriamo attraverso il Vangelo, la sacra Scrittura o attraverso la vita dei santi che oggi abbiamo la possibilità di trovare anche su internet cosa ha compiuto di straordinario o di semplice il santo di cui portiamo il nome e con grande sorpresa capiremo che davvero non siamo soli e che quanto egli o ella ha fatto non è impossibile da vivere per essere anche noi santi ed essere annoverati tra quella moltitudine beata che sta al cospetto di Dio.

Tutti i santi che oggi ricordiamo ci dicono che anche accanto a noi può esserci una persona santa che sta condividendo con noi gioie, dolori, fatiche e speranze di questo mondo e di questo tempo e che noi stessi possiamo essere santi per chi ci sta accanto, perché li proteggiamo dagli assalti del maligno, li stimoliamo alla santità seguendo il Vangelo, li incoraggiamo a guardare al Signore come stella luminosa che guida il nostro cammino su questa terra in attesa di entrare nella gioia celeste.

Facciamo di questa festa la nostra festa; facciamo di questa festa un motivo di speranza perché Dio non ci lascia soli e dona a noi questi grandi compagni di viaggio che oggi, insieme a noi, gridano al Signore: «Non devastare la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». Facciamo di questa festa un motivo di gioia, perché anche nel momento di panico nel quale gli sposi a Cana non avevano più vino, il Signore è stato per loro motivo di novità e di sorpresa. Che non si esaurisca mai in noi il vino della santità e saremo per questo mondo una luce nel buio delle tenebre.