I di Avvento B

29 novembre 2020

Siamo stanchi fisicamente, psicologicamente e spiritualmente. Facciamo fatica a risvegliarci da questo torpore, non ce la facciamo più. Vorremmo gridare ed implorare con il profeta Isaia:

Perché, Signore,

ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore,

così che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!

Sì, desideriamo ardentemente in questo tempo così prolungato poter vedere l’opera di Dio e vedere Dio all’opera; vorremmo vederlo squarciare i cieli e scendere su questa terra a ristabilire un ordine nuovo, donarci ancora la pace e la serenità che vincano la paura e l’angoscia che portiamo dentro al cuore. Abbiamo paura di non essere ascoltati e il motivo è più che plausibile:

tu sei adirato

perché abbiamo peccato contro di te

da lungo tempo

e siamo stati ribelli.
Siamo divenuti tutti come una cosa impura,
e come panno immondo

sono tutti i nostri atti di giustizia;
tutti siamo avvizziti come foglie,
le nostre iniquità ci hanno portato via

come il vento.

Però non vogliamo lasciarci prendere dallo sconforto, anche se siamo molto consapevoli che

nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si risvegliava per stringersi a te;
perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci avevi messo in balìa della nostra iniquità.
Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.

Le grida di aiuto che facciamo salire al Signore da questa terra così esausta si accompagnano con le parole di speranza che l’apostolo ci indirizza invitandoci continuamente ad attendere la venuta del Signore nostro: Egli – scrive san Paolo – vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Sì, dobbiamo stare saldi, avere quella fede che non ci fa assopire nella negligenza, nella rabbia, nell’angoscia di questo tempo.

Ci sentiamo svuotati di tutto, sembriamo anfore senza vino; ma proprio quando un contenitore è vuoto ha la possibilità di essere riempito. E noi dobbiamo riempire le anfore del nostro cuore, le nostre famiglie possono essere riempite del dono grande che Dio ci offre. Il Signore ci implora di non addormentarci, ma di restare svegli e ce lo dice con forza: «Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». A volte ci sembra di essere come quel pastore, che nel mezzo della notte si assopisce, mentre le pecore anch’esse dormono. Noi no! Non possiamo addormentarci anestetizzati dal tempo che stiamo vivendo: ho come l’impressione, più volte manifestata, che nei tempi più bui di questa pandemia anche le nostre famiglie si fossero risvegliate alla fede, forse per paura o per vincere l’angoscia; ma poi? Cosa è successo? Sono tornate a mettere a riposo la fede? Hanno messo da parte il Signore? Serviva per un momento e poi basta?

Il pastore non può addormentarsi, perché proprio nel cuore della notte il lupo può assalire le pecore ed esse sarebbero indifese: così il Signore, nostro Pastore, non vuole permettere che alla nostra vita sia rubata la fede, perché è proprio nella relazione con lui che anche le nostre relazioni acquistano senso. Dobbiamo lasciarci riempire il cuore, come un’anfora, di meraviglia, quella stessa che il pastore sente dentro di sé nell’alzare il suo sguardo verso un cielo notturno cosparso di stelle. Meravigliarsi dell’altro come dono di Dio, e non come oggetto dei nostri consumi, ci aiuterà anche a guardarci in modo diverso, non più con sospetto, con paura, con inganno, con manipolazione; riempire le nostre famiglie di meraviglia ci permetterà, anche in questo tempo, di vedere l’opera di Dio e Dio all’opera nella figura dei nostri familiari: nel padre che lavora con fatica o nella madre che sistema la casa, magari dopo una giornata di lavoro, nei figli che studiano da casa o sui banchi distanziati di scuola, nei nonni che dobbiamo proteggere e accarezzare via telefono.

Lasciamoci riempire di meraviglia: ecco, se ci meravigliassimo di questo, la nostra vita non si assopirebbe più sotto l’influsso della paura o dell’ansia, o narcotizzata dalla voglia di evasione e di ricerca di libertà chissà dove, perché nelle nostre più familiari relazioni ci accorgeremmo di avere tutto; abbiamo il Tutto: Dio.