Stampa

IV del tempo ordinario

31 gennaio 2021

 

Il Signore parla a Mosè e indica per il popolo il sorgere di un profeta che darà voce a Dio, ma guai a quel profeta che non ascolterà Dio e parlerà per conto di Dio pur senza avere una parola di Dio da annunciare. Lungo i secoli della storia del popolo di Israele Dio ha suscitato profeti che facessero da tramite tra il Signore e il suo popolo, ma non sono mancati falsi profeti che mentendo hanno parlato in nome di Dio pur senza esserne suoi profeti. Anche oggi, nel nostro mondo ci sono falsi profeti che attirano l’attenzione dell’uomo promettendo una vita facile, piena di soddisfazioni e di successo. Purtroppo anche oggi l’uomo, in ogni età della sua vita, è catturato da questi falsi idoli: la carriera, il successo, la potenza, la ricchezza, l’apparenza. Tutte queste cose portano ragazzi, adolescenti e giovani affacciati sul futuro della storia a illudersi, mentre il Signore è l’unico a non deludere mai.

Con la venuta di Cristo Dio non ha più bisogno di profeti, perché Gesù ha detto tutto e in Cristo noi troviamo la risposta alla nostra vita, alle sue domande, ai suoi perché. Cristo è nemico dei falsi profeti e il caso evangelico dell’indemoniato ce lo spiega molto bene: lo spirito impuro cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Lo spirito maligno che ammalia il mondo conosce perfettamente chi è il Figlio di Dio, ma il Signore non cede alle sue lusinghe, non accetta il riconoscimento, non vuole sfoggiare la sua potenza: egli non è venuto nel mondo per cercare consensi, per farsi notare, per ricercare il potere che spesso inseguiamo attraverso l’apparenza, l’essere forti, belli, desiderosi di compiacimento. Per questo Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.

Lo spirito del male ci porta a cercare qualcosa che apparentemente ci sembra bello, affascinante e che ci dia visibilità verso gli altri. Noi, invece, dobbiamo imparare dal Signore a vivere la nostra vita per quella che è, per ciò che il Signore ci dona, per quanto Egli, nostro Dio, ci insegna e ci chiama a vivere. Spesso siamo in corsa dietro un treno che viaggia veloce cercando di stare al passo con i tempi: questo è molto visibile nei ragazzi che non escono di casa se non si sono guardati allo specchio più volte per essere precisi, impeccabili, affascinanti, capaci di sedurre. E non ci accorgiamo che a sedurci è quello spirito che ha suscitato falsi profeti in passato e continua a suscitarne ora, portandoci lontani da Dio e lontani dalla nostra felicità.

Maria, alle nozze di Cana, mentre veniva a mancare il vino della gioia e dell’amore e non certo quella dell’ebbrezza e della stupidità, chiese a Gesù di porre rimedio, ingaggiando i servi di quel banchetto e dicendo loro: «Fate quello che vi dirà». Questo lo dice anche a noi oggi, lo dice ai ragazzi, agli adolescenti e giovani, lo dice ai genitori e alle famiglie, lo dice ad ogni uomo e donna di questo mondo e di questo tempo: «Fate quello che Gesù, mio figlio, vi dirà», perché oggi, come a quelle nozze, sa bene che solo con il Signore potremo essere davvero felici, tirando fuori dal nostro cuore il meglio e non il peggio, una vita votata alla santità e non a una brutta fine. Sono tempi questi nei quali non dare ascolto ai falsi profeti, ma a Cristo, per tirar fuori dalle anfore della nostra vita i tesori più grandi:

la virtù della fede, per essere sempre più legati al Signore;

la virtù della speranza, per guardare con fiducia al domani protesi verso i beni eterni;

la virtù della carità, per donare l’amore di Dio ai nostri fratelli;   

la virtù della fortezza, per respingere il male e scegliere il bene;

la virtù della prudenza, per non lasciarci ammaliare da chi spaccia il male per bene;

la virtù della temperanza, per togliere il superfluo che ci impedisce di ascoltare e seguire la chiamata del Signore;

la virtù della giustizia, per agire secondo il cuore di Dio.

Questo lo ha fatto don Bosco, prima con se stesso e poi con i suoi giovani: a quei giovani sbandati ha permesso di tirar fuori il meglio di sé. Molti hanno accettato diventando anche santi, altri hanno rifiutato tornando nell’oscurità di una vita malandata, una vita che allora non offriva tutto quello che offre oggi e proprio per sopravvivere si cacciavano nei guai; ma oggi, proprio perché la vita offre tutto e non ci basta mai, perché non pochi attentano alla propria vita mettendola in pericolo seguendo cattivi esempi? Perché non siamo contenti della vita che il Signore ci dona? E allora ecco l’importanza di aver davanti guide sicure, compagni che controcorrente sanno indicare la via giusta, senza paura, senza vergogna: queste belle persone sono – come don Bosco – quei profeti che Dio suscita per fare di questo mondo un posto più bello, un luogo che possa anticipare la gioia del paradiso. Costerà forse un po’ di fatica, ma raggiungerlo sarà la gioia più grande, quella stessa che don Bosco desiderava per tutti i suoi ragazzi, tanto che le sue ultime parole per loro sono state: «Vi aspetto tutti in paradiso».