V di Quaresima*

21 marzo 2021

 

Se manca l’acqua della comunicazione, della condivisione, della gioia, dell’educazione, della fede, dell’amore, le relazioni coniugali e familiari muoiono. Come Lazzaro fu tolto dal sepolcro, perché il Signore gli ha ridonato vita, così abbiamo bisogno di scendere nelle profondità della terra per tirar su, come con un secchio dal pozzo, l’acqua che dà vita alle nostre relazioni. Gli sposi devono scendere nelle profondità del cuore per riscoprire ogni giorno ciò che li tiene uniti e così deve avvenire in ogni famiglia. Solo se tutti i giorni serviremo sulla nostra tavola l’acqua buona dell’amore e della gratuità, della fedeltà e dell’unità, della concordia e della pace, ogni giorno sarà una buona partenza e la sera un felice ritorno nelle nostre piccole Chiese domestiche.

Perché tutto questo avvenga, risuoni forte nelle nostre case il grido di Gesù verso l’amico: «Vieni fuori!». Egli ci vuole togliere dai nostri sepolcri, come ci ha detto per mezzo del profeta Ezechiele: «Ecco, io vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio».

Se il pozzo dona vita, perché dona acqua fresca, il sepolcro ci soffoca e mette a morte le nostre relazioni umane, di coppia e familiari. Cosa troviamo nei nostri sepolcri? Ci sono le nostre chiusure, i nostri egoismi, la nostra incapacità di metterci a servizio gli uni degli altri, la prepotenza di aver sempre ragione, la sottomissione ai propri voleri: tutto ciò fa morire le nostre famiglie e il rapporto di coppia. Se ciascuno in casa pensa solo a se stesso, in quella casa non sarà mai presente l’acqua viva dell’amore; se nelle nostre famiglie i figli e i genitori viaggiano su binari paralleli senza mai incontrarsi, perché la casa è diventata un albergo per più grandi e i piccoli sono messi in un angolo davanti al televisore o a un piccolo schermo perché non si ha mai tempo per loro, non sarà mai recuperata dal pozzo l’acqua viva dell’unità da portare in tavola, anche perché a nessuno verrà in mente di servire quest’acqua fresca che sgorga dal pozzo speciale che è il Signore.

Uno dei segreti della famiglia felice consiste proprio nella capacità dei componenti di donarsi del tempo. È un dovere che riguarda tutti.

È interessante la storia di un ragazzo, che chiamiamo Filippo: egli cercava sempre di entrare in relazione con i suoi genitori, ma essi, per le tante cose da fare, non riuscivano mai a trovare il momento giusto, a tal punto che alla richiesta di Filippo di passare un po’ di tempo con lui, questi avevano già la risposta pronta: «Non ho tempo». Nel suo immaginario Filippo incontra una strega che concede al ragazzo di potersi vendicare verso i suoi genitori, riducendoli di statura ogni qual volta avessero detto «Non ho tempo». E così avvenne. Si sentiva un po’ in colpa l’abbandonato ragazzo, ma la soluzione per farli tornare “normali” viene dal vecchio pendolo del nonno: «Conserva i tuoi soldi. Il tempo non si compra. Si dona». E siccome Filippo sembrava non aver capito, la voce riprese: «Da domani mattina aiuta i tuoi genitori, fai tutto quello che un ragazzo della tua età può fare. Tieni in ordine la tua stanza e i tuoi giochi, invece di lasciarli dappertutto, apparecchia la tavola, togli le erbacce in giardino e porta fuori i rifiuti. Allora vedrai che i tuoi genitori avranno più tempo per te e anche per se stessi (il che non guasta mai). Il tempo che tu donerai loro, aiutandoli, te lo renderanno. Senza consumarsi più del dovuto...». E così fu. Dopo che Filippo si prodigò a svolgere le mansioni che il pendolo aveva suggerito, Mamma e papà ritrovarono le giuste proporzioni e, sia il ragazzo che i suoi genitori, impararono la lezione.

Cosa ci insegna questa storia?

Molte volte si pretende il tempo e l'attenzione degli altri. L'amore vero, invece, è sempre vicendevole: è fatto di “dare e avere”. Filippo sente il bisogno della vicinanza dei suoi genitori, intuisce che vivere in famiglia significa crescere insieme e che non è giusto che i genitori si consumino soltanto. Alla fine della storia, Filippo impara che anche lui è responsabile in qualche modo della felicità familiare e che il tempo donato è uno dei mattoni di questa felicità, di questo pozzo, mentre i genitori comprendono che il tempo e l’amore non donato, ma rinchiuso nei propri egoismi, nel proprio sepolcro, ci rende sempre più piccoli, non in statura, ma nel cuore, riducendo la capacità di amare e di donare amore.

Insomma: Lazzaro esce dalle profondità della terra per una vita nuova che si prefigura nella sua risurrezione, come comprendiamo dal dialogo tra Gesù e le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria; Cristo è la risurrezione e la vita e lo è anche per le nostre famiglie se dal pozzo del nostro cuore tireremo su l’acqua viva della fede e della Grazia di Dio. Qual è dunque l’acqua che dona vita nuova alle nostre famiglie? Qual è l’acqua che ci manca, che dobbiamo far scaturire dalle sorgenti, per dissetarci, per rigenerarci a vita nuova?

                                                                             

Nelle nostre case, qual è l’acqua nuova che dobbiamo tutti servire sulla tavola delle nostre famiglie? Quali sono quei piccoli servizi da attuare, quei piccoli accorgimenti da adottare fin da subito per donare alle nostre famiglie vita e vigore nuovo? Come possiamo diventare il “secchio di Dio”, strumento nelle sue mani, per portare l’acqua della sua Grazia sulle nostre mense, nelle nostre case, nelle nostre relazioni familiari?

 

* Vengono adottate le letture per l’Anno liturgico A per riprendere il cammino pastorale interrotto l’anno precedente a causa della pandemia che ha portato alla chiusura delle celebrazioni ai fedeli.