III di Pasqua B

Domenica dell’Eucaristia

18 aprile 2021

 

Basterebbe prendere in considerazione alcune espressioni facili da visualizzare con la mente, per comprendere il grande dono che il Signore ci ha lasciato nel suo Corpo e Sangue, nell’Eucaristia che ogni domenica celebriamo, memoriale della sua Pasqua.

Era la sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, il giorno della Risurrezione, quando i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane.

È proprio in questo gesto – visto fare da Gesù diverse volte se consideriamo oltre all’Ultima Cena anche la moltiplicazione dei pani e dei pesci e chissà quante altre volte – è in questo gesto che riconoscono Gesù: Egli non è solo colui che ha spezzato il pane, ma si è spezzato come pane per donarsi a noi e perché come ha fatto Lui possiamo agire anche noi, spezzandoci gli uni per gli altri. «Mi piego, ma non mi spezzo», dicono i bulli: spezzarsi, invece, non è segno di debolezza, ma di amore: il marito lo fa per la moglie e viceversa, i genitori spezzano la loro vita per i figli, come i figli per i genitori. Non sono forse esempi di amore totale che portano l’immagine di Cristo Risorto che ha dato se stesso per noi? E noi, discepoli, siamo chiamati ad agire come il Maestro: da questo ci riconosceranno come cristiani, se avremo lo stesso amore gli uni per gli altri.

Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Gesù sta in mezzo: non deve essere per noi cristiani una semplice posizione, ma un interrogativo: quanto sta in mezzo alla mia vita il Signore? Che posto gli concedo? Nella nostra vita di coppia, in famiglia, nei nostri figli: che posto occupa il Signore? Egli è colui che entra nel nostro cuore, come in quel cenacolo, per donare la pace; siamo disposti ad accoglierla? Quanto è importante nelle nostre relazioni affettive il dono della pace: siamo coscienti che è un dono che viene dal Risorto o pensiamo di cavarcela come se lui non esistesse?

Per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Mangia Gesù, condivide la vita con i suoi apostoli per mostrare loro che non è un fantasma, mentre Lui stesso è diventato nell’Eucaristia nostro cibo, e per donare alle nostre relazioni la gioia di vivere momenti intensi insieme, la forza per superare le paure, la costanza per scavalcare gli ostacoli che si interpongono nelle vita singola, ma anche di coppia e in famiglia.

Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Come pensare ancora che Egli non abbia a che fare con la nostra felicità? Come pensare che nella vita nostra e dei nostri figli Egli possa essere un’opzione neanche troppo importante? Egli è il Risorto e si è fatto pane per noi per sostenere la nostra esistenza, si è fatto vino per allietare il nostro cuore, si è fatto nostro cibo e nostra bevanda perché le nostre case siano come quel cenacolo piene di Lui che sta in mezzo, cioè al centro della nostra vita, e ci permette di godere della pace che vince le paure, della gioia che vince i momenti più faticosi, della fortezza che ci fa guardare al domani con fiducia.

Come non cantare:

È il tuo pane Gesù, che ci dà forza

e rende più sicuro il nostro passo.

Se il vigore nel cammino si svilisce,

la tua mano dona lieta la speranza.

È il tuo vino, Gesù, che ci disseta

e sveglia in noi l’ardore di seguirti.

Se la gioia cede il passo alla stanchezza,

la tua voce fa rinascere freschezza.

È il tuo sangue, Gesù il segno eterno

dell’unico linguaggio dell’amore.

Se il donarsi come te richiede fede

nel tuo Spirito sfidiamo l’incertezza.

E come avviene per ogni circostanza felice, quale la celebrazione della Prima Comunione, stappiamo ancora nelle nostre famiglie una bottiglia di vino buono per festeggiare il sacramento dell’Eucaristia. Insieme a quel Pane c’è del Vino Buono: è proprio Cristo Risorto, che attraverso i suoi sacramenti, rende buona tutta la nostra esistenza.