XXIV del tempo ordinario B

12 settembre 2021

 

È ancora una questione di orecchie aperte e bocca pronta a proferire parole di Vangelo. Infatti: Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro, dice il profeta. L’orecchio ascolta, la bocca parla. E quando ascoltiamo abbiamo poi la possibilità di parlare correttamente o per il gusto di far circolare notizie, giuste o sbagliate, poco ci importa. Ma cosa ci interessa veramente? Dare a tutti una buona parola o gareggiare tra chi la sa più lunga? Il Vangelo non ha bisogno di persone approssimative; implica il coraggio della buona testimonianza di chi non si tira indietro e non racconta notizie vaghe, per sentito dire. Per questo abbiamo bisogno di orecchie attente e una bocca sincera, ma soprattutto un cuore leale e onesto.

«La gente, chi dice che io sia?»: domanda quanto mai imbarazzante. Facile rispondere secondo l’opinione pubblica, semplice raccontare quello che si dice in giro. Infatti essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Più difficile è rispondere di ciò che si pensa, di ciò che si dice, più impegnativo è prendersi le proprie responsabilità senza fondarsi sulle dicerie, come spesso avviene quando ci chiedono: «Hai sentito cosa ha detto quello? Hai sentito cosa ha fatto quella?». Hai sentito: non basta sentire, il Vangelo bisogna ascoltarlo, perché ci sia differenza tra il pettegolezzo e l’annuncio cristiano. Viviamo in una società dove le notizie si rincorrono non solo da bocca ad orecchio, ma oggi che più mai attraverso i mezzi di comunicazione corrono alla velocità della luce e spesso le notizie vengono distorte in base al proprio punto di vista. Basti pensare a come si possono dare le informazioni se una persona ci sta simpatica o antipatica: è sufficiente questa posizione per proferire notizie vere o storpiate a seconda della nostra visione circa la persona in questione, anziché riportare i fatti reali.

Il Signore non accetta annunciatori del Vangelo che si basano sul sentito dire, sulle approssimazioni, sulle simpatie o antipatie. Egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». A noi chiede di metterci in gioco e – come ci ha detto il profeta – di non opporgli resistenza. Ci chiede di metterci in gioco nella fede e di non vivere il nostro essere cristiani in modo approssimativo. Ci chiede di metterci in gioco e di non tirarci indietro, di non lanciare il sasso e nascondere la mano, di non diventare veicolatori di notizie di paese lavandocene le mani col dire: «Ho sentito che… L’hanno detto anche a me e te lo riporto come l’ho sentita…».

Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. Perché mai Gesù non ha chiesto a Pietro di divulgare la notizia? Semplice: Pietro non aveva ancora capito fino in fondo chi era il Cristo, tanto che quando cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere, Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Pensare secondo la mentalità degli uomini è comodo, pensare secondo Dio richiede molto più impegno, perché si tratta di trasformare ciò che ascoltiamo dal Signore in opere concrete e non in chiacchiere. Ce lo dice l’apostolo Giacomo, quando scrive: A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprov­visti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.

Insomma: non accontentiamoci di essere credenti che professano la fede solo con le parole; non sentiamoci apposto perché partecipiamo alla Messa domenicale, ma poi non importa se facciamo fatica, arrivati a casa, a ricordare il Vangelo proclamato; non ci basti dire di essere cristiani a parole, ma coi fatti siamo lontani dal Signore, come Pietro. Chiediamo invece ogni giorno, nella preghiera quotidiana e costante di vivere come il profeta, che non si oppone al Signore e non si tira indietro davanti alla sua chiamata; domandiamo lo Spirito Santo per non essere come gli apostoli nella loro fase approssimativa, correndo il rischio di annacquare il Vangelo di Cristo; chiediamo lo Spirito per rendere il Vangelo vivo con la nostra testimonianza concreta; perché chi ci vede possa anche solo lasciar nascere in sé il desiderio di assaporare la gioia di essere cristiani che si mettono dietro a Cristo non per un vanto personale, non per tornaconto personale, ma per trovare la vita vera che solo lui può donarci.