II di Avvento C

5 dicembre 2021

 

Sorgi, o Gerusalemme, sta' in piedi sull'altura

e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti,

dal tramonto del sole fino al suo sorgere,

alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio.

Sorgi, o Gerusalemme: sorge la Chiesa santa di Dio e poggia stabile sull’altura delle fondamenta della nostra fede e per la nostra fede i muri prendono forma, le pareti si innalzano, cresce l’edificio perché i figli di Dio possano radunarsi in esso.

Sorgi, o Gerusalemme, vedi i tuoi figli riuniti. È in questo radunarsi nell’assemblea liturgica che vive la Chiesa: infatti, “le celebrazioni liturgiche possono radunare la comunità perché sia un cuor solo e un’anima sola, invitano ciascuno a conformarsi al Signore Gesù, a vivere nella sua gloria, a perseverare nella missione ricevuta. Celebrare non è solo imparare, non è solo motivare l’impegno, non è solo rito, non è solo raduno. È grazia, è opera di Cristo che dona lo Spirito, che insegna, che si fa cibo per la vita, gioia per i cuori” (Mario Delpini, Unita libera lieta, Proposta pastorale per l’anno 2021-2022).

Se nella chiesa i figli di Dio si radunano per celebrare, ma il radunarsi non è solo un rito, per quale motivo il popolo santo si riunisce per costituire la Chiesa fondata sulla fede degli apostoli e di coloro che ce l’hanno trasmessa?

È proprio l’apostolo Paolo, colonna portante della Chiesa intera, che può aiutarci a rispondere a questa domanda: “Prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio”.

Dunque: come crescono i muri di una costruzione dalle salde fondamenta, così deve crescere la nostra carità, diventandone noi stessi costruttori, perché la Chiesa che si raduna dentro le mura del tempio, celebrando cresca nella carità e costruisca relazioni vere attraverso gesti concreti di attenzione fraterna che nasce dall’ascolto attento alla Parola di Dio, da una celebrazione ben vissuta e da una conversione che è sempre in atto e che scaturisce dall’incontro con il Signore nella celebrazione dei santi misteri. La conversione, predicata da Giovanni Battista nel deserto arido, risuoni oggi in una Comunità ecclesiale che rifiorisca sempre più di figli santi e amati da Dio, in una Chiesa che non si spopoli giorno dopo giorno e che non si ritrovi con edifici belli, artisticamente magnifici, dalle pietre solide come roccia, ma tristemente e tremendamente vuoti.

La carità ci aiuti a costruire buone relazioni, attenti ad evitare indifferenze verso quanti hanno bisogno di un aiuto, di un sostegno o anche solo di un piccolo gesto di cortesia e di bontà. La carità ci chiede di non fermarci nell’assemblea liturgia per celebrare i grandi riti, ma di far sì che i riti vissuti dentro le mura della nostra chiesa diventino realtà concreta nella Chiesa che vive nelle nostre famiglie e nelle realtà di ogni giorno.

La carità che anima i figli di Dio, e quindi il nostro essere Chiesa, si erige sopra la nostra fede, tanto da portare Paolo a scrivere: “Se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine”.

Quale gesto di carità posso porre oggi? Quale gesto di cortesia può segnare oggi una mia svolta, una conversione autentica, un segno tale da poter dire di aver costruito muri che hanno raccolto e non muri che hanno diviso? Tuttavia non siamo noi a fare tutto, perché

se il Signore non costruisce la casa,

invano si affaticano i costruttori;

se il Signore non vigila sulla città,

invano veglia la sentinella.

(Salmo 126)