VI del tempo ordinario C

13 febbraio 2022

 

In un mondo relativista come il nostro, dove è la coscienza personale a giudicare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, le parole del Signore per bocca del profeta prima e di Cristo poi ci portano in tutt’altra direzione. La vita del cristiano infatti non si fonda né sul sentito dire, né sulla mentalità popolare dettata dai mezzi di comunicazione e nemmeno su una percezione privata che risponde al: “se va bene a me, è giusto così”. No. Gesù nel suo discorso della montagna parla di beatitudini di cui l’uomo può godere, ma anche di maledizioni nelle quali può incappare se non modella la sua esistenza sul bene, preferendo il male. Certamente tutto può essere valutato in modo relativo: ciò che è bene per qualcuno, è male per altri e ciò che arreca profitto per taluni, può portare danno ad altri. Se ci fermiamo a questo modo di intendere il bene e il male allora possiamo porci la domanda: cosa è bene? cosa è male? Un dilemma che nasce fin dalle origini, quando Adamo ed Eva, disobbedendo al comando di Dio per dare retta al vigliacco tentatore, hanno mangiato quella che volgarmente e comunemente viene chiamata “la mela del peccato”. Che sia stata una mela o un altro frutto poco ci importa; sta di fatto che quello, secondo la versione dell’autore sacro della Genesi, era il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, che avrebbe portato l’uomo a scegliere l’uno o l’altro. Potremmo dire che questa possibilità è cosa buona, perché così l’uomo è in grado di vedere il bene e il male e di decidere da sé. Infatti Dio non ha esitato nel lasciarci liberi. Il problema si pone proprio nel come utilizziamo la nostra libertà, se per il bene o per il male. Questo per noi potrebbe essere un punto di forza, ma in realtà è qui che si manifesta la nostra debolezza, perché mentre pensiamo di scegliere il bene non ci accorgiamo che questo può essere male.

Il salmista, ispirato da Dio, ci dice:

Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti.

Anche per Adamo ed Eva il frutto proibito era apparentemente buono da mangiare e chi non avrebbe raccolto da quell’albero la famosa “mela”? Ogni cosa che appare buona la ingeriamo e ciò che ci sembra nocivo lo scartiamo. Ma solo nella legge del Signore troviamo la nostra gioia e se meditiamo la sua legge giorno e notte troveremo la risposta all’eterno quesito: è bene o è male?

Così facendo l’uomo che confida nel Signore e si lascia guidare dalla sua parola

è come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non dobbiamo aver paura di scegliere il bene, anche quando questo comporta una scelta che non rispecchia la mentalità sociale o ci porta a staccarci da idee o da persone, perché – come dice il Signore per bocca del profeta – «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia». Non dobbiamo aver paura, perché «Beati voi – ci ribadisce Cristo – quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo». Non dobbiamo temere, poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina.

Come non ricordare le memorabili parole di Papa Benedetto XVI, poche ore prima della sua elezione alla cattedra di San Pietro, che ci indicano la direzione da prendere nella continua lotta tra bene e male: Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. (Omelia del Card. J. Ratzinger nella Missa pro eligendo romano pontifice, 18 aprile 2005).

Rivestiamoci di Cristo.