II di Quaresima C

13 marzo 2022

 

Fin dall’inizio Dio si lega così tanto all’umanità creata, da porre la sua alleanza con un uomo che non conosceva Dio, un pagano, scelto dal Signore da una terra sconosciuta. Ad Abramo Dio promette una discendenza inesauribile, una discendenza della quale anche noi, millenni dopo, ne facciamo parte. Abramo, infatti, è padre di tutti i popoli nella fede. Per fede, infatti, egli lasciò la sua casa, per fede lasciò i suoi beni, per fede lasciò la sua comunità per dirigersi verso un luogo che Dio non gli rivelò subito, ma solo quando, messo alla prova, si dimostrò fedele.

La fedeltà di Abramo diventa per noi motivo di benedizione, perché in lui sono benedette tutte le stirpi della terra e anche noi siamo i benedetti da Dio.

Bene-dire: Dio ci benedice, perché dice bene di noi, malgrado il nostro peccato, malgrado le nostre bestemmie, malgrado la nostra lontananza da lui. Dio ha benedetto la discendenza di Abramo, il popolo dell’antica alleanza, come quello della Nuova, ovvero la Chiesa. Dio ci benedice, perché non può parlare male di noi, suoi figli, non osa nemmeno pensare male di noi, benché gli possiamo dimostrare il contrario ogni giorno.

Dove si impara a bene-dire? Dove impariamo a dire bene? Dove abbiamo imparato parole di benedizione? In casa: sì, è in casa nostra che abbiamo imparato che la benedizione è racchiusa in quel bacio che mia nonna stampava sulla fronte a noi nipoti, segno di una protezione che continuava oltre la porta di casa; è in casa nostra che abbiamo imparato a benedirci a vicenda, anche quando, per incomprensioni, divergenze o battibecchi, ci mandiamo a farci benedire gli uni gli altri; è in casa che abbiamo imparato la bellezza del perdono che scaturisce dall’amore che rende forti e tremendamente belle le nostre famiglie, dove non ci si approfitta della bontà altrui, ma si cresce nella responsabilità che non tutto ci è dovuto, ma tutto ci è donato.

Di fronte a questo circolo di benedizione gratuita, che Dio ha esteso da Abramo in poi, non possiamo che benedire Dio con la discendenza di Abramo, nostro padre nella fede, attraverso le parole del salmo 135:

Benedici il Signore, casa d'Israele;

benedici il Signore, casa di Aronne;

benedici il Signore, casa di Levi;
voi che temete il Signore, benedite il Signore.

Da Sion, sia benedetto il Signore, che abita in Gerusalemme!

Gerusalemme è l’immagine della nostra comunità, l’immagine della Chiesa nella quale abita il Signore, è l’immagine delle case che circondano la casa di Dio e formano un’unica grande realtà, un’unica grande famiglia nella quale abita Dio: Dio, infatti, non abita soltanto questo suo tempio, ma da questo tempio desidera abitare anche le nostre case. È buffa la richiesta di Pietro, sul monte Tabor, di fronte alla Trasfigurazione del Signore: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Non poteva saperlo, perché era troppo meravigliato dalla bellezza di quel momento. Tre baite sulle montagna per contenere il Signore, Mosè ed Elia: ma il Signore non ha bisogno di capanne per restare con noi; ha bisogno delle nostre case per dimorare per sempre in noi, nella nostra vita e nella nostra esistenza. Egli vuole che le nostre case siano immagine della sua casa, dove si respira non solo il profumo dell’incenso o l’odore delle candele, ma soprattutto la bellezza della sua presenza, dalla quale Pietro non vuole staccarsi. Non aveva capito Pietro che quella era solo l’anticipazione del Paradiso. Chissà se proviamo anche noi quella gioia che provarono gli apostoli nello stare alla presenza del Signore; chissà se proviamo anche noi la gioia di essere qui alla sua presenza, per portare da questa sua casa alle nostre case quella gioia che tutti unisce e nessuno divide, che tutti rallegra e nessuno rattrista, che tutti perdona e nessuno allontana. Chissà se riusciamo a portare in casa lo stesso entusiasmo di Pietro, la fedeltà di Abramo, l’amore di Dio che si dona a noi in Cristo.

Usciamo da queste porte portando con noi il Signore e anche le nostre case saranno abitate dalla sua presenza, dalla sua benedizione, dalla sua grazia. Usciamo da queste porte custodendo il Signore in noi e portiamolo in casa, così che le nostre dimore siano il segno della sua alleanza che mai ci abbandona, per essere quella Chiesa, quella comunità, quella Gerusalemme santa nella quale abita Dio.