Corpus Domini C

5 maggio 2022

 

Proprio mentre il sole tramonta e le fatiche della giornata si fanno sentire, è più facile congedare e mandare tutti a casa che farsi in quattro e cominciare a servire. Non è strano allora che i Dodici si avvicinarono a Gesù dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta», ma Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare».

Mentre i discepoli cercano di defilarsela per non aver a che fare con tutta quella folla, Gesù stesso li rimette in gioco e chiede loro molto, molto di più: chiede loro di non essere soltanto dei servitori, ma cibo per la loro fame. Cristo stesso, nella sua Pasqua, si è fatto nostro cibo per saziare la nostra fame di Dio e di fronte alla volontà del Padre non si è tirato indietro. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla: anticipazione, questa, di ciò che avrebbe fatto nella Cena con i suoi apostoli prima di consegnarsi alla sua condanna, quella cioè di essere il Figlio di Dio.

Anche noi siamo figli di Dio e come Cristo, se non siamo chiamati ad andare verso l’altare della croce, siamo certamente chiamati a mettere nelle mani di Dio la nostra vita per la Chiesa, per i fratelli, per la salvezza del mondo.

Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: egli era solo prefigurazione di Cristo che nell’offrire a Dio il pane e il vino, consegnò tutto se stesso. Ora comprendiamo meglio le sue parole, quando disse ai suoi discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare». Egli ci mostra che dare la vita non è segno di debolezza, ma di forza; ci insegna che la stessa forza che ci viene dal pane e dal vino ce la dona lui stesso nel suo Corpo e nel suo Sangue, non tanto per sopravvivere, quanto per essere forti, coraggiosi, perseveranti nella sua Chiesa, a servizio della sua Parola, di un Vangelo che non può restare chiuso in un cenacolo, ma deve uscire ed essere proclamato ad ogni creatura.

Attingiamo dall’Eucaristia la forza, il coraggio, la perseveranza per essere cristiani che non si tirano indietro e lasciano ad altri il proprio compito, che non si nascondono dietro mille scuse come stavano facendo gli apostoli cercando nel giorno ormai al tramonto una giustificazione per non mettersi in gioco.

Cristo ha bisogno di noi, perché diventiamo per i nostri fratelli pane e vino per dare forza ai cuori affranti, per aiutare i fratelli a portare i grossi pesi della vita, per diventare una buona parola e un buon consiglio in un mondo che ha fatto dell’individualismo il proprio stile di vita e dell’egocentrismo il proprio paradiso. Cristo ha bisogno di noi e della nostra perseveranza che possiamo attingere dalla preghiera quotidiana e dall’incontro con Lui risorto presente nel sacramento eucaristico; perseveranza che possiamo attingere dall’ascolto attento del Vangelo e dalla parola degli apostoli di ieri e di oggi attraverso il magistero della Chiesa; perseveranza che possiamo attingere dalla Chiesa stessa, vivendo nella comunità da veri cristiani.

Solo così, forti e coraggiosi, perseveranti in tutto, nutriti di Cristo, pane vivo, nutriremo gli altri di Cristo stesso, spezzeremo il vero Pane con coloro che ci sono accanto e condividono o non condividono con noi la gioia di essere Chiesa, sazieremo il mondo che ha fame, tanta fame di Dio, anche se non vuole farlo capire.

O memoriále mortis Dómini,
Panis vivus, vitam præstans hómini,
præsta meæ menti de te vívere,
et te illi semper dulce sápere.

Della sua morte, o dolce memoria,

o pane vivo che vita ci doni,

fa’ che la mente mia viva di te

e gusti quanto è soave conoscerti!