XIII del tempo ordinario C

26 giugno 2022

 

Che enorme differenza c’è tra Gesù e noi che siamo i suoi seguaci di oggi.

Lui, con grande determinazione, punta verso Gerusalemme, la città nella quale, sa bene, dovrà dare la vita per la salvezza del mondo. Nessuno lo ferma, nemmeno i suoi apostoli, neanche Pietro che, ergendosi a sua difesa se qualcuno l’avesse anche solo sfiorato, si è sentito dire dal Maestro: «Mettiti dietro a me, Satana, e non pensare secondo gli uomini, ma secondo Dio». Gesù è determinato, perché la salvezza degli uomini non è qualcosa di blando, di rimandabile, di contrattabile. Se non è determinato Dio, chi lo è? L’uomo con tutte le sue fragilità che nasconde dietro a tante false determinazioni?

Ne sono prova le diverse persone che Gesù incontra nel suo cammino verso la città santa, delle quali non sappiamo che fine abbiano fatto. Analizziamole e mettiamoci nei loro panni: forse capiremo cosa ne è stato di loro dopo quell’incontro con la determinazione di Gesù.

La prima: è un tale che gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Facile seguire Gesù, pensando di trovare in Lui la risoluzione ad ogni problema. Basta chiedere con un briciolo di fede e siamo certi che ci donerà quello che gli chiediamo, sistemerà la nostra vita e saremo sempre al sicuro. Poi ci accorgiamo che non è proprio così, che non sempre quello che chiediamo si realizza, che Cristo non è e non ha la bacchetta magica delle favole, quella che sistema tutto in un batter d’occhio. E allora iniziamo a dire che è inutile pregare, perché tanto non ci ascolta, perché non è attento alle nostre richieste, perché siamo cattivi e quindi gli stiamo antipatici. Tutti questi discorsi da bambini piccoli, più che da cristiani adulti. Se Gesù non ha dove posare il capo, vogliamo che la nostra vita sia una sicurezza assoluta? Cristo non pone certezze, ma ci da la forza per vedere nella nostra vita il suo disegno e la capacità di seguirlo, non secondo i nostri schemi, ma secondo il volere di Dio che è molto meglio.

Alla seconda persona disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Quanta paura abbiamo a fare la volontà di Dio e a seguirne i suoi disegni: pensiamo sempre che ci tolga ogni cosa. Abbiamo paura che ti tolga i figli, per questo a molti genitori non si può parlare di vocazione sacerdotale o religiosa, poi magari li lasciano liberi per il mondo sempre così attraente ma quando mai pericoloso. Abbiamo paura che seguendo Dio gli altri ci mettano da parte e così finiamo per restare soli: questo lo si avverte sicuramente nei ragazzi che persino al CRE hanno paura a pregare ad alta voce accanto ai loro amici; ma anche gli adulti non scherzano. Abbiamo paura che seguendo il Signore tutti i nostri schemi ben preparati saltino e la nostra vita vada in crisi. Lasciamo morire questi pensieri e annunciamo il regno di Dio diffondendo fiducia e speranza nel Signore.

La terza persona disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». Quanti però, quante condizioni dettiamo al Signore. Vogliamo salvare capra e cavoli e abbiamo un piede che tira a destra e l’altro a sinistra. Siamo confusi, non sappiamo che fare, siamo incerti e incostanti anche nelle cose più semplici della vita, come le amicizie, le relazioni: finché ci stanno bene allora andiamo sul sicuro, poi basta che qualcosa cambi, una parola di troppo, un impegno costante e via, siamo disposti a buttar via tutto, come le stoviglie “usa e getta”. Il Signore ci insegna che la sequela cristiana non porta gioia e soddisfazione, ma anche fatica e delusione; tuttavia seguire la volontà di Dio nella vita di tutti i giorni può regalarci con il tempo una realizzazione particolare, qualcosa di inaspettato ed entusiasmante. Solo non bisogna perdere la determinazione di seguire Cristo, di chiedere al Padre che sia fatta la sua e non la nostra volontà e di vincere quelle paure che ci fanno tornare sui nostri passi, anziché lasciarci condurre da Lui verso ciò che è bene per noi e quindi per tutti.

Dunque: che fine hanno fatto quelle tre persone che hanno incontrato la determinazione di Gesù?

Se non sappiamo cosa rispondere guardiamo all’esempio di Eliseo, che senza troppe remore afferra il mantello di Elia, simbolo del suo essere profeta e subito, sentendosi investito e rivestito di questo servizio, non si tira indietro e da profeta inizia il suo ministero che Dio gli aveva affidato, senza “se” e senza “ma”. Pensiamo a Giovanni Battista, la cui memoria abbiamo ricordato in questi giorni nella sua Natività: un uomo che, chiamato ad essere profeta dell’Altissimo, ci ha sempre messo la faccia e addirittura alla fine ci ha rimesso la testa, dando testimonianza alla Verità di Dio, vincendo la paura dell’imperatore e dei suoi delegati, andando oltre il giudizio degli altri che lo ritenevano anche un indemoniato. Abbiamo solo l’imbarazzo della scelta per mettere a confronto la nostra determinazione con quella dei grandi profeti. Ma non dimentichiamoci la domanda: che fine hanno fatto quelle tre persone che hanno incontrato la determinazione di Gesù? A che punto è la nostra?