Stampa

IV del tempo ordinario A

29 gennaio 2023

 

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro. Gesù sale in cattedra, come lo vediamo ben rappresentato dal dipinto con Maria ai suoi piedi e Marta che interviene per voler dir la sua, quasi a insegnare lei al Signore ciò che deve dire. Gesù sale in cattedra e le folle si radunano intorno a lui per ascoltare la sua Parola. Gesù sale in cattedra sul monte per insegnare al mondo a staccarsi dal mondo. Salire sul monte significa proprio questo: lasciare a valle tutte le cose del mondo per avvicinarsi a Dio e questo noi lo sperimentiamo non tanto o non solo quando lasciamo la vita quotidiana per una passeggiata sulle nostre montagne, ma ogni giorno quando ci avviciniamo a lui attraverso la preghiera.

Alla scuola di Cristo e nella fede abbiamo imparato le diverse modalità di preghiera, personale o comunitaria, in famiglia o radunati a piccoli gruppi nelle case delle nostre comunità: ora non ci resta che metterci in ascolto dei suoi insegnamenti staccandoci dalle cose del mondo e del nostro tempo per comprendere sempre di più il pensiero di Dio.

Egli per mezzo del profeta Sofonìa ci dice: Cercate il Signore voi tutti della terra, cercate la giustizia, cercate l'umiltà. Il cuore dell’uomo è sempre alla ricerca di ciò che lo soddisfa, spesso però la ricerca può essere fruttuosa, ma il risultato scadente, perché non cerca ciò di cui ha bisogno, ma si ferma a ciò che è allettante, a ciò che da piacere, a ciò che soddisfa per un momento i propri desideri o anestetizza le proprie inquietudini. Cerchiamo il Signore, perché è lui che ci insegna ciò che fa per noi, ciò che ci dona la vera vita. La preghiera, come la fede da essa alimentata, sembrano oggi ciò che di più inutile si possa trovare; in realtà abbiamo tra le mani strumenti così importanti per il cuore dell’uomo sempre inquieto e insoddisfatto che neanche ce ne accorgiamo.

Certamente gli insegnamenti del Signore non sono facili da apprendere e la sua parola non è semplice da attuare. Il discorso sulle beatitudini è l’esempio tra i più evidenti di questa difficoltà a mettere in pratica ciò che il divino maestro ci insegna: come è possibile essere beati, cioè felici, quando si è poveri in spirito, se per essere qualcuno oggi sembra che bisogna farsi strada attraverso l’inciviltà, l’arroganza, la superbia, la maleducazione e la mediocrità? Come è possibile essere beati se si è nel pianto e la vita riserva duri momenti di prova? Come è possibile essere felici se si è miti e si viene presi a pugni in faccia o a piedi in testa? Come è possibile essere felici se si ha fame e sete della giustizia quando l’han sempre vinta i furbi e i disonesti? Per non parlare dell’essere misericordiosi o puri di cuore se si viene etichettati come gente dal carattere debole e si soccombe. Come fare ad essere beati perché operatori di pace, quando il mondo stesso vive una terza guerra mondiale e ci viene insegnato che “chi l’ha dura la vince” e nei rapporti ci si scontra sempre anche per cose futili pur di avere un primato riconosciuto? Come è possibile essere felici quando si è perseguitati o insultati e si sente ogni sorta di male e di menzogne, mentre si tenta anche solo di vivere il Vangelo da veri cristiani? La risposta ce la insegna colui che dalla cattedra del monte dice ai suoi discepoli e alunni: «Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Ma a qualcuno di noi interessa la ricompensa dei cieli o siamo sempre più convinti di voler ottenere ricompense umane?

In un mondo disegnato in bianco e nero, immerso nel grigiore dell’apatia e dell’arroganza di sapere già tutto, finendo col perderci nella nebbia del niente, abbiamo bisogno di nuovi colori che accendano di bellezza la nostra vita, che ci permettano di disegnarla con i propri pregi e con i propri difetti, anche se nessuno pensa di averne; e invece è proprio partendo da questi e vedendoli con la luce e con i colori di Dio che riusciremo a dare senso alla fede e alla preghiera, perché Dio vuole da noi la beatitudine dell’imperfezione, perché a renderci perfetti ci penserà Lui se continueremo a metterci alla scuola del Vangelo e, guardandoci allo specchio, sapremo essere felici dei colori che il Signore pone nelle nostre mani per fare di noi un ottimo capolavoro, un’opera d’arte senza eguali.

Stacchiamoci dai pensieri che affollano la nostra mente, saliamo sul monte per radunarci attorno al Signore, cerchiamolo per metterci davanti a lui nella preghiera e come don Bosco, dopo aver appreso gli insegnamenti di Cristo, insegniamo a pregare ben coscienti che vinceremo il nero della vita con i colori delle beatitudini e della santità che Cristo, mediante la fede e la preghiera, metterà nelle nostre mani per colorare questo mondo grigio con la nostra testimonianza e con la nostra gioia cristiana.