Maria Madre di Dio
1 gennaio 2017
Chissà cosa avrà custodito Maria nel suo cuore. Chissà quel cuore come era in fibrillazione non capendo cosa stava succedendo. È la meraviglia, ma anche la paura. La meraviglia di trovarsi in quel presepio a fare i conti con gente che va e gente che viene, gente sconosciuta che viene ad adorare un bambino e a congratularsi con lei e con Giuseppe per questa nascita. Meraviglia di vedere pastori e poi Magi, gente povera e ricca davanti a quella mangiatoia, gente povera che torna a casa ricca di una grazia che si è sprigionata da quella culla, e gente ricca che va via povera perché spogliata delle proprie grazie e dei propri onori donati al Bambino. Meraviglia? Forse caos. Ma anche paura, perché Maria non comprende, cerca di capire quel progetto originario di Dio che l’ha voluta sua Madre e cerca di capire cosa ne sarà mai di quel Bambino che i poveri adorano e i potenti cercano di uccidere. Meraviglia e paura sono i sentimenti di ogni madre, che di fronte al piccolo figlio si meraviglia per un dono così grande, quale è la vita, ma nello stesso tempo ha paura per quel figlio che dovrà vedere crescere e non sa come crescerà. Che angosce, che sorprese, che ansia. E Maria di fronte a tutto questo non parla, tace, fa silenzio. Giuseppe, che è campione nel tacere e ancor più nell’ascoltare, l’avrà contagiata. Chi parla ora non è più Maria, ma sicuramente i pastori, primi apostoli della Parola di Dio, che dopo aver visto riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Ebbene sì, questi straordinari apostoli recano a tutti l’annuncio che a loro volta avevano ricevuto dagli angeli, quell’annuncio di pace che giunge ai cuori di tutti portandoli a lodare Dio per quanto sentono dire di così meraviglioso. È l’annuncio di pace che anche noi al termine di un anno e all’inizio di uno nuovo siamo chiamati a diffondere sulla terra. Un annuncio che non possiamo trattenere o mettere da parte. Se ci sentiamo come i pastori, meravigliati e stupiti davanti al Bambino Gesù, non possiamo che diffondere l’annuncio della pace che egli ha portato sulla terra. Se siamo anche noi conquistati dalla tenerezza di questo Bambino non possiamo che agire come hanno agito i pastori: andare a Betlemme, vedere la gloria di Dio che si manifesta in Cristo Gesù e tornare annunciando a tutti che Dio è con noi. Sì, Dio è con noi quando, come Maria e Giuseppe, ascoltiamo la voce di Dio, quando annunciamo la sua Parola, quando diventiamo costruttori di pace mettendo in pratica le Scritture. In questo mondo nel quale è più facile perdersi in un bicchiere d’acqua e prendersela per poco finendo col litigare molto, viene a noi dalla Scrittura un augurio quanto mai gradito: “Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Il Signore Dio, nel Bambinello nato a Betlemme, vuole mostrarci il suo volto, il volto tenero dell’amore, della misericordia e della pace. Egli in Cristo vuole donarci pace. Perché mai dovremo ancora continuare a farci guerre? Perché mai il mondo sembra desiderare il sangue anziché sanare le ferite lasciate dalla violenza umana? Il Papa, nel suo messaggio per la Giornata mondiale della Pace che la Chiesa celebra in tutto il mondo il primo giorno dell’anno civile, invita tutti gli uomini di buona volontà a usare la non violenza come stile di una vita politica di pace. Forse di politica non ce ne intendiamo se non per quello che la televisione ci racconta, ma anche noi siamo chiamati alla non violenza. Infatti non è solo questione di armi, ma spesso più di parole. Basta infatti esprimere un pensiero che questo diventa critica, la cristica scatena rabbia e la rabbia porta alle offese. E così in questo circolo vizioso siamo immersi anche noi. La non violenza come stile di vita deve aiutarci a dosare le nostre parole, a fare in modo che esse diventino sempre più buone, sempre più belle, diventino Vangelo di pace per quanti ci stanno accanto. Lo stile della non violenza lo apprendiamo proprio dal Vangelo, dalle Scritture, diventando anche noi come i pastori apostoli di una parola bella, quella fatta carne nel Bambino di Betlemme. Impariamo allora da Maria e da Giuseppe l’arte del silenzio, per custodire nel nostro cuore quanto il Signore vuole manifestarci e così diventare portatori di questo annuncio di pace che il Signore vuole affidare alla nostra buona volontà.