IV di Pasqua A

Domenica dell’Eucaristia

30 aprile 2023

 

Appare un po’ eccessivo il monito di Pietro: «Salvatevi da questa generazione perversa!», soprattutto in un clima di distensione dove ciascuno può fare quello che vuole senza porsi troppi limiti, in quanto il bene di ognuno non importa che sia il male per qualcun altro; a livello politico ad esempio, ci riempiono la mente e la bocca di proclami contradditori passando dalla questione pacifista nel mondo alla mercificazione della donna sull’utero in affitto. Ma la banalità dell’uomo non è data solo dal suo pensiero, ma dal consenso che il pensiero raggiunge. Ed qui che prendono forma le perversioni di cui parla Pietro, quando ciascuno diventa giudice di se stesso e il confronto serio e intelligente lo si fa sui proclami televisivi o sulle pagine dei social-media; questi – come ricordava il giovane Acutis – non sono una dannazione, ma una benedizione di Dio, se usati intelligentemente e con responsabilità. Egli, così appassionato della rete virtuale, faceva della sua stanza da letto prima e durante la malattia che l’ha portato alla morte, un luogo di evangelizzazione, ben cosciente che anche da un letto si diventa missionari per il mondo intero che viaggia sulle frequenze di internet. Ma siamo tutti coscienti del bene e del male che questi strumenti riservano? Possono essere sì strumento di evangelizzazione, ma purtroppo diventano anche luoghi immaginari nei quali scrivere, vedere, filmare le più grandi e gravi mostruosità. Diciamo che l’apostolo Pietro ci aveva visto lontano quando esortava il popolo dicendo: «Salvatevi da questa generazione perversa!». 

Cosa fare? Se il pastore fosse sicuro che nessun ladro, nessuna bestia feroce, nessun mercenario lo derubi delle sue pecore e che queste, lasciate libere di pascolare, non si caccino in qualche guaio o finiscano in qualche dirupo, non costruirebbe un recinto. Ma poiché sa bene che in sua assenza queste potrebbero trovare la morte da un momento all’altro, perché non vadano perdute, costruisce loro un recinto e le conduce al sicuro nella sua stalla. Così anche per noi ha costruito un recinto, una stalla, della quale egli si definisce la porta attraverso la quale noi, sue pecore, passiamo, ci spostiamo e troviamo pascolo, ovvero la gioia di vivere, la felicità piena, come ci fa pregare il salmo 22. E qual è il pascolo al quale Egli ci conduce per nutrirci? È Lui stesso che si è fatto pane per noi, pane che sazia la nostra fame di felicità, la nostra fame di eternità. Nutrirsi di Cristo, pane vivo e vero, e stando davanti a lui in adorazione ci fa sentire il desiderio di santità, il desiderio di essere felici. Ma quanto tempo diamo al Signore? Quanto tempo passiamo in adorazione dell’Eucaristia? Siamo ancora come Marta o stiamo pian piano assumendo i tratti della sorella Maria? Stare davanti a Cristo Risorto presente nell’Eucaristia ci fa sentire il desiderio di santità e il desiderio di essere felici nel recinto della Chiesa, della comunità, della famiglia gustando la bellezza di quanto il Signore ci ha donato. Certamente non in ogni recito vige l’armonia e la serenità, tuttavia le pecore che seguono il Buon Pastore sono sicure di percorrere la strada giusta, portando nei luoghi di vita quotidiana quella serenità che desideriamo, e questa la possiamo portare con la forza che ci viene data dall’Eucaristia, che infonde in noi il coraggio di cambiare anche quegli aspetti che non sono buoni, senza il bisogno di evadere, senza scappare, senza sentire la necessità di fare quello che si vuole senza obbedire ad alcuna regola, abbandonando così il recinto, quel recinto che non soffoca, ma protegge dai lupi rapaci, protegge dal male che attacca nella vita reale o in quella virtuale.

A cosa serve andare a ricevere quello che i cristiani chiamano il santissimo Sacramento, cioè l’Eucaristia, attraverso la comunione? Serve a far crescere il vigore dello spirito per essere capaci di portare il vangelo nella vita quotidiana, sia essa reale o virtuale. Non è facile e questo lo si vede bene: per esempio, quando si pubblica nei propri contatti un pensiero religioso, un programma spirituale, un annuncio ecclesiale si trovano pochissime condivisioni, mentre quando si tratta di un’adunata a base di polenta e cotechino o robe di questo genere, piuttosto che musica da sballo o critiche che sfociano in attacchi verbali allucinanti, allora le condivisioni non si contano, i botta e risposta, anche offensivi, crescono e le esaltazioni non si pongono limiti. Ma siamo i cristiani del Pane eucaristico o i cristiani del pane e cotechino? Siamo i cristiani che nella Comunione si sentono fratelli o i cristiani che senza la Comunione si scagliano pesantemente gli uni contro gli altri?

A cosa serve pregare davanti all’Eucaristia? Carlo Acutis sosteneva che stare davanti a Cristo presente nel Pane consacrato è la via più veloce per il paradiso, che non significa raggiungere immediatamente il Cielo, attraverso la morte corporale, ma – come sanno i cristiani con una fede più solida – significa vedere il paradiso rispecchiato qui in terra, se seguiamo il Buon Pastore e non ci perdiamo nelle strade del nulla e delle nullità che troviamo spesso nella rete virtuale.

Come pregare davanti all’Eucaristia? Con una richiesta di perdono, com’è il “Kyrie” (Signore) che invochiamo all’inizio di ogni Messa; oppure con una lode gioiosa, come ci porta a cantare l’“Alleluia” pasquale, manifestando al Signore la gratitudine per i benefici ricevuti; o proclamando la nostra fede in qualsiasi “Amen” che professiamo nella celebrazione e in ogni preghiera che termina con questa esclamazione.

Se vogliamo salvarci da una generazione perversa e se desideriamo salvare questa nostra generazione impariamo e insegniamo come pregare stando con Cristo presente nell’Eucaristia, perché anche le relazioni reali e virtuali non siano come un recinto dissestato, ma come una casa, sicura e bella nella quale respirare il calore che il Risorto ci dona quando partecipiamo alla Messa ogni domenica, perché nell’Eucaristia, ogni domenica, riceviamo il calore e la forza spirituale che si estendono per l’intera settimana.