IV del tempo ordinario A

Festa di San Giovanni Bosco

29 gennaio 2017

Perché il Signore Gesù ci propone una lista di modi per essere beati? Cosa vuole da noi? Dio non vuole altro che la nostra felicità. Sì! Dio vuole che noi, suoi figli, siamo felici. Ecco perché il Figlio suo ci indica la via giusta da seguire attraverso le beatitudini. Agli occhi del mondo possono essere discutibili, se non altro perché facciamo fatica a pensare che un perseguitato a causa del Vangelo possa essere felice, o che un sofferente e un affamato a cui viene negata la giustizia, possa godere della gioia piena. Ma Gesù non ci sta dicendo questo. Ci sta prospettando una vita nuova che va oltre quella momentanea. Ci sta ad indicare un futuro che avrà pieno compimento nella ricompensa eterna, passando certamente da qualche momento di angoscia o di sofferenza terrena. Non dice infatti: «Beati i poveri», ma: «Beati i poveri in spirito»; non dice «Beati gli affamati», ma: «Beato chi ha fame e sete di giustizia»; non dice nemmeno: «Beati i perseguitati», ma: «Beati voi quando vi perseguiteranno per causa del vangelo», perché malgrado tutto «vostro è il regno dei cieli» e «grande sarà la vostra ricompensa». Quale padre o quale madre nell'educare il proprio figlio gli prospetta una vita facile, senza troppo impegno, senza grosse fatiche? Un genitore che pensa di alleviare le fatiche del figlio raccontandogli che la vita è tutta rose e fiori per paura di spaventarlo non è un genitore, ma un illusionista che, come tanti illusionisti, traccia il disegno della realtà come se fosse tutta una bella storia romantica a lieto fine e non si accorge o finge di non accorgersi che non è così. Nella vita ci sono fatiche da fare, sofferenze da affrontare, decisioni radicali da prendere che comportano anche fatica e paura, ma il Signore, nelle beatitudini ci sta dicendo che la soddisfazione sarà più grande se quanto viviamo lo compiamo mettendo lui al primo posto, perché è lui che entra nella nostra vita e rimane con noi, come ha fatto ad Emmaus con quei due discepoli delusi e sconsolati, perché cercavano la felicità altrove, nella forza e nella potenza del Messia, senza fare i conti con la croce e la morte. Egli, il Signore, entra nella nostra vita per donarci la felicità di vivere una vita serena, ma non senza sofferenze, perché lui che è e rimane con noi ci darà la forza per affrontare ogni cosa, lieta o triste. Guai a noi, genitori ed educatori, se insegnassimo ai più piccoli che la vita è solo gioia, guai a noi se con la stessa mentalità degli adolescenti restassimo con loro sulle nuvole e non li riportassimo con i piedi per terra per paura di traumatizzarli. La beatitudine di cui ci parla il Signore non è qualcosa di fantaromantico, di illusorio. E questo don Bosco lo sapeva bene. Non ha attirato con sé ragazzi per lasciarli nell'ozio, per proteggerli dalla sofferenza, per prospettargli un futuro roseo, ma attraverso il suo affetto e sicuramente la sua azione educativa seria, a tratti sicuramente severa, ma amorevole, ha formato uomini che sapessero fare scelte coraggiose nella vita e non ragazzetti imbambolati da una vena romantica, tipo prima cotta amorosa, che non sapevano distinguere il bene dal male perché tutto sembrava così bello. In una società, la nostra, dove spesso si diventa iperprotettivi nei confronti dei figli calando le braghe su tutto, dove la misericordia è confusa col buonismo e dove la responsabilità lasciata ai figli è confusa col «Fai quello che vuoi», cari genitori occorre dare una svolta. L'educazione non è fingere che vada tutto bene, non è lasciar fare perché ciascuno deve crescere a modo suo, non è fare silenzio per non urtare la sensibilità altrui o perché non sono affari nostri. “L'educazione, scriveva don Bosco, è cosa del cuore”, quindi se amiamo i nostri ragazzi, i nostri adolescenti e giovani, i nostri figli non possiamo fingere, non possiamo prospettar loro una vita beata, ma educarli a una vita impegnata, responsabile e non semplice. Occorre educarli a scoprire la loro vocazione, fosse anche quella sacerdotale o religiosa, per rispondere a quel disegno di Dio sulla loro vita, perché non crescano senza obiettivi, senza la ricerca di realizzazioni, senza il desiderio di crescere, perché soffocati dalle nostre beatitudini e non da quelle evangeliche. L'armonia familiare, l'impegno scolastico, la preghiera vocazionale, la vita comunitaria in oratorio, l'attenzione verso chi è solo non sono optional nella questione educativa. Cristo ci chiede che facciano parte della nostra vita e lui entra in essa, rimane con noi, perché attraverso questi insegnamenti aiutiamo i nostri figli, i nostri ragazzi e giovani a scoprire la vita, anche attraverso le fatiche che ne derivano. Cari ragazzi, adolescenti e giovani: la vita è bella, ma non è un continuo sogno ad occhi aperti. Va coltivata bene, vissuta al meglio a costo di tralasciare quelle cose e quelle situazioni che la frenano, che la impoveriscono, che fanno perdere la testa. Cari genitori ed educatori, non smettiamo di educare nel modo giusto, insegnando, ammonendo, rimproverando, sostenendo le cose buone, senza illudere, senza deludere, senza fingere che tutto vada per il meglio. E voi ragazzi ascoltate chi vi rimprovera, vi ammonisce, vi incita e vi sostiene per il vostro bene, e la beatitudine, quella che Gesù ci ha indicato nel Vangelo, non sarà lontana da voi. Perché Cristo entrando nella vostra, nella nostra vita, e rimanendo accanto a noi, come ha fatto don Bosco con i suoi ragazzi, ci indica la strada giusta per essere veramente beati, veramente felici.