Sant’Alessandro, martire

26 agosto 2023

 

L’apostolo Paolo, scrivendo ai Filippesi, li esorta: A voi è stata data la grazia non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta che mi avete visto sostenere e sapete che sostengo anche ora (Fil 1, 19-30).

È una dura lotta quella della fede, la stessa che combatté il martire Alessandro, nostro patrono. Una dura lotta che combattiamo anche oggi, poiché sembra che fede e vita di ogni giorno vadano all’opposto e noi ci troviamo nel mezzo a dover scegliere da che parte stare.

Sì! È una dura lotta.

La cultura del nostro tempo non ci aiuta a comprendere che fede e mondo non sono agli opposti, ma fa di tutto per presentarci la realtà così, come se Dio e il mondo fossero due cose distinte; questa separazione avviene in molti giovani che, a differenza di sant’Alessandro, hanno abbandonato il rapporto con la fede, avviene negli adulti che non la ritengono così importante e quindi non se curano di trasmetterla, avviene in quegli anziani che si accorgono di Dio solo quando lo vogliono invocare in punto di morte, ma poi chissà se ci credono davvero e avvertono la sua presenza.

Sì! È una dura lotta.

Monsignor Angelo Roncalli, nunzio apostolico a Parigi, il giorno di Sant’Alessandro, il 26 agosto dell’Anno Santo 1950, così concluse la sua omelia nella chiesa di Sant’Alessandro in Colonna, a Bergamo: «Questa è la vittoria che vince il mondo: la nostra fede. Miei cari amici e fratelli, stiamo in guardia dai vani simulacri che oggi ingombrano il mondo e lo terrorizzano. Tutti i tempi si rassomigliano». A 60 anni dalla morte, vogliamo ricordare Papa Giovanni con queste sue parole che pronunciò commemorando il nostro santo patrono: ci aiutano a comprendere come il suo mondo e il nostro si assomigliano, pur essendo passato più di mezzo secolo. Egli ci mette in guardia da tutto ciò che il mondo ci presenta, quelle allodole che rapiscono soprattutto i ragazzi di oggi e li portano a svuotare la loro esistenza di Cristo per riempirla del nulla. E le cronache di ogni giorno parlano chiaro, anche quando fingiamo di non vedere o non sapere.

Sì! È una dura lotta.

La mentalità odierna non ci aiuta più a ragionare, ma ad omologarci, e mentre in questo anno Bergamo e Brescia sono state proclamate capitali della cultura, ci accorgiamo come anche nella nostra terra non solo la fede, ma anche la possibilità di lasciarci interpellare dalla capacità dell’uomo di compiere meraviglie, viene meno. La cultura ci lascia a bocca aperta solo per un istante, mentre dovremmo lasciarci catturare dalle bellezze che l’uomo sa produrre in ogni campo artistico e ringraziare Dio di questi talenti che dona continuamente all’uomo di ieri e di oggi. Guardiamo alle stranezze del nostro tempo: i dipinti sono stati sostituiti dai graffiti di chi imbratta muri e oggetti; la musica prodotta da strumenti posti nelle mani dell’uomo è soppiantata da quella artificiale prodotta dai computer; la letteratura è stata sotterrata da un linguaggio incomprensibile fatto di parole storpiate, smezzate e pronunciate alla «bella fra’», «bella zio» e via dicendo; le canzoni che erano poesie orecchiabili sono diventate un inno alla bestialità, piene di parolacce, di doppi sensi e di violenza; la bellezza di saper dialogare è stata sostituita dal pensiero comune che circola sui mezzi di comunicazione sociale, quali computer, telefonini e schermi digitali costosissimi che captano ogni cosa e ogni idiozia e la vomitano nel cervello umano; la creatività, messa nelle mani soprattutto dei ragazzi, lascia il tempo che trova per via del disimpegno e della mancata voglia di scoprire se stessi e le proprie abilità. Persino la cultura della bellezza del proprio corpo è stata sostituita dall’essere una copia sbiadita di qualcuno che per fare colpo o per cercare di fare colpo non può fare a meno di imitare. Un’imitazione che, praticamente, vale nulla, come di nulla sa l’arte di vestire, la moda, diventata ormai una sempre più volgare esposizione di se stessi e delle proprie forme corporee. L’arte del relazionarci è diventata solo divertimento ed esibizionismo, perché è sparita la capacità di amare veramente e le violenze del branco di giovani a Palermo è solo l’immagine della cultura di oggi anche nella nostra terra bergamasca.

Sì! È una dura lotta.

Cosa fare? Come mettere in dialogo il mondo con la cultura, l’arte con la fede, la vita spirituale con la mentalità di oggi?

Al soglio di Pietro, dopo papa Giovanni, nel 1963 veniva eletto il bresciano Giovanni Battista Montini, cardinale arcivescovo di Milano, il quale si impose il nome di Paolo VI. Egli, nell’ottobre del 1972, parlando ai laici, si esprimeva con queste parole, divenute celebri e ancora attuali: «[...] Ci è sembrato opportuno parlarvi di due aspetti fondamentali dell’apostolato dei laici, che nello spirito dei cristiani di questo tempo sono spesso sbiaditi: l’importanza della testimonianza personale e l’unità dei vari testimoni del Vangelo tra loro e con i loro Vescovi. L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni. Egli prova in effetti una istintiva avversione per tutto ciò che può apparire come inganno, facciata, compromesso. In questo contesto si comprende l’importanza di una vita che risuona veramente del Vangelo!».

In questo anno dedicato alla cultura, non ci resta che imparare a dialogare e far dialogare il mondo con la cultura, l’arte con la fede, la vita spirituale con la mentalità di oggi, divenendo maestri e testimoni, come questi Papi, nostri conterranei, e come il grande patrono Alessandro ci hanno trasmesso, diventando capaci di catturare il cuore di molte persone, soprattutto dei ragazzi, con una testimonianza di fede coraggiosa, che non sia qualcosa di falso o di leggero, perché anche i più leggeri hanno bisogno di punti di riferimento sicuri. Che il martirio di Alessandro ci insegni a non mollare il desiderio di testimoniare, di insegnare, di educare, anche quando ci scoraggiamo, anche quando è una dura lotta.